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Manchester City, le mani sulla Premier: United al tappeto

Sono passate soltanto sedici giornate, ne mancano altre ventidue, ma la Premier League sembra essere sempre più saldamente tra le mani del Manchester City. Dopo la vittoria all’Old Trafford nel derby contro i concittadini la classifica vede gli Sky Blues dominare a 46 punti, con undici punti di vantaggio sulla seconda, proprio quello United uscito incerottato dalla sfida più attesa di tutta la stagione. L’1-2 maturato al teatro dei sogni rende sempre di più la massima divisione inglese una questione di sola responsabilità di Guardiola, uscito anche vincente dalla sfida nella sfida col rivale di sempre Mourinho.

Sono quattordici vittorie in fila per il Manchester City in Premier, un record, quindici in sedici partite con un solo pareggio e nessuna sconfitta. Un dominio pressoché totale, tanto quanto visto in campo nei novanta minuti di Old Trafford. Pep ha varato il classico schieramento con una sola sorpresa, sebbene relativa: quel Fabian Delph reinventato terzino sinistro e che combinando alcuni disastri tecnici e di lettura ha messo a serio repentaglio la vittoria dei suoi. Ha sofferto la velocità di Rashford, che ha raccolto uno dei due assist indiretti ribadendo in rete il momentaneo pareggio.

Per il resto l’orchestra organizzata dal direttore catalano ha suonato la solita sinfonia: possesso palla curato in maniera maniacale, forse addirittura troppo in certe situazioni in cui il City è sembrato quasi voler entrare in porta con il pallone, sbattendo contro la bassissima difesa organizzata da Mourinho. Sono serviti due calci piazzati e due errori della retroguardia Devil per stabilire l’1-2 finale, ma sul piano del gioco il Manchester City ha ovviamente devastato l’avversario. Lo Special One ha infatti optato per una squadra offensiva con due soli centrocampisti più Lingard in aiuto a lottare in mezzo alle trame sapientemente cucite da Silva e compagni.

Le maggiori difficoltà dello United sono state in fase di recupero palla e ribaltamento dell’azione, causa ovviamente dell’assenza di Pogba, unico giocatore in grado di cambiare il fronte in progressione palla al piede. L’aspetto della fisicità è stato colmato da un Herrera lottatore, ma in enorme difficoltà in impostazione soprattutto anche per i calci presi dagli avversari. Le indicazioni sembravano chiarissime: meglio un fallo che un’apertura per innescare la velocità di Rashford e soprattutto Martial. Il francese non è mai entrato in partita, anche per il dispendio energetico in fase difensiva che lo ha costretto spesso a giocare lontano dalla porta.

 Le sostituzioni non hanno particolarmente condizionato il prosieguo del match. Guardiola ha giocato tra difesa e centrocampo con un occhio all’equilibrio. Mourinho ha provato a giocarsi la carta Ibrahimovic per il quarto d’ora finale, lo svedese si è messo vicino a Lukaku senza riuscire a incidere, anche perché servito male. Soltanto l’ingresso di Mata voluto da Mou per avere più qualità rispetto a Lingard sembrava aver cambiato le cose, ma il tempo ormai stringeva e negli ultimi minuti di gara il City ha tenuto palla sulla bandierina senza mai perderla.

L’epilogo è una mazzata alle ambizioni da titolo dello United, ora scivolato indietro e con alle proprie spalle le londinesi con il Liverpool che incombono. Il City può guardare tutti dall’alto e gestire un vantaggio enormemente ampio, costruito anche con un pizzico di fortuna. La fortuna però Guardiola se l’è costruita e ora ne raccoglie i frutti, l’esatto opposto dei concittadini. Inoltre probabilmente il Manchester United il derby lo ha perso una settimana fa, quando il secondo di follia di Paul Pogba sul campo dell’Arsenal lo ha estromesso dalla partita più importante della stagione. Forse con il francese in campo staremmo parlando di altro.

Giorgio Dusi

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