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Abbiamo imparato a voler bene alla Croazia

Coi suoi 56.534,18 km² di superficie, 572 comuni e poco più di 4 milioni di abitanti, la Croazia si regalava la finale di Coppa del Mondo. Tra i 3mila euro che Mario Mandžukić aveva offerto in birra ai suoi concittadini di Slavonski Brod, convocati davanti a un maxischermo per vedere la Croazia battere l’Inghilterra proprio grazie al gol decisivo ai supplementari dell’ariete della Juventus. Tra i racconti della gioventù di Luka Modrić, con lo scenario di un angusto albergo che ospitava la sua famiglia rifugiata in tempo di guerra e i palloni calciati ostinatamente contro un muro: “Sognavo di giocare in grandi palcoscenici, di scappare da tutto quello”. Tra la fede di Zlatko Dalić, sintetizzata dal rosario di cui ho parlato IN QUESTO PEZZO e le sue parole da credente: “Tutto ciò che ho fatto nella mia vita e nella mia carriera professionale lo devo alla mia fede e sono grato per questo al buon Dio.

In un’intervista concessa a Glas Koncila, curata dall’arcivescovo di Zagabria, Dalić ha raccontato la sua infanzia a Livno tra i campi da calcio e la chiesa. Pure Mateo Kovačić è stato chierichetto in parrocchia, dove ha conosciuto sua moglie: il centrocampista del Real si reca peraltro regolarmente in pellegrinaggio a Medjugorje e in chiesa alla domenica. Non sono bastate le laiche speranze convogliate nella truppa dei Vatreni, perché alla fine il Mondiale l’ha vinto la Francia, ma resta la bocca appagata dallo zucchero assunto per mandar giù più agevolmente la pillola. Al fortunoso gol transalpino è arrivata una replica di qualità firmata dalla Croazia, e comunque Les Bleus erano passati in vantaggio senza aver mai calciato in porta. Bel record. E poi c’è Dalić che non ha potuto rimproverarsi nulla e si sistemava ordinatamente i capelli al vento di Mosca, mentre Didì Deschamps lo guardava con l’espressione da Generale fortunato qual è soprannominato.

La Francia ha preso fiducia col 3-1, la Croazia l’ha persa insieme alla finale, dopo una partita giocata meglio dei rivali senza però concretizzare quanto prodotto. Ste cose le paghi, tanto più dopo aver messo nelle gambe 100′ in più tra tutti i supplementari e rigori (Danimarca, Russia, Inghilterra). Anche quando la sorte premiava il pressing solitario e assurdo di Mario Mandžukić su Hugo Lloris (nell’anno dei Karius e nel Mondiale di Muslera, c’è da dire), la bilancia non si scomponeva. Mondiale pazzo. Mondiale pazzesco. Grande Mondiale, per la Croazia, pure per quell’errore al 91′ (con 5′ di recupero) che per poco non costava caro a uno stanchissimo Rakitić. I Vatreni hanno dato tutti e giustamente hanno festeggiato comunque il secondo posto, in una Zagabria comunque ornata a festa a prescindere dal risultato, che comunque è il punto più alto di sempre, di un paese comunque nato calcisticamente vent’anni fa. A testa altissima, ancora contro la Francia, che non ha entusiasmato ma vinto. Finale non esaltante, si dirà, ma tutto sommato ha vinto la formazione migliore.

Lacrime? Poche. Il 4-2 non brucia nemmeno troppo, in fondo il trentesimo giorno del Mondiale è quello che ha visto la consacrazione transalpina (campioni del mondo nel 1998 e 2018, nel mezzo un ventennio fatto dall’Europeo vinto nel 2000 e due finali, Mondiale 2006 ed Euro 2016). Poi sì, ci sarebbe il giorno in meno di riposo su cui potevano contare Luka Modrić e compagni. “Il Mondiale più bello di sempre” aveva promesso Infantino. Lo è stato, non per noi manco qualificati, per i francesi sì. Vive la France, tricolore e multicolore, sbocciata nel 1998 come la sua stellina Kylian Mbappé. “Kraj finala u Moskvi. Francuskoj zlato, Hrvatskoj srebro!”, oro francese, argento croato. “Ne treba nam zlato kad imamo dijamante”, non ci serve l’oro quando ci sono i diamanti.

A Zagabria ci credevano: “Ogni vent’anni una nuova nazione assapora la Coppa del mondo da vincitrice. I francesi hanno già avuto la loro, stasera tocca a noi”. E poi sì, così tanti gol in finale non si vedevano dal ’98 e Perišić gol+fallo da rigore ricorda tanto Marco Materazzi nel 2006. Quattro portieri del Monaco nelle ultime quattro finali Mondiali, Don’t You Worry Child e Tiesto coi The Chainsmokers. Alla Croazia é mancato un Šuker, e Kalinić allora? Pioggia scrosciante, diluvio, poi Modrić e Rakitić che si regalano le maglie a vicenda, dopo la partita più importante della loro vita. “Ivan, fratello mio, sono molto orgoglioso di aver potuto condividere questi momenti meravigliosi con te”, ha scritto Luka. Ivan ha risposto: “Luka, fratello, è stato un onore avere l’opportunità di giocare al tuo fianco”.

Matteo Albanese

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