Calcio

Titanic Inter: l’orchestra che non suona più mentre affondiamo

Dopo la Coppa Italia, arriva anche il ko in campionato contro la Roma. Ormai non mi nascondo più: “Siamo diventati ingiocabili. Ma nel senso sbagliato. E ora la Champions è l’ultimo salvagente”

C’era una volta l’Inter imbattibile, quella che travolgeva tutto e tutti, che bastava guardarla negli occhi per capire che sarebbe stata una serata lunga. C’era.
Oggi siamo un’altra cosa. Siamo l’ombra di noi stessi.
La sconfitta contro la Roma a San Siro, dopo l’umiliazione subita nel derby di Coppa Italia, è più di un segnale. È una sentenza.
E io, che fino all’ultimo ho creduto nella leggenda, oggi lo ammetto senza vergogna:

“Siamo come l’orchestra del Titanic. Suoniamo, belli e disperati, mentre la nave affonda.”

Eravamo “ingiocabili”, come diceva Mkhitaryan con un sorriso sornione.
Ora siamo ingiocabili davvero. Ma nel senso opposto: impossibili da guardare. Impossibili da spiegare.

Una rosa stanca, vecchia, incompleta

La colpa? Un po’ di tutti. Un po’ di Simone Inzaghi, certo, che non è riuscito a rinnovare mentalmente il gruppo nei momenti cruciali.
Ma soprattutto di una società che ha pensato di poter giocare 60 partite in un anno con una rosa che a settembre era già stanca.

  • Titolari straordinari, riserve indegne.
  • Taremi, Arnautovic, Correa: una trinità dell’inadeguatezza.
  • Asslani? Una promessa che è rimasta tale.
  • Acerbi? Guerriero eterno, sì, ma con le gambe di chi ha combattuto troppe battaglie.
  • Sommer? Solido, ma non miracoloso.

E allora, quando le gambe hanno iniziato a cedere, il castello è venuto giù.
Come volevasi dimostrare.

Napoli vola, noi naufraghiamo

Il Napoli ci ha superati. Non per caso. Ma perché loro stanno correndo e noi stiamo affondando.
Una squadra che per mesi è sembrata invulnerabile si è trasformata in un gruppo stanco, lento, prevedibile.
E non è più questione di turnover, di stanchezza, di sfortuna. È una questione di struttura.

“Non sono le onde a far affondare una nave. È l’acqua che entra dentro,” diceva Seneca.

E l’acqua, in questa Inter, ha cominciato a entrare da gennaio. Piano. Poi a fiotti.

Ora resta la Champions. Resta il sogno di un colpo di reni, di un’ultima danza a Monaco. Ma l’abisso è vicino. E serve una scossa mentale che, ad oggi, fatichiamo anche solo a immaginare.

Spiaze, ma così il ciclo è finito

Lo dico col cuore che fa male: se non cambiamo, il ciclo Inzaghi è finito.
Non per cattiveria. Non per mancanza di riconoscenza. Ma per onestà.
Inzaghi ha fatto tantissimo. Ha vinto, ha riportato l’Inter ad alzare trofei, ad essere rispettata in Europa. Ma ora sembra svuotato.
E la squadra con lui.

O si cambia. Si svecchia. Si riparte. O il Titanic nerazzurro, dopo aver suonato la sua ultima sinfonia, sparirà sotto le onde.
Con buona pace della musica.
Con buona pace del nostro cuore.

Matteo Ferrante

Mi chiamo Matteo Ferrante e sono un interista convinto. Da sempre vivo il calcio con la passione di chi sa che l’Inter è la squadra più forte d’Italia. Come giornalista, mi piace raccontare le vittorie e difendere la mia squadra con un po’ di sarcasmo, soprattutto quando le critiche si fanno infondate. Dal 2016 scrivo per diverse testate, cercando di trasmettere a chi mi legge l’entusiasmo e la fiducia che solo l’Inter sa regalare. Il futuro è nerazzurro, e non vedo l’ora di continuare a celebrarlo

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