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Storia del Pallone d’oro: il ’98, Zinédine Zidane

Il trequartista moderno per eccellenza, il tocco delicato e leggiadro lo hanno reso celebre e apprezzato in tutto il mondo. Dotato di una visione di gioco da regista, ha però sfruttato sempre di più il tocco filtrante come arma vincente per mandare in gol i compagni spesso preceduti da dribbling mai banali rendendo la “Veronica” il suo marchio di fabbrica. Perché vedere Zinédine Zidane all’opera è stata pura estasi calcistica, quando la sua classe, spesso ai limiti della leziosità, ispirava azioni e giocate impossibili per i comuni mortali.
Nacque a Marsiglia all’inizio degli anni ’70 da un famiglia algerina di Cabilla, città nel nord della nazione, figlio del muratore Smaïl e di Malika. La