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L’uragano Kane si abbatte sul King Power Stadium

Era un po’ il remake della scorsa Premier, quello tra Leicester City e Tottenham. Si è giocato al King Power Stadium, dove le Foxes lo scorso anno festeggiarono il titolo solo quando ormai era matematico. Di fatto, il party cominciò allo Stamford Bridge col Chelsea, con Hazard, con tutti a casa Vardy: la rabbia degli Spurs, dopo aver perso un campionato in cui le storiche big erano fuori causa o si erano deliberatamente estromesse dalla lotta al vertice, era altissima. Questa sera hanno sotterrato il Leicester per 1-6, mostrando la prolificità di un attacco potenzialmente atomico e trascinato da Harry “Hurricane” Kane. Poker per la punta classe ’93, che si porta il pallone a casa e quantomeno si libera di un peso. Sono 26 le reti stagionali per il numero 10 di Pochettino, sempre più capocannoniere della Premier. Ma bisogna sempre tenere a mente che, il vero scontro, lo vinse lo scorso anno Ranieri.

Hurricane

La prima rete l’ha realizzata capitalizzando al meglio un grandissimo taglio di Son, con un fendente che ha spedito senza troppi complimenti il pallone nell’angolo più lontano (25′). Poi tocca ad Alli indossare il cappello da mago e tirare fuori dal cilindro, al posto del solito coniglio, un passaggio perfetto per Son Heung Min (36′). Col Tottenham in tranquillo controllo del gioco e il Leicester in affannosa ricerca di lucidità per non annaspare nella zona mediana del campo, Oliver ha fischiato la fine del primo tempo. Ripartiti, prima Ben Chilwell ha provato a riaprire le danze (52′, con un tocco beffardo a mettere fuori causa un non irreprensibile Lloris: ah, il cross era di Vardy), poi le Foxes sono letteralmente sprofondate. Il massimo sforzo loro è stato profuso per pervenire al pari, gli Spurs invece hanno raramente fatto fatica a raggiungere l’area difesa dal povero Schmeichel. E così il tris è lì nell’aria: da Alderweireld a Wanyama, poi Kane che sbuca da non si sa dove e con una testata tutto sommato semplice infila la porta dei padroni di casa (63′). Dalle venti iarde è poi il turno di Son, tiratore scelto asiatico (giapponese in particolare) con licenza di uccidere e una mira niente male: il minuto è il 71, naturalmente il suggerimento che ha portato al gol ha la paternità di Harry Kane. E proprio lui, il 10, riesce a raddoppiare il suo bagaglio di gol negli ultimissimi minuti. All’88’ trova il pertugio tra le gambe di Simpson e imparabile per Schmeichel, una staffilata che colpisce al cuore i tifosi del King Power Stadium di fede shakesperiana. Hat-trick, letteralmente “cappello-trucco”: il cappello lo sollevo io dinanzi a questo giocatore, il trucco questa volta non c’è. Niente cappelli, niente conigli, niente bacchette. E sì, anche al 92′ sul tabellino c’è il suo nome.

Date a Cesare quel che è di Cesare

Dare a Cesare quel che è di Cesare sarebbe stato un ottimo monito da ricordare a Vichai (lo chiamo per nome non per informalità ma perchè non ho voglia di cercare il cognome su Internet). Ha esonerato Ranieri, l’unico che dopo l’imperatore Claudio era riuscito a prendersi l’Inghilterra. Ha dato fiducia a Shakespeare, in una Champions che probabilmente ha un retrogusto amaro per il solo fatto di non esser stata portata a termine dall’allenatore testaccino. Ora, ha pagato (sta pagando?) le conseguenze: il Leicester è salvo ma vive nella monotonia. Un po’ come se fosse appagamento, mal celato, ma tal’è. Dare a Cesare quel che è di Cesare vuol dire poi riconoscere la supremacy di Kane: la corsa al titolo è conclusa, quella allo scettro di capocannoniere potrebb’essere strappata dalle mani di Lukaku. Dare a Cesare quel che è di Cesare vuol dire però riconoscere come la quinta sconfitta ottenuta dal subentrato sulla panchina delle Foxes, il buon mister Craig S., sia giustificabile dal numero di infortuni che hanno falcidiato la formazione delle Midlands orientali. Mancavano, stasera, oltre a Drinkwater ad esempio, sia capitan Wes Morgan che Robert Huth: defence is like tomato, and without tomato there’s no pizza. Le parole di Ranieri sono ottimamente profetiche: senza il leader e l’altro corazziere, il tedesco, Benalouane e l’adattato Fuchs in mezzo hanno potuto far poco. Non avrebbe potuto far tanto di più, Shakespeare, per il quale è ancora in ballo la riconferma il prossimo anno. E chissà se sarà lui a ripartire dopo Ranieri, dopo la Champions, dopo la Premier. E dopo una batosta per 1-6 subita dal Tottenham.

Il tabellino:

Leicester (4-4-2): Schmeichel; Simpson, Benalouane (dal 67′ Gray), Fuchs, Chilwell; Mahrez, Ndidi, Amartey, Albrighton; Okazaki (dal 46′ Slimani), Vardy (dall’80’ Musa). All. Shakespeare

Tottenham (3-4-2-1): Lloris; Alderweireld, Vertonghen, Dier; Sissoko (dal 90′ Nkoudou), Dembele (dall’86’ Lesniak), Wanyama, Davies; Alli, Son (dal 79′ Janssen); Kane. All. Pochettino

Reti: 25′, 63′, 88′, 92′ Kane, 36′ e 71′ Son, 59′ Chilwell. Ammoniti: Sissoko, Albrighton, Gray, Simpson. Arbitro: Oliver

Matteo Albanese

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