Avevo l’appoggio di Roland (Andersson, ndr) e dell’allenatore in seconda, Thomas Sjöberg. Lo sentivo, anche se loro credevano soprattutto in Tony: lui poté giocare e fece anche gol all’esordio. Io ero una riserva e quindi cercavo di impegnarmi ancora di più in allenamento […]
Ma sembrava non ci fossero speranze, finché il 19 settembre incontrammo l’Halmstad a Örjans Vall. Si trattava di un match decisivo. Se avessimo vinto o pareggiato, saremmo rimasti in Prima Divisione, in caso contrario ci aspettavano i playoff. Tutti erano nervosi e impauriti. All’inizio del secondo tempo il nostro attaccante Niklas Gudmundsson fu portato fuori in barella […]
Eravamo sull’uno a uno, e a noi naturalmente sarebbe bastato, ma a un quarto d’ora dal termine anche il nostro capitano Hasse Mattisson s’infortunò e subito dopo l’Halmstad segnò il gol del vantaggio. Vidi impallidire tutta la squadra […]
Ma poi, proprio negli ultimi minuti, l’arbitro ci diede un rigore. Potete capire… Era una questione di vita o di morte. Segnando avremmo salvato l’onore del club, altrimenti sarebbe stato il disastro. Tutti i ragazzi della vecchia guardia erano titubanti, nessuno osava farsi avanti per tirare. C’era davvero troppo in gioco, così si fece avanti quel bullo di Tony: “Ci penso io”.
Un bel coraggio. Adesso, a posteriori, penso che qualcuno avrebbe dovuto fermarlo. Era troppo giovane per farsi carico di una responsabilità del genere, e ho impressa in mente l’immagine di lui che prende la rincorsa mentre tutta la squadra tratteneva il respiro, o distoglieva lo sguardo. Fu orribile. Il portiere parò, dopo aver fatto una piccola finta per ingannare Tony, e perdemmo.
Da quel momento Tony finì nel congelatore, povero ragazzo, e so di giornalisti che videro in quell’errore un significato simbolico. Fu il momento in cui gli passai davanti nelle gerarchie. Tony non fece mai veramente ritorno ai vertici, e invece io potei giocare di più. Feci sei apparizioni in campionato, sempre entrando a gara in corso, e diventai sempre più bravo […]
Tony FlygareLo so che avrete certamente molte domande, ma non preoccupatevi. Con calma, cercherò di rispondere a tutte. Prima tra tutte, cos’è sta roba? E’ una parte di “Io, Ibra”, la biografia di Zlatan Ibrahimović scritta dallo stesso attaccante in collaborazione col giornalista svedese David Lagercrantz. Il perché io abbia deciso di riportarla integralmente, come anche chi sia questo Tony, lo scoprirete tra pochissimo.
Stavo anche parecchio in compagnia di un ragazzo che si chiamava Tony Flygare, avevamo lo stesso insegnante di svedese. Anche suo padre e sua madre venivano dai Balcani e anche lui era un po’ un duro. Non abitava a Rosengård ma subito fuori, a Vitemöllegatan. Eravamo dello stesso anno, lui era nato a gennaio e io a ottobre, e questo aveva il suo peso: lui era più grande e robusto e veniva visto come un talento più promettente di me. Era tutto un Tony di qui, Tony di là, e “Guardalo, che giocatore!” e io finii un po’ nella sua ombra. Ma fu forse un bene, che ne so. Imparai a stringere i denti, e a battermi da una posizione di svantaggio. E poi, come si diceva, a quei tempi non è che fossi proprio una grande promessa […]
Tempo dopo, Ibra fu preso dal Malmö e racconterà di uno stretto legame con lui: io non ero esattamente il ragazzo più maturo della città, e del resto Tony era un cazzone pure lui. Come quella volta in cui deviarono il percorso dell’allenamento per fermarsi a guardare un porno e mangiare cioccolata. Ragazzate.
. Allora avevo tredici anni e c’erano già un paio di altri stranieri tra cui il mio amico Tony Flygare. Per il resto c’erano svedesi doc, tipi da quartieri alti del genere Limhamn. Era riuscito ad entrare in quello che all’epoca era il top club per eccellenza, lui che dal ghetto di periferia si era fatto strada contando esclusivamente sulle proprie forze. Noi giocavamo a calcio ed eravamo un’annata di gente tosta. C’erano Tony Flygare, Gudmunder Mete, Matias Concha, Jimmy Tamandi, Markus Rosenberg, c’ero io… Tutti ragazzi in gamba. Della lista, però, il più promettente non era Zlatan. Era ancora e soprattutto Tony a spiccare, e io cercavo di imparare tutto quel che potevo per diventare almeno altrettanto bravo.
