Da Wenger a Guardiola, passando per il figliol prodigo Arteta: due modi di pensare e di giocare a calcio modificati negli anni, ma mai così simili. Filosofia: l’insieme dei principi, delle idee e delle convinzioni sui quali una persona o un gruppo di persone fondano la propria concezione della vita. O del football. La definizione, dizionario alla mano, è chiara e semplice: il modo di pensare e di interpretare qualsiasi situazione rientra in tale concetto. È il caso specifico di Arsenal e Manchester City, due squadre che negli ultimi anni hanno segnato la storia del calcio inglese. Due città differenti, due mondi apparentemente simili ma con un microcosmo che stravolge l’idea in sé: i gunners, spesso troppo belli per essere veri e con una quantità incredibile di titoli buttati al vento per essersi specchiati troppo, e i citizens, squadra nata, vissuta e cresciuta all’ombra dei rivali cittadini, ma con un bel po’ di rivincite ottenute nell’ultima decade.
I concetti dei due club sono chiari: da una parte una squadra titolata e che affonda le sue radici addirittura a due secoli fa, nel 1886. Un gioco che ha sempre affascinato e spesso portato all’esasperazione il calcio, con tanti titoli sfiorati perché la vanità ha preso il sopravvento sul pragmatismo. Dall’altra un club sei anni più vecchio, ma che per tanto tempo ha faticato ad emergere: dalla retrocessione nel 2000 al cambio radicale con la nuova proprietà: con l’obiettivo di vincere a ogni costo, soprattutto in Europa, senza pensare troppo a come farlo. Anzi sì, portando in casa una lista di campioni e un allenatore che ha sempre imposto un modo di giocare, marchio di fabbrica riconoscibile a chilometri di distanza.
Con la fine dell’era Wenger e l’arrivo di Pep Guardiola a Manchester i ruoli si sono ribaltati non solo per i trofei sollevati dalle due squadre: l’Arsenal ha iniziato a giocare in maniera completamente differente, senza identità e cercando di portare a casa tutto ciò che capitava. I citizens, invece, hanno iniziato a conquistare vittorie pesanti in tutta l’Inghilterra, mostrando anche un gran bel gioco: costruzione dal basso, giocate di livello e goleade da mani nei capelli. Manca ancora una Champions League, sogno proibito di entrambe, ma le filosofie hanno preso strade differenti fino a quando il figlioccio di Pep si è seduto sulla panchina dei londinesi: Arteta è tornato a casa dopo il training niente male e ha portato con sé tanto di quel gioco che ha segnato il calcio degli ultimi 15 anni: le filosofie si sono dunque fuse dopo essersi rincorse a lungo, con lo scopo unico di rimettere tutti i tasselli al proprio posto. In che modo? Col gioco o coi risultati poco importa: la definizione di filosofia è ben definita, ma la sua attuazione non rispetta nessuna legge. D’altronde in campo valgono altre regole, soprattutto quando ci sono City e Arsenal.
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