La storia del Galatasaray campione della Coppa Uefa 1999/2000 è una di quelle favole così belle, avvincenti e complete che sono dovute durare poco per non rubare la scena agli altri avvenimenti del calcio.
Il Galatasaray del 2000 è un’armata invincibile, il degno vessillo della città che ha dominato il mondo per diversi secoli. Ma in pochi lo sapevano. Veloce ma indelebile, fugace ma indimenticabile: una squadra capace di toccare il cuore della gente, di infiammare un popolo che vive per fare festa.
Era l’anno degli Europei di Belgio e Olanda, la giusta annata per mettersi in mostra. Tanti, troppi talenti in quel Galatasaray: assieme erano talmente forti che il destino ha dovuto separarli in fretta ma senza quel legame magico che teneva in piedi la squadra hanno fallito uno dopo l’altro.
Alla guida un colto visionario di Adana, l’antica Antiochia di Cilicia, culla della cultura del primo cristianesimo. Era un uomo con idee calcistiche decisamente avanzate che ben presto diverrà l’ultimo Imperatore d’Oriente, il suo nome è Fatih Terim.
In campo due veterani alle ultime cartucce della propria carriera reggevano emotivamente la squadra: Claudio André Taffarel, portiere campione del mondo con il Brasile del ’94, e Gheorghe Hagi, futbolista de raza, leggenda del calcio rumeno dotato di una tecnica e visione di gioco fuori dal normale. L’altro giocatore del Ponto, Popescu, reggeva la difesa grazie ala sua esperienza.
Gli altri protagonisti sono giovani di belle speranze adocchiati dalle big del calcio europeo e pronti ad esplodere. In quel contesto erano giocatori fuori dal normale in grado di giocare calcio a ritmi mai visti: Umit Davala, Okan Buruk e “il Maradona del Bosforo” Emre Belozoglu. Piccoli, tecnici e instancabili al servizio del re del gol: Hakan Sukur.
Difficile decifrare la carriera di un giocatore del genere: 228 gol con la maglia del Galatasaray, un killer instinct innato e anche il record del gol più veloce della storia dei Mondiali. È il centravanti del momento ma nelle sue chance in Italia (Torino, Inter e Parma) troverà la miseria di 9 reti e le critiche di tutti.
La squadra parte male in Europa e “retrocede” dalla Champions League alla Coppa UEFA a causa del terzo posto nel girone con Chelsea, Milan e Herta Berlino.
Col passare del tempo la squadra assorbe gli schemi di Terim, ingrana una marcia pazzesca e Hakan Sukur segna 11 gol in 17 partite europee . Il Galatasaray elimina il Bologna di Guidolin (subentrato a Buso a stagione in corso), il Borussia Dortmund di Udo Lattek che aveva in rosa gente del calibro di Lars Ricken e Andreas Möller, il Mallorca vice campione della Coppa delle Coppe e infine l’ultimo grande Leeds con Harry Kewell e Alan Smith.
In finale arriva la grande favorita, l’Arsenal di Wenger. La rosa dei Gunners è fuori competizione: il capitano è il leggendario Tony Adams, il centrocampo parla francese con i campioni del mondo Petit e Vieira, e davanti gli olandesi Overmars e Bergkamp assistono la star del torneo Thierry Henry. In panchina, giusto per avere delle buone alternative, Kanu e Suker, capocannoniere dell’ultimo Mondiale.
Si gioca a Copenaghen, posto ideale per una partita di fine maggio. L’Arsenal non è così forte come sembra e Terim ingabbia i Gunners in maniera esemplare. Hakan Sukur ha almeno tre palle gol nitide ma gli trema il cuore e Seaman para tutto.
I calci di rigore decidono questa partita entrata nella leggenda: Suker e Vieira sbagliano e il Galatasaray vince il suo primo storico trofeo internazionale. In quella notte nasce e muore una squadra leggendaria: sì, è vero, in estate gli Aslanlar batteranno il Real Madrid in Supercoppa Europea con una doppietta di Mario Jardel ma la squadra perderà un pezzo alla volta fino a smarrirsi.
In pochi mesi andranno via Terim, Popescu, Okan, Emre, Umit e soprattutto Hakan Sukur, tutti destinati ad approdare in Italia senza ottenere grossi successi. Del vecchio Galatasaray rimane la mentalità e il ricordo ma l’ambizione e la forza europea di quella squadra vanno progressivamente spegnendosi fino al quarto di finale di Champions League in cui il Real Madrid si vendicherà con una esemplare lezione di calcio.
Il ricordo di quella squadra ha lasciato un segno troppo indelebile per non regalare un ultimo concerto: il Mondiale del 2002 ha riproposto quella squadra dietro lo scudo della nazionale turca, meravigliosa sorpresa di una delle competizioni iridate più discusse di sempre. Il terzo posto, record storico per la Turchia, è stato anche un omaggio a quella squadra indimenticabile capace di compiere un’impresa leggendaria.
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