La mattina dopo aver raggiunto gli ottavi, Stoccolma era invasa dall’incredulità. “Det bästa vi sett på 24 år” scriveva Erik Niva, osannando a penna tratta la nazionale migliore degli ultimi 24 anni. Per far meglio serviva semmai arrivare terzi come al Mondiale americano, e Robin Olsen non è diventato un Thomas Ravelli. Le caricature dipingevano il serio e integerrimo Janne Andersson con l’indole brasiliana di chi ballava la samba con un sombrero indosso, e non andavano troppo distanti all’esternazione di un successo clamoroso. “Ero preoccupato per non aver approfittato della prima metà di gioco, in cui abbiamo avuto molte buone possibilità – aveva rivelato il cittì di Halmstad, salvo sciogliersi in un – accidenti, quanto hanno corso i ragazzi. Sono orgoglioso, felice e un po’ stanco”.
Tutte le preoccupazioni per un risentimento psicologico dopo il 2-1 tedesco firmato Kroos al 95’ erano svanite all’improvviso. O meglio, sembravano non esserci mai state. La Svezia aveva lasciato come da copione il possesso palla al Messico pungendo per tre volte, mentre le sale e gli uffici della Federcalcio a Stoccolma stappavano spumante a ripetizione per via dei 35 milioni di SEK, poi superati dopo la sconfitta inflitta alla Svizzera. Se però la sconfitta dei gialloblù ha lasciato uno spunto, eccolo presto detto: sono riusciti a manipolare la realtà. A Emil Forsberg, il calciatore più talentuoso della generazione post Ibrahimović, era stata messa per aria la nomea di anti-Zlatan. L’intera rosa scandinava non pareva irresistibile, tuttaltro. Certo, c’era Victor Nilsson-Lindelöf, che il Manchester United pagò 35 milioni di sterline dal Benfica, ma poi andavi su Transfermarkt e scoprivi che ha giocato sole 17 gare perché poi Mourinho l’ha bocciato. Certo, c’erano i 47 gol di Marcus Berg in due anni, ma consideravi che 22 sono stati realizzati in Grecia e 25 negli Emirati Arabi, in campionati certamente meno competitivi di altri. E poi ci sarebbe stato Mikael Lustig, quello che nel settembre 2017 fu travolto dal PSG e non capì niente commettendo errori a raffica e firmando un’autorete. A centrocampo Oscar Hiljemark in chiaroscuro al Genoa, Albin Ekdal retrocesso con l’Amburgo e Gustav Svensson buono ma in Major League Soccer. In attacco Jimmy Durmaz e Ola Toivonen, entrambe riserve del Tolosa, che non è propriamente il Monaco in quanto a blasone, e i ricambi chiamati John Olof Guidetti e Isaac Kiese-Thelin, due che avevano fallito l’ingresso nel gran calcio in Inghilterra (City) e Francia (Bordeaux) facendo un passo indietro ad Alavés e Beveren, campionato belga.
Con questa rosa, oggettivamente, non si poteva fare meglio. Il pensiero torna immancabilmente a Milano, laddove siamo stati brutti noi e non belli loro: loro semmai erano coscienti del loro chiari limiti e puntavano sulla distruzione del gioco avversario piuttosto che sulla creazione del loro. Non buoni a impostare, poco tecnici, fautori di una manovra lenta e faticosa. Poi, diciamocelo, pure abbastanza goffi nella corsa. In un contesto simile però anche un rude come Andreas Granqvist, 33 anni, 192 centimetri, 84 chili di peso e una stempiatura in testa, sa essere più che mai efficace. E non solo dove lo pensate maggiormente abile (in situazioni di corner, a sportellare e malmenare avversari per evitare di concedere gol), ma persino in quelle situazioni dove è necessaria freddezza e tecnica: sui calci di rigore. Ecco, se in Svezia non si fanno problemi a sottolineare come Granqvist abbia segnato tre reti. Lui, con la moglie in attesa di una bimba a casa. Lui si sarebbe proposto di rientrare a farle visita in ospedale, lei avrebbe seccamente obbligato il marito a centrare un risultato storico per la Svezia. Ora, ragionevolmente, “Granen” tornerà a casa. Non senza un Guldbollen a testa, come proposto da Zlatan Ibrahimović.
Ecco il tabellino:
Svezia (4-4-2): Olsen; Krafth (dall’85’ Jansson), Nilsson-Lindelöf, Granqvist, Augustinsson; Claesson, S. Larsson, Ekdal, Forsberg (dal 65′ M. Olsson); Berg, Toivonen (dal 65′ Guidetti). Ct: Janne Andersson. A disp: Johnsson, Nordfeldt, Lustig (S), Helander, Svensson, Hiljemark, Rohdén, Durmaz, Kiese Thelin.
Inghilterra (3-5-2): Pickford; Walker, Stones, Maguire; Trippier, Alli (dal 77′ Delph), Henderson (dall’85’ Dier), Lingard, Young; Sterling (dal 90’+1 Rashford), Kane. Ct: Gareth Southgate. A disp: Butland, Pope, Rose, Cahill, Jones, Alexander-Arnold, Loftus-Cheek, Vardy, Welbeck.
Reti: 30′ Maguire, 59′ Alli. Ammoniti: Larsson, Guidetti (S), Maguire (I). Arbitro: Kuipers (Olanda)
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