I tifosi del Wolfsburg se ne sono innamorati praticamente subito: altissimo, tecnico, abbastanza veloce, con un gran fiuto del gol e con tanta personalità. Un attaccante completo, di quelli che vengono accostati a Ibrahimovic e che poi si perdono proprio a causa di questo paragone pesantissimo. Wout Weghorst però ha avuto la fortuna (o la sfortuna?) di non essere mai considerato un potenziale fuoriclasse, anche se ora, dopo due ottime stagioni in Bundesliga, sembra che la realtà Wolfsburg stia cominciando a stargli un po’ stretta.
In effetti già dagli inizi in Olanda si capiva che Weghorst non era un giocatore come gli altri: nelle sue due prime stagioni fra i professionisti segnò 20 gol con la maglia dell’Emmen, squadra di Eerste Divisie, anche se non venne mai convocato nelle selezioni giovanili dell’Olanda (tranne una partita con l’Under 21). Successivamente fece il salto di categoria trasferendosi all’Heracles Almelo prima e all’AZ Alkmaar poi, dove riuscì ad affermarsi come uno dei migliori attaccanti olandesi, dimostrando a tutti che i suoi 197 centimetri, visti da giovane come un ostacolo, erano una preziosissima risorsa quando si trattava di affrontare le difese avversarie.
Nella sua ultima stagione in Eredivisie realizzò 18 gol, che convinsero il Wolfsburg a spendere 11 milioni di euro per portarlo in Bundesliga, forse perché le sue caratteristiche ricordavano Bas Dost ed Edin Dzeko, due attaccanti che avevano lasciato un ottimo ricordo in Bassa Sassonia. Sin da subito si capì che il direttore sportivo Marcel Schafer aveva scelto bene l’attaccante che avrebbe guidato l’attacco della squadra nella stagione 2018-2019: nella prima partita mise in mostra le sue qualità senza segnare, ma già nella seconda realizzò il gol del vantaggio sul Bayer Leverkusen, con la sua specialità, il colpo di testa. Nelle partite successive Weghorst divenne imprescindibile per la squadra di Labbadia, grazie ai suoi gol ma soprattutto grazie al suo preziosissimo lavoro di squadra, che sapeva guidare con grande personalità anche nei momenti più complicati. Nell’ultima giornata realizzò una strepitosa tripletta contro l’Augusta e con i suoi 17 gol e 7 assist condusse la squadra a un buon sesto posto.
In estate Labbadia è andato all’Hertha Berlino e sulla panchina dei Lupi si è seduto Glasner. L’allenatore austriaco però non ha potuto fare a meno dell’ex-Alkmaar, che nelle prime cinque partite di questo campionato ha realizzato 3 gol e 2 assist. Poi ha conosciuto un periodo di crisi, che è coinciso con i mesi peggiori della squadra, ma nelle ultime tre partite ha realizzato 3 gol fondamentali per la corsa all’Europa League, a dimostrazione che il Wolfsburg è sempre più Weghorst-dipendente.
L’olandese però non è il classico centravanti di sfondamento, che sa usare solo ed esclusivamente il fisico. Weghorst è infatti una punta tatticamente molto moderna, che non si muove solo sul fronte offensivo ma che arretra anche ad aiutare la squadra nei momenti più delicati nella partita, diventando spesso il primo difensore dei Lupi. La sua vera casa è però l’area di rigore, dove dimostra una freddezza fuori dal comune, e infatti quasi tutti i gol realizzati in queste due stagioni in Germania provengono da dentro area. Merito dei suoi 197 centimetri, che lo rendono imbattibile nei duelli aerei, ma anche di una straordinaria abilità nel farsi trovare nel posto giusto al momento giusto.
E ora, a 28 anni ancora da compiere, Weghorst dovrà scegliere se rimanere l’idolo dei tifosi del Wolfsburg e continuare a dominare in Bundesliga o se fare il definitivo grande salto. Le qualità ci sono, la personalità pure. La palla passa all’olandese, che dovrà realizzare il gol più importante della sua carriera.
Federico Zamboni
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