Solo 6 anni fa, l’11 luglio 2010, al Soccer City di Johannesburg, la Spagna diventava per la prima volta campione del mondo e alzava in cielo la coppa più prestigiosa di sempre.
1 Casillas, 2 Albiol, 3 Piqué, 4 Marchena, 5 Puyol, 6 Iniesta, 7 Villa, 8 Xavi, 9 Torres, 10 Fàbregas, 11 Capdevila, 12 Valdés, 13 Mata, 14 Alonso, 15 Ramos, 16 Busquets, 17 Arbeloa, 18 Pedro, 19 Llorente, 20 Martínez, 21 Silva, 22 Navas, 23 Reina, CT: del Bosque
Questi i 23 eroi che la Spagna in cima al mondo. Questi gli interpreti di un gioco spumeggiante di una delle nazionali più forti di sempre che tra il 2008 e il 2012 vinsero due Europei e un Mondiale, scrivendo la storia in modo indelebile. Definire il gioco spagnolo non è semplice: è troppo riduttivo, per me, parlare di Tiki-Taka. Il gioco della Spagna in quel mondiale, o meglio, in quel ciclo d’oro durato 6 anni, è molto di più. Con una rosa in cui vige il dominio blaugrana, Aragones prima e Del Bosque poi, hanno orchestrato un vero e proprio concerto, creando uno spettacolo per gli occhi di milioni di tifosi spagnoli (e di Calcio).
La Spagna si presenta al mondiale in Sudafrica da campione europeo, con un nuovo tecnico e i dubbi di non potere riconfermare la vittoria di due anni prima. Girone con Honduras, Cile e Svizzera, che, nonostante la sconfitta all’esordio contro gli Elvetici, le Furie Rosse concludono al primo posto.
Dagli ottavi di finale alla finale stessa, la Roja sposa un solo risultato, che per ben 4 volte gli consente di vincere e laurearsi campione: l’1-0.
Gli spagnoli eliminano agli ottavi i cugini portoghesi con la rete di David Villa; ai quarti c’è il Paraguay, stesso risultato, stesso marcatore; in semifinale una sfida difficilissima per la Roja che però riesce a superare anche la Germania, stavolta il marcatore è Puyol, anima della squadra.
Nella finalissima arriva l’Olanda. Né Spagna, né Olanda hanno mai vinto un campionato mondiale di calcio. Il finale lo conosciamo, ed è, a mio parere, un finale più che giusto. In una serata difficile, la partita è tirata, sia per la posta in palio, sia per il gioco molto falloso (da ricordare l’entrata killer di De Jong a Xabi Alonso). La partita terminerà con 14 ammoniti e un espulso.
Il risultato del match nei 90′ minuti è un pareggio a reti bianche; nei supplementari però emerge finalmente la nazionale spagnola che dopo aver sbagliato un paio di occasioni, sfrutta l’espulsione di Heitinga e si porta in vantaggio con Andrés Iniesta.
Minuto 116′, quello che dopo qualche anno avremmo iniziato a chiamare “Don” Andrés decide la finale dei mondiali, servito da Fabregas, stop con il destro e palla all’angolino con Stekelenburg che nulla può alla fulminea rete del numero 6. Un giocatore del suo spessore non poteva però “limitarsi” a scrivere la storia così. Il fenomeno catalano decide infatti di omaggiare Dani Jarque, giocatore dell’Espanyol scomparso meno di un anno prima, mostrando una maglietta che recita “Dani Jarque siempre con nosotros”.
Il Sudafrica è stato il palcoscenico in cui la Roja ha trionfato nel 2010. Nella nazione delle 3 capitali, chiamata anche Rainbow nation per le diverse comunità che le abitano da dopo l’Apartheid, il torneo si è svolto in un clima abbastanza festoso. Del primo mondiale in un paese africano occorre ricordare con un sorriso tormentoni come Waka Waka di Shakira, o le predizioni del polpo Paul dell’acquario di Oberhausen in Germania; non bisogna scordare il rumore assordante delle Vuvuzela e le traiettorie di un pallone molto discutibile come il Jabulani. Sudafrica 2010 è stato tutto questo: un connubio di emozioni e colori, che l’11 di luglio ha colorato di rosso il cielo di Johannesburg.
Ma è difficile contenere le emozioni in serate come questa, noi italiani l’abbiamo vissuta 10 anni fa, gli spagnoli solo 6. E’ stato impossibile trattenerle per il capitano spagnolo Iker Casillas, che dopo la vittoria finale ha baciato in diretta la sua fidanzata e giornalista Sara Carbonero. Un bacio inaspettato che spiazzato tutti regalando a Iker e alla sua Roja, un finale ancora più romantico.
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