“Non è un sogno, è realtà“. Con queste parole, e un comunicato ufficiale piazzato in bella mostra sul sito dell’AEK – con tanto di caratteri maiuscoli (“Δεν είναι όνειρο! ΕΙΝΑΙ ΓΕΓΟΝΟΣ!”) – nell’estate 2017 veniva ufficialmente dato il via libera alla costruzione di un nuovo stadio per i gialloneri di Nea Filadelfia. Era il 25 luglio, il comune di Atene annunciava che i permessi presentati da Dimitris Melissianidis sarebbero stato sufficienti per gettar le fondamenta del nuovo gigante: il giorno dopo la squadra di Jiménez avrebbe incontrato il CSKA in Grecia, allo Spyros Louis, abbandonando ogni ragionevole sogno di Champions (0-2) ma col sorriso sul volto. “Uno sforzo difficile, lungo, faticoso, con pazienza, lotta costante e sublime determinazione, attraverso ostacoli esterni e nemici interni che sembravano insormontabili. Ma dovevano far fronte a mandato storico da rivendicare, insieme alla fede di chi ha lavorato dal primo giorno. Il sogno dell’AEK non è più un sogno, è una realtà tangibile. Iniziato il conto alla rovescia per il ritorno nella terra dei nostri antenati, dove le mura saranno alte. Finalmente è arrivato il momento di riveder l’AEK nella città da noi fondata, con noi cresciuta“. Un sogno cullato da tempo. Troppo.
“Torneremo nei posti dove abbiamo pianto, dove abbiamo giocato male, dove abbiamo festeggiato, dove abbiamo per la prima volta visto una flanella giallastra, dove abbiamo sentito la grandezza di un club emerso tra le ceneri della storia“, si diceva due giorni dopo, con la benedizione prima dei lavori. Per tutti l’Hagia Sofia non era uno stadio, ma una battaglia condotta con orgoglio da un club che pretendeva la sua casa. Così nel calcio greco, dove i motivi per sorridere scarseggiano, il simbolismo delle concessioni ottenute è stato determinante (e secondo molti ha gettato i presupposti per la vittoria del titolo a maggio 2018). L’entusiasmo è stato travolgente: il calvario dell’AEK è giunto a termine, il castello sta per erigersi a Nea Filadelfia. Avrà mure spesse come quelle di Costantinopoli, attese dal lontano 2004, e addirittura il club realizzò un sistema di live cam per mostrare in diretta su un sito (www.agiasofia.today) il prosieguo dei lavori, giorno per giorno.
Nel 1926 la città di Atene concedette un territorio corrispondente oggi ad Amarousio cosicché i rifugiati provenienti da Costantinopoli potessero giocare a calcio. Quattro anni dopo vide la luce il Nikos Goumas, dedicato alla memoria del presidente giallonero che più di tutti ne volle la creazione. Ora, nel giugno 2003 alla presidenza dell’AEK vi fu Giannis Granitsas, che ordinò la demolizione del Goumas volendo dotare il club di uno stadio più avveniristico dopo alcuni cedimenti dovuti al terremoto che colpì Atene nel 1999, contando sulle tassazioni agevolate promosse dallo stato in vista dell’Olimpiade e di un progetto complessivo di promozione sportiva ellenica. Il problema è che da allora, per farla breve, la burocrazia s’è messa in mezzo e i lavori di costruzione di un nuovo stadio non erano ancora cominciati prima del 2017. Addirittura il Consiglio di Stato bocciò il progetto ritenendolo anticostituzionale, e a nulla valsero ulteriori tentativi negli anni (Melissianidis nel 2005 propose un nuovo Goumas, nel 2007 Demis Nikolaidis chiese di poter costruire l’impianto ad Ano Liosia, più a nord, ricevendo l’opposizione dei tifosi dell’Original 21).
Il 10 giugno 2013, però, l’AEK potè tirare un sospiro di sollievo. C’era appena stata la retrocessione, c’era appena stata la bancarotta, ma Dimitris Melissianidis si candidò in modo prepotente e aspirando alla presidenza seppe quali corde toccare: “Vogliamo costruire uno stadio che non porti gente per due ore la domenica, ma che riempia Nea Filadelfia sette giorni su sette. Sarà un palazzo per lo sport, per la storia e per la cultura. Ci saranno un museo sull’AEK e uno sui rifugiati”. Nel novembre dello stesso anno fu presentato il progetto, con inaugurazione prevista per il 2015. Saltò tutto, perché gli abitanti di Nea Filadelfia e Nea Chalkidona e Nea Ionia chiesero di proibire la declassificazione del suolo forestale, pretendendo un rimboschimento e il parere del Ministro dell’agricoltura sul cambio d’uso del terreno. Rifiutato il loro ricorso, il Consiglio di Stato approvò però 45 giorni di stop alle consultazioni e fino al gennaio 2016 – quando fu approvato il report redatto dalla Regione Attica sulla validità ambientale del progetto – non vi furono novità. Incubi che oggi si ricordano con un sospiro di sollievo. L’Aquila tornerà presto al suo nido.
Ολοι μαζί θα περπατήσουμε το μονοπάτι μέχρι τον τελικό στόχο.
Ολοι μαζί θα διαβούμε τα τείχη της Αγιά Σοφιάς!
Tutti insieme percorreremo il cammino verso l’obiettivo finale.
Tutti insieme cammineremo attraverso le mura di Agia Sophia!
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