Mentre i primi interrogatori del gip hanno visto i tifosi arrestati avvalersi della facoltà di non rispondere, sono stati disposti 24 Daspo, con una durata che varia dai 3 ai 10 anni, a seconda della gravità delle accuse
Prosegue l’indagine della Procura di Milano sui gruppi ultras di Milan e Inter, accusati di aver creato un vero e proprio “cartello” per gestire attività illecite legate allo stadio San Siro. I fatti si riferiscono a presunti guadagni illeciti derivanti dalla gestione di biglietti, parcheggi e bar nei pressi dello stadio, che hanno portato a una serie di arresti e Daspo emessi nei giorni scorsi. Al centro dell’attenzione vi sono anche i leader storici delle due curve milanesi, che hanno deciso di avvalersi della facoltà di non rispondere durante gli interrogatori di garanzia.
Lo scorso 30 settembre, l’indagine ha portato all’arresto di 19 ultras, tra cui importanti figure dei gruppi di tifoseria organizzata di Milan e Inter. Le accuse sono gravi: associazione per delinquere finalizzata all’estorsione, lesioni, resistenza a pubblico ufficiale e, per i membri della Curva Nord interista, anche l’aggravante dell’agevolazione mafiosa. Gli inquirenti sostengono che questi gruppi avessero creato un sistema ben strutturato per controllare le attività economiche intorno allo stadio, con modalità che andrebbero ben oltre il semplice tifo e che avrebbero rappresentato una minaccia per la legalità.
A seguito delle indagini e degli arresti, il questore di Milano, Bruno Megale, ha emesso i primi Daspo, provvedimenti che impediscono agli ultras coinvolti di partecipare alle manifestazioni sportive. In questa prima tranche, sono stati disposti 24 Daspo, con una durata che varia dai 3 ai 10 anni, a seconda della gravità delle accuse. Si prevede che nei prossimi giorni possano seguirne altri, coinvolgendo un numero sempre maggiore di persone legate ai gruppi ultras. Questo pacchetto di misure riflette la volontà delle autorità di agire con fermezza per ristabilire l’ordine e impedire che il tifo organizzato continui a essere strumentalizzato per attività criminali.
Nel corso della mattinata del 3 ottobre, alcuni dei principali leader ultras coinvolti nell’inchiesta sono stati chiamati a rispondere delle accuse davanti al giudice per le indagini preliminari (gip) di Milano, Domenico Santoro. Fra i protagonisti degli interrogatori spiccano nomi noti come Luca Lucci, leader della Curva Sud Milano, e Marco Ferdico, esponente della Curva Nord interista, insieme a Matteo Norrito, Mauro Nepi e Francesco Intagliata, membri del direttivo della stessa curva. Tuttavia, tutti hanno scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere, una decisione che spesso viene presa in contesti giudiziari così delicati per evitare di fornire informazioni che potrebbero aggravare la propria posizione.
Anche il giorno precedente, altri otto ultras già arrestati avevano fatto la stessa scelta, manifestando una strategia comune di non cooperare nelle prime fasi delle indagini. Questo comportamento ha sollevato molte domande riguardo alla natura dell’organizzazione dei gruppi ultras e alla loro capacità di operare come entità ben strutturate, con un chiaro sistema di regole interne.
Un aspetto particolarmente allarmante di questa vicenda è la presenza dell’aggravante legata all’agevolazione mafiosa per alcuni membri della Curva Nord interista. Le autorità stanno infatti cercando di chiarire il livello di infiltrazione criminale all’interno dei gruppi di tifoseria organizzata, in particolare per quanto riguarda i legami con la criminalità organizzata. L’inchiesta ha sollevato l’ipotesi che alcune attività gestite dagli ultras, come la rivendita di biglietti e la gestione di parcheggi, possano aver goduto di protezione mafiosa o addirittura aver rappresentato un canale per il riciclaggio di denaro.
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