Parlando della cittadina di Brighton i pensieri vengono associati giusto a qualche particolarità. Il famoso Brighton Pier, la canzone dei Queen Brighton Rock e forse il grande concerto di Fatboy Slim nella torre panoramica mobile British Airway i360 sull’East Sussex. Brighton inoltre è la meta preferita dei ragazzi che migrano in Inghilterra per imparare tranquillamente l’inglese e divertirsi un po’. Il calcio per anni non è stata l’attrazione principale di una città conosciuta prevalentemente per feste, movida e le belle passeggiate sul lungomare. Il Brighton Hove and Albion, è stata per anni una squadra priva di alcun futuro e di identità. Tra la crisi nel mare immenso delle leghe calcistiche inglesi, le proteste contro la società e le successive rivoluzioni ecco il percorso che ha portato il Brighton alla Premier.
Dal baratro alla rinascita
Dai dilettanti alla Premier League nell’arco di 12 anni fa sorridere. Il Brighton negli anni ’90 rischiò di retrocedere nella National League che, per chi non lo sapesse, rappresenta la lega semi – professionistica del calcio inglese. Come se non bastasse a scatenare un putiferio tra i tifosi ci si aggiunse anche il presidente del tempo Bill Archer. Archer infatti decise di vendere il Goldstone Ground, storico impianto di Brighton per puro tornaconto personale. Il tutto fece infuriare i tifosi Seagulls che iniziarono una protesta. Un tifoso di nome Dick Knight decise di iniziare una campagna per rimuovere la dirigenza che fino a quel momento aveva portato solo malcontenti. La protesta ebbe un grande successo, Knight divenne presidente, ma la sostanza tardava a cambiare. Senza soldi per permettersi uno stadio nuovo, nonostante gli aiuti economici anche di personaggi importanti come Fatboy Slim, Knight dovette usare un improvvisato Priestfield Stadium, a Gilligham, più di 100 km di distanza da Brighton e una capacità inferiore ai 9.000 posti a sedere.
Il cambio di rotta
Nel 2007 intanto arriva un nuovo partner, Tony Bloom che decide di comprare le azioni del Brighton diventando nell’arco di 2 anni il principale azionario e presidente. The Lizard, il suo soprannome, è famosissimo, è uno dei più grandi scommettitori dell’Inghilterra con un patrimonio abbastanza grosso in mano, tutto lavorato secondo intelligenti mosse nell’ambito del gioco d’azzardo. Incute fiducia nei tifosi, essendo anch’esso tifoso dei Seagulls e principale sostenitore. Ma ecco che arriva il 2011, l’anno della svolta per il Brighton, l’anno della costruzione del Falmer Stadium, con il nome Amex per via dello sponsor American Express.
Con 30mila posti a sedere lo stadio è il segno della rinascita appena iniziata. L’approdo in Championship grazie all’allenatore Gustavo Poyet (ex Saragoza) segna l’inizio della svolta: il Brighton da quell’anno non retrocederà più e punterà ai playoff e alla promozione. L’anno della rivoluzione arriva nel 2014 con l’approdo sulla panchina dei Seagulls di Chris Hugton. Hugton fino a quel momento aveva avuto ruoli minori ma in contesti importanti: vice allenatore della Nazionale irlandese, allenatore delle giovanili del Tottenham e gavetta al Newcastle. L’approdo al Brighton gli permette di costruire in 3 anni la sua squadra perfetta. I risultati iniziano ad arrivare solo nella sua seconda stagione con un terzo posto accompagnato dalla sconfitta ai playoff con lo Sheffield Wednesday.
Il Brighton di Hugton
Hugton nella sua terza stagione con i Seagulls guida una squadra senza troppe pretese. 4-4-2 con la difesa come punto di riferimento. Il gioco del Brighton di quell’anno è molto semplice, poche pretese e difesa solida, poi palla ai più talentosi. Partendo da Stockdale e i suoi 17 clean sheet per arrivare ai difensori anima e corpo del Brighton. Bruno Saltor ad esempio, terzino e capitano dei Seagulls ritiratosi due anni fa con tanto di standing ovation all’Amex, l’immancabile Lewis Dunk nato e cresciuto a Brighton, esplosivo difensore centrale. I giocatori tecnicamente più dotati erano pochi ma efficienti. Uno di questi Knockaert, ala sinistra che l’anno della promozione ha messo a segno 15 gol in 45 partite ed elemento imprescindibile dell’11 titolare di Hugton. Immancabile ovviamente Glen Murray, non un giocatore sublime per gli alti livelli del calcio inglese, ma icona del Brighton in tutto e per tutto arrivando in concomitanza con l’approdo del futuro presidente Tony Bloom. L’anno della promozione i Seagulls arrivano secondi con 94 punti e 40 gol subiti, miglior difesa della Championship e prima volta in Premier League. Dopo 34 anni il Brighton riesce ad arrivare nella massima serie del campionato inglese.
“20 anni fa eravamo nel baratro, è pazzesco. Nessuno in quegli anni avrebbe scommesso un euro sulla situazione attuale di questa squadra. – Disse Bloom – Sono un appassionato sostenitore del Brighton da 40 anni. Mi sono impegnato a costruire lo stadio e il campo di allenamento, l’ho fatto perché amo questo club. Quindi, essere qui con quasi 30.000 fan è come se tutti i nostri sogni diventassero realtà. Sorprendente” Un inno alla pazienza di Tony Blooom che ha fatto all in sulla sua squadra del cuore.
Al minuto 1.50 nel video posto qui sotto, vedrete più di 5 mila persone cantare e festeggiare un presidente che ha cambiato la storia del club.