Coraggio, forza, grinta e la voglia di non mollare mai; tutto quanto racchiuso in una sola parola, la “Garra“. Marchio di fabbrica di quei sudamericani che non si sono mai arresi, si sposa alla perfezione con il popolo uruguagio e con quella nazione, l’Uruguay, che fa del non mollare mai una ragione di vita. A pochi giorni dall’inizio della Copa America del centenario la squadra di Tabarez parte dalle prime posizioni e non solo perché è la nazionale ad aver vinto più volte la competizione (15), ma anche per questo spirito guerriero che le permette di risorgere quando tutti la danno per morta.
Se andiamo a vedere i convocati di Argentina, Cile, Colombia e volendo anche dello stesso Brasile, ci rendiamo conto che il tasso tecnico è superiore a quello della squadra del “Maestro” che, pur avendo a disposizione due armi come Suarez e Cavani, è una squadra prettamente impostata sulla fisicità. Una caratteristica ben precisa, una seconda pelle, forgiata nel tempo e che ora diventa difficile da scalfire. L’importanza che la parola “Garra” ha per l’Uruguay non si può spiegare, siamo su un piano troppo alto forse superiore anche all’appartenenza ad una specifica religione. Non si può spiegare ma possiamo quantomeno farcene un’idea. Mondiali 2014, l’ultima partita del Gruppo D vede di fronte Italia-Uruguay. Chi vince è dentro, chi perde resta fuori. Lugano, capitano di quella “Celeste“, per caricare i compagni e tutto un popolo, decide di scrivere una lettera sull’importanza di essere uruguaiani e sulla “Garra“, elemento che ha un qualcosa di mistico ma poi, in campo, si trasforma in qualcosa di terribilmente concreto.
Le ambizioni di vittoria della Copa America per la squadra di Tabarez, passano inevitabilmente dalle prestazioni di Cavani e Suarez, i due di maggior livello. Due giocatori diversi, ma non soltanto tra di loro. Diversi in generale. E il perché di questa diversità sta nell’essere uruguaiani. Infatti anche loro, nonostante l’immensa classe, incarnano quella cattiveria che da principi li fa diventare guerrieri e che, a seconda della situazione, gli fa usare la sciabola o il fioretto. A volte esagerano, vanno sopra le righe ma è questo ciò che vuol dire essere uruguaiani, è andare oltre perché per combattere la bellezza del calcio serve solo una cosa, la “Garra“.
Messi ha messo in apprensione l’Argentina, Douglas Costa è stato costretto a lasciare il ritiro del Brasile. Paura anche in casa Uruguay. E non per l’infortunio, subito nella finale di Copa del Rey, di Suarez. “El Pistolero, la cui assenza sarebbe stata troppo grave, sembra aver recuperato ed è stato regolarmente convocato. Ciò che ha messo in apprensione l’Uruguay, sono state le condizioni del suo mister;”il Maestro“, causa problemi alla schiena e al ginocchio, è stato costretto a dirigere l’allenamento della “Celeste” su un “carrito” (una carretta). Nulla di preoccupante, Tabarez ci sarà e guiderà la sua nazionale alla ricerca del sedicesimo successo nella competizione.
Se non sei uruguaiano non potrai mai capirla; se lo sei ti prende e diventa parte di te. E’ la “Garra”, una seconda pelle, uno stile di vita, una ragione per cui vale la pena combattere.
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