C’era una volta Tony Watt,
Molti si ricorderanno di questo giovane calciatore nato Coatbridge, importante centro minerario alle porte di Glasgow, e cresciuto a pane e Celtic che il 7 dicembre 2012 fu protagonista di una di quelle serate che ogni bambino sogna di vivere rincorrendo un pallone in un angolo sperduto di questo mondo.
Quel giorno infatti il Hoops si apprestavano a celebrale i 125 anni della loro gloriosa storia accogliendo, in una sfida valida per i gironi di Champions League, il Barcellona di Messi, Sanchez e Villa in un Celtic Park solcato dal freddo e dalla pioggia tipici dell’autunno scozzese. Un impegno improbo per i padroni di casa, che però grazie a un benevolo intervento del fato riuscirono a vincere per 2-1, una partita in cui i Blaugrana avevano dominato imponendo un possesso palla dell’89% e scagliato la palla verso la porta ben 14 volte trovando però sempre pali, traverse o i guantoni di Forster.
La scena iconica di quella serata, quella che i nonni tramanderanno ai nipoti e che rimarrà nell’immaginario collettivo, è la rete del doppio vantaggio del Celtic, siglata proprio da Tony Watt che sfruttando un clamoroso liscio della difesa del Barça si involò verso la porta difesa da Victor Valdes e la trafisse mandando in visibilio tutti e sessantamila spettatori presenti.
Una favola perfetta, un diciottenne che entra dalla panchina, segna e regala una delle vittorie più importanti della storia recente della propria squadra del cuore. Una storia che però finisce lì, o che perlomeno non ha un “e vissero tutti felici e contenti”. Sì perché quell’esordio in Champions League è stato l’apice della carriera di Tony, una condizione che inevitabilmente lo ha portato a incupirsi. Mette in bacheca due campionati scozzesi, ma mai da protagonista e mai all’altezza delle aspettative createsi attorno al suo precoce talento, con il continuo tarlo di non poter mai più raggiungere i fasti di quella magica notte. Decide dunque di cambiare aria, ma comincia soltanto una triste spirale di discesa verso la mediocrità che lo porta a vestire sei maglie diverse nelle ultime quattro stagioni, Lierse, Standard Liege, Charlton Athletic, Cardiff City, Blackburn Rovers e Heart of Midlothian, raccogliendo poco più di cento presenze e segnando appena 23 reti, di cui soltanto 4 negli ultimi due campionati.
Proprio in queste ore è arrivata la notizia della sua firma con il Oud-Heverlee Leuven, squadra che milita nella serie cadetta belga, il suo nono club a soli 23 anni. Diciamo dunque che a oggi Tony è molto lontano dal mantenere il proposito fatto all’indomani di quella partita che lo aveva consacrato al grande calcio: “Alla fine della mia carriera io non voglio che la gente dica che ho segnato solo al Barca, voglio che mi si ricordi per altre cose, come il numero di campionati che ho vinto, quante coppe ho alzato al cielo, quanti gol ho segnato.”, ma non è detto che chi ha piegato il destino una volta non possa farlo una seconda.