La figura del presidente trita-allenatori ha nel suo alone macabro anche un qualcosa di affascinante, ma di certo non ci si aspetta che un tipo di figura del genere sia a capo di un club di enorme tradizione come il Valencia. Dal 2014 Peter Lim è il dueño di Mestalla, ma la sua figura ha solamente alterato una tifoseria già di suo molto esigente, che ha visto il proprio club guidato da troppi allenatori differenti nel corso di queste stagioni.
‘Se sei in difficoltà, chiama Voro‘. Sembra quasi essere un dogma per Peter Lim, che dopo l’ultimo esonero, quello del malcapitato Celades, si è ritrovato ancora costretto a chiamare il grande totem del club, il re dei subentri, che per la prima volta ha anche tentennato nell’accettare la sua sesta panchina valenciana, prima di essere guidato dal suo sentimento trascinante verso quei colori.
Peter Lim si presentò così, con un esonero, quando arrivò nell’estate del 2014. Juan Antonio Pizzi era un allenatore gradito dalla vecchia dirigenza guidata da Amadeo Salvo e tutto sommato non dispiaceva neanche a buona part della tifoseria, ma il nuovo presidente aveva scelto Nuno Espirito Santo e con lui cominciò l’annata.
Una stagione ottime con tanto di qualificazione Champions, per poi venire cacciato nell’anno successivo: copione poi rivisto in futuro, questa volta facilitato da una tifoseria che nelle scelte societarie ha rappresentato spesso un fattore.
Il subentrato fu Gary Neville, grande amico del presidente, la cui esperienza si può definire disastrosa facendogli anche un complimento. Le innovazioni tecnologiche sui campi d’allenamento (vedi la famosa torre su cui sarebbe dovuto salire per vedere tutto dall’alto) portarono addirittura la squadra a rischiare la retrocessione e l’esonero arrivò giusto in tempo per evitare di toccare il fondo definitivo.
La scelta successiva è stata quella di Pako Ayestarán, che se non è stata peggiore di quella dell’inglese poco ci manca, prima di lasciare il posto a Cesare Prandelli che però non è riuscito a dare la sua impronta alla squadra.
L’ultimo esonerato prima di Celades è stato Marcelino, altro che come Nuno ha portato la squadra in Champions per poi venire cacciato a stagione in corso l’anno successivo. In questo caso fu la vicenda di mercato di Rodrigo, venduto dalla società all’Atlético Madrid ma trattenuto a forza dall’allenatore, a far saltare il banco, tanto che Celades si ritrovò d’improvviso sulla panchina del Valencia, con la tifoseria che faceva cori per Marcelino durante le sue prime partite.
Ma in una situazione di classifica così complicata in cui la squadra rischia persino di non qualificarsi in Europa League, dato che in caso di settimo posto davanti ad Athletic e Real Sociedad la Copa del Rey gli negherebbe la qualificazione, si è scelto di cambiare ancora. La squadra ha vissuto altri caos tra società e il gruppo, vedi Garay che infortunio a parte non ha rinnovato con il club e sarà libero dal 1 luglio: quando si alza la polvere la scelta di sicurezza è sempre quella di chiamare Voro, che poi si chiamerebbe Salvador, nome più opportuno che mai nella storia di questo club. 2008, 2012, 2015, 2o16, 2017 e adesso anche il 2020, per la sesta volta (quarta dell’era Lim) l’istituzione del club diventa l’unica speranza di salvare la stagione.