“Sono molto felice di essere nella famiglia dell’Olympiakos. Ho visto un progetto che mi interessava troppo, ho detto subito di sì. Sono impaziente di sentire tutta questa atmosfera e la creatività che rende unico il Karaiskakis. Il messaggio che voglio inviare al mondo è che si viene in Grecia per il turismo. Io vengo per i titoli, che voglio continuare a vincere con l’Olympiakos. L’obiettivo è la Champions League e andare avanti il più possibile. Darò il 100% per i nostri obiettivi”. Tutto sotto controllo, o quasi, perché Panagiotis Tachtsidis le giovanili le aveva completate ad Atene, ma nelle fila dell’AEK. Greco di Nauplia, aka periferia del Peloponneso, non era più tornato a casa da allora come giocatore. Nel suo destino l’Italia, il Genoa, il prestito al Cesena, poi mezza stagione a Grosseto, ancora a Verona e dritto fulmineo a Roma, cullato dalla sapienza del maestro Zeman che se n’era innamorato e tanto l’aveva voluto. Il lungo successivo peregrinar per mare di Panagiotis è assimilabile a quello del più famoso Ulisse con l’eccezione di Torino. Dove il mare non c’è, e dunque Panagiotis si è presto sentito un pesce fuor d’acqua: prima e dopo la sua carriera si era tinta di rossoblù. Sempre col comune denominatore del blu oceano: prima il ritorno in Liguria sotto l’ultimo Gasperini, con una permanenza sotto la Lanterna da comprimario che però non gli ha impedito di far breccia nel cuore dei tifosi (vi basta questo sinistro a giro, nell’anniversario dell’addio a Franco Scoglio, in un Ferraris pieno, all’ultimo minuto?), poi una puntatina in Sardegna dove però l’amore non è scoccato.
La palla rossa
a me lancia Eros dai capelli d’oro
e con una fanciulla dai sandali a colori
mi spinge a giocare. […]
In un pezzo attribuibile ad Anacreonte c’è tutta l’essenza dell’amore, del tradimento, di una passione inestinguibile eletta a fondamento del genere poetico greco (lirico in primis): la parte relativa all’ἔρως è rappresentata qui sopra dai puntini di sospensione, non si parla ancora di Lesbo, paradisiaca isoletta di Saffo, né del Tiaso, né di un concetto meno carnale e più filosofico di amore. Non c’è ancora Platone, che teorizzerà la concezione affettiva che ancor oggi porta il suo nome. C’è solo una palla, rossa (nel nostro caso, meglio biancorossa), che Eros lancia al poeta. La fanciulla contribuisce allo sviluppo di un quadretto particolare, di una sorta di epillio pur non nel senso stretto del termine. Detto in altri termini, dietro all’amore c’è tutta una simbologia che farebbe immediatamente pensare alla volontà di un dio. Così com’è probabile che sia stato un dio del calcio a convincere Panagiotis su un suo trasferimento in Grecia.
Tachtidis ha 26 anni, l’età perfetta della carriera in cui si ha già un po’ d’esperienza ma allo stesso tempo si può guardare ad un futuro mediamente lontano, e il suo trasferimento è stato ufficializzato da una nota talmente breve che parrebbe esser stata scritta di getto, quasi a voler dare l’ufficialità rimandando ogni altro dettaglio (costo, tipo d’operazione, ingaggio, contratto…) al futuro. L’importante? Che “Tachsi” sia tornato a casa. Che Panagiotis abbia firmato con l’Olympiakos. Del resto, con Bouchalakis, con Martins, con Romao, senza Cambiasso (svincolato), un profilo come il suo serviva tantissimo: Hasi potrà gestire un giocatore dall’indubbio talento, al quale l’Italia andava forse larga mentre la Grecia dovrebbe esser stretta. Un compromesso, una giusta misura, lo si può trovare. Detto per esteso: se Panagiotis trova la sua dimensione al Pireo, può fare sfracelli. Sia da centrocampista centrale che da trequartista (in fondo c’è stato l’addio al Chori Domínguez), attizza già le fantasie del tifo greco. Leggere questo pezzo per credere.
Le cifre, che ripeto non sono ufficiali, parlano di una cessione a titolo definitivo: in sintesi l’Olympiakos lo paga un milione e il Torino si prenderà una grande percentuale su una futura rivendita. Le 20 presenze nella nazionale greca lo rendono poi un “colpo grosso”, come la stampa ellenica lo definisce: comprensibile, in fondo il suo compito sarà di fornire leadership ed esperienza ad un reparto in cui la scorsa stagione sono mancate. E se Paulo Bento probabilmente è stato esonerato anche per questa mancanza di qualità a centrocampo, un’emorragia alla quale il portoghese non ha saputo metter freno, ecco che Hasi invece potrebbe. In soccorso gli è venuto il mercato, che potrebbe anche portare al Pireo il trequartista belga Odjidja-Ofie (che l’allenatore albanese ha avuto al Legia Varsavia). Ma certamente la duttilità di Tachtidis è indubbia. Com’è che faceva la canzone? Ah, sì: “certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano…”. Καλημέρα!
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