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Uruguay-Argentina: quando Bolatti portò Maradona al Mondiale

Ottobre 2009, Montevideo torna ad essere il fulcro del calcio mondiale. Il Sol de Mayo, il simbolo delle rivoluzioni sudamericane dell’inizio del XIX secolo, illumina con aria di guerra il Rio de La Plata che in quel giorno più che mai nel terzo millennio divide Argentina e Uruguay.

Sono passati 79 anni dalla finale del 1930 ma le due nazionali rioplatensi tornano a giocarsi una partita secca con qualcosa di importante in palio: non è la prima Coppa Rimet della storia ma un posto nel Mondiale di Sudafrica 2010.

È l’ultima giornata del girone, l’Argentina di Maradona non ha affrontato un girone di qualificazione ma un’Odissea vera e propria fatta di colpi bassi e dolorosi come il 6-1 incassato in Bolivia e di momenti magici come il gol al 93′ di Palermo al Perù in un acquazzone impareggiabile al Monumental.

E da quella pioggia sono passati pochi giorni, quattro per l’esattezza, ma la bufera attorno a Maradona non è ancora finita. Tutto in una partita, l’ultima: chi perde si va agli spareggi, un’umiliazione troppo grande per chi è abituato a fare la voce grossa nel proprio continente e soprattutto nel momento in cui Padre, Figlio e Spirito Santo del calcio sono congiunti sotto i nomi di Diego Maradona e Lionel Messi.

In partite così da dentro fuori, da vincere o morire, non c’è squadra peggiore da affrontare dell’Uruguay. E se ti chiami Argentina forse ti è andata ancora peggio perché se c’è una rivalità che supera quella con il Brasile per gli argentini è proprio quella con i Charrua.

Gli argentini considerano l’Uruguay come una sorta di sub territorio argentino, non una vera nazione indipendente e credono che sul piano calcistico tutti abbiano da imparare da loro. Dall’altra parte però non tutti sono d’accordo visto che la bacheca celeste vanta gli stessi Mondiali vinti (per gli uruguagi in realtà i Mondiali vinti sono 4 e non 2) e più Copa America in un confronto che non può essere messo in discussione.

Si arriva dunque alla partita che riporta Montevideo al centro del calcio e il Centenario ad essere il teatro più caldo, infuocato ed interessante del mondo 79 anni dopo. Con il pareggio al Mondiale ci andrebbe l’Argentina e all’85’ siamo ancora 0-0 ma come fidarsi della Celeste? Serve un gol che metta le cose a posto ma bisogna trovare anche l’uomo giusto per buttarla dentro.

Palermo ha già dato contro il Perù, la sua è una vita da film ma fino ad un certo punto. Messi? No, non è il miglior Messi, meglio toglierlo e provare la carta Tevez, ma non è neanche la sua di partita. Allora Higuain, tocca a lui! No,, meglio toglierlo, a centrocampo quei Gargano e Perez stanno riempiendo di botte gli argentini, serve un centrocampista che possa competere a livello fisico. Ad un quarto d’ora dalla fine fuori il Pipita, dentro Bolatti. Bolatti? Sì, quel centrocampista dell’Huracan che giocava al Porto, “Ha il fisico per reggere i contrasti con quei due diavoli e poi magari con quei 190 cm la butta anche dentro su palla inattiva” deve aver pensato Maradona.

Fatto sta che su uno schema da calcio piazzato la palla rimane incastrata in area di rigore e chi vuoi che la butta dentro? Mario Ariel Bolatti. Girata in un fazzoletto, forse ad occhi chiusi ma la palla è lì alle spalle di Muslera e l’Argentina strappa il pass mondiale in faccia ai charrua.

Maradona può esultare, può gridare in faccia a tutti coloro che lo hanno criticato. Sembrava impossibile portare l’Argentina ai Mondiali senza passare dagli spareggi, lui lo ha fatto con intuizioni folli forse fortunate ma comunque azzeccate dalla panchina. Palermo col Perù, Bolatti con l’Uruguay. Poche volte l’Argentina è stata così in difficoltà nella sua storia ma mai ha emozionato così tanto in fase di qualificazione.

Mario Bolatti avrà poi una carriera non troppo fortunata con un intermezzo quasi da dimenticare in Italia con la maglia della Fiorentina. Tornerà in Sudamerica per giocare sia in Brasile che in Argentina senza mai ritrovare la via della nazionale. Il suo nome però rimarrà nella storia eternamente legato a quel gol al Centenario che ha portato maradona ai Mondiali del 2010.

Simone Gamberini

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