Contratto firmato il 22 agosto 2003, esordio undici giorni dopo, prima rete dopo manco un mese, un Siena-Empoli 4-0. Per Tore André Flo, la prima stagione in Italia restò agrodolce. Otto reti, un incidente stradale, un rapporto burrascoso col tecnico Gigi Simoni – pare – perché Flo chiedesse cross in area, da idealtipo di attaccante scandinavo avvezzo al gioco aereo qual era, mentre Simoni s’ostinasse a vederlo come ala. Flo piegò a testa, il 20 febbraio 2005 decise un sentito derby con la Fiorentina, poi non rinnovò il contratto, ufficialmente per motivi familiari, e tornò in Norvegia, a casa, a Vålerenga, nell’omonimo quartiere di Oslo.
Se l’ultima a balzare sui giornali è stata quella degli Haaland, storicamente la Norvegia ha un’ottima tradizione di famiglie – e non tanto gli Elyounoussi – in cui i figli che seguono le orme di padri calciatori come Kristian Thorstvedt (figlio di Erik), Markus Fjärtoft (figlio di Jan Åge), Markus Solbakken (figlio di Ståle), quell’Alexander Sørloth (figlio di Gøran) che quest’anno senza Haaland sarebbe il norvegese più prolifico, con le sue 27 reti a Trebisonda. Ancora, c’è Karna Solskjær, sorella di Noah e figlia di Ole Gunnar, mentre chiudono la lista due leggende del calcio norvegese. Emil Bohinen è figlio di Lars, titolare nella nazionale di Egil ‘Drillo‘ Olsen che nel 1998 batté incredibilmente il Brasile. Le due reti le segnarono Kjetil Rekdal, il cui figlio Niklas prosegue la tradizione, e Tore André Flo, discendente senza dubbio della famiglia più emblematica del calcio norvegese.
L’allenatore del Sogndal, Eirik Bakke, era stato chiaro: «Flo-gjengen er et eventyr», definì la famiglia Flo parte integrante della cultura locale. E quando, nel marzo 2016, il Dagbladet organizzò una loro intervista, chiunque non fosse al corrente della genealogia si trovò fortemente spaesato. Il 45enne Håvard Flo parlava col figlio Fredrik e il nipote Mathias, entrambi attaccanti, entrambi oltre i 190 cm, e spiegò loro come tra lui e il cugino Jostein ci fosse reciproca motivazione. Håvard è lo zio di Per Egil Flo, nonché cugino di Kjell Rune e degli altri tre Flo: Jarle, il sopracitato Jostein e probabilmente quello più famoso di tutti, Tore André Flo.
Terzo di cinque figli di Andreas Rasmsson Flo, Tore André crebbe a a Stryn, a circa un’ora di macchina da Geirangerfjord, forse il fiordo più celebre al mondo nonché patrimonio UNESCO. Praticò atletica leggera e salto in alto, il calcio veniva dopo, ma finito il liceo ottenne un contratto con Sogndal e qui partì la magia. Un viaggio iniziato nel 1993 e qui concluso nel 2012, come le migliori ringkomposition. Diciott’anni dopo, con un picco tra 1997 e 2000, gli anni al Chelsea, 50 reti in 149 partite, e un 1998 da favola: vinse Guldklodda e premio Kniksen, destinato al calciatore norvegese dell’anno. Festeggiò una Coppa delle Coppe, una Supercoppa Uefa e una Coppa di Lega. Soprattutto, spopolò la gag del tassista che, ogni qual volta entrassero persone con accento scandinavo, li accoglieva con un pronto «Ahh, Tori Andrew Flu».
Nell’estate 2000 si trasferì ai Rangers, per 161 milioni di NOK (12 di sterline) che ne fanno il norvegese più costato di sempre. Record che il 1° febbraio 2018 fu quasi superato dal connazionale Alexander Sørloth, su cui il Crystal Palace investì 140 milioni di NOK (11,7 di sterline) per acquistarlo dal Midtjylland. Acquistato in risposta allo svedese del Celtic, Henke Larsson, Flo non rese come sperato e nel 2002 passò al Sunderland, che salutò da svincolato nell’estate 2003, col club retrocesso.
Dopo la sopracitata parentesi al Siena, come detto, Flo tornò in Norvegia. Sabato 30 luglio 2005, in particolare, il suo Vålerenga andò in trasferta a Bergen dal Brann e i tifosi lo accolsero in un clima ardente. Quando infatti Flo s’era trasferito al Chelsea, nel maggio 1997, nel pieno dei postumi della sentenza Bosman, aveva ancora sei mesi di contratto col Brann. Flo firmò per i londinesi, motivo per cui il club di Bergen si sentì tradito: alla fine ottenne 3,7 milioni di NOK da dividere col Tromsø, ma Flo, che aveva donato di tasca propria 750.000 NOK a compensazione del trasferimento concordato anzitempo, non fu mai perdonato. Un sondaggio dei tifosi del Brann lo rese il calciatore più odiato di sempre, mentre uno striscione di 40 metri fu intercettato prima che entrasse in curva proprio sabato 30 luglio 2005, contenente insulti a Tore André, che ribatté: «A Bergen mi sono divertito».
Ma sul Flo-banneret resta mistero, visto che il capoultras Henk Ekerhovd negò che fosse una loro idea. E di Tore André Flo, oltre alle 543 presenze e 192 reti, alle 70mila NOK spese in una seduta psicologica ad Askvol, al nuovo lavoro come ambasciatore del Chelsea e ai cinque figli avuti dalla moglie Randi, che proseguiranno la dinastia Flo, si ricorda anche questo.
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