Le cose andavano male e la squadra, che era sempre stata ai vertici del campionato, rischiava di retrocedere. Giocavamo male, la situazione economica era disastrosa, non c’erano soldi per acquistare giocatori è così, finalmente, diversi giovani del vivaio di vedevano offrire una chance in prima squadra. Potete immaginare quanto parlare si facesse tra noi juniores! “Chi prenderanno? Lui oppure lui?”
Toccò a Tony Flygare, ovviamente, e poi a Gundmunder Mete e a Jimmy Tamandi. Quanto a me, non mi prendevano nemmeno in considerazione: ero l’ultimo che poteva esser scelto. Almeno così credevo. Perfino l’allenatore degli juniores mi teneva in panchina, perché la prima squadra avrebbe dovuto chiamarmi? Non dovevo neppure sperarci, anche se non ero meno bravo di Tony, Mete e Jimmy e l’avevo dimostrato tutte le volte che ero entrato in campo.
Il punto è questo: la carriera di Zlatan Ibrahimović si incontrò inevitabilmente con quella di questo Tony Flygare. Quello è che stupisce è: di tutti i nomi fatti, c’è chi ha rispettato le previsioni (Markus Rosenberg), chi ha comunque fatto la sua carriera nei paesi nordici (Mete e Concha), chi non ha rispettato le attese ma è riuscito lo stesso a ritagliarsi uno spazietto nel calcio (Tamandi, addirittura era finito in Italia con le maglie di Salernitana e Potenza). Ma Tony Flygare, che a differenza degli altri ha una pagina Wikipedia in cui si menziona soltanto come un tempo fosse ritenuto migliore di Zlatan, che fine ha fatto? Perfino la sua pagina svedese del celeberrimo portale è abbastanza scarna, e perdipiù si menziona praticamente solo l’episodio del rigore sbagliato. La carriera di Tony, da allora, è stata un triste degradamento, continuo e inesorabile. Il solo legger i nomi delle squadre per cui ha giocato è abbastanza eloquente: Malmö FF, Luleå FF, Assyriska FF, Wehen Wiesbaden, Bunkeflo IF, Cementarnica, Malmö Anadolu BI, Husie IF, KSF Prespa Birlik, BW 90 IF. Pensate che ad un certo punto scompaiono pure le pagine Wikipedia delle società, il che è chiaro indice di poca popolarità, oltre alle presenze e ai gol del povero Tony.
En gång var jag större än Zlatan. Una volta ero più bravo di Zlatan. E’ questo il titolo della biografia pubblicata da Tony Flygare nel 2014 (la potete comprare qui per 50 corone svedesi, circa 5 euro, ma è solo disponibile in svedese). Triste vedere come i ruoli si siano invertiti, e che oggi la popolarità di cui gode Tony sia prettamente solo dovuta alla menzione nel libro di Ibra.
Oggi, il suo profilo Transfermarkt è perfino privo di una fotografia. Quasi a non voler mostrare il volto, quello che quel 19 settembre 1999 condannò ufficiosamente il Malmö. I ricordi di quella partita sono ancora vivissimi, e come da programma si mescolano in un calderone di impulsi strani: voglia di rivincita, tristezza, rassegnazione e quant’altro.“Merda! Ma sei pazzo, che diavolo stai facendo?” disse Zlatan vedendo Tony dirigersi verso il dischetto. “Ero pieno di fiducia in me, ma quando ho visto i compagni terribilmente tesi, ho cominciato a esitare”. Troppo tardi. “Zlatan sembrava completamente scioccato, pietrificato. Come d’altronde il resto della squadra. Ora ho capito quanto la situazione fosse davvero seria, questione di vita o di morte. Tutta l’esistenza del club e l’Allsvenskan in gioco. Io ero un giovane, una super promessa del calcio svedese, abituato a non sbagliare mai; inoltre mia madre mi aveva insegnato a prendermi sempre le mie responsabilità”.
Fa male ricordare quei momenti, per uno costretto poi a concludere la sua carriera a 27 anni. Era il 2008, e mentre Zlatan piazzava col destro un pallone sotto l’incrocio dei pali greco nell’Europeo in Austria e Svizzera, o timbrava il cartellino contro la Spagna poi futura campione, Tony salutava il mondo del calcio. Così duro, così crudele, così restio a concedere seconde chances. E così da attore protagonista di una storia di successo, Tony si è trovato a recitare da comparsa in una delle sliding doors più beffarde. Addirittura fede un provino per il Genoa, ma tutto saltò per ché non fu trovato l’accordo economico. “Adesso mi piacerebbe fare l’agente, per avere la possibilità di dire ai giovani talenti: tutti possono diventare come Zlatan“. Lui sì, certamente avrebbe potuto. Se solo non si fosse presentato dal dischetto, quella sera.
Parte del pezzo è stata tratta integralmente dal blog WordPress “L’Irregolare”, rinvenibile presso: https://irregolare.wordpress.com/2015/04/15/una-volta-ero-piu-grande-di-zlatan/
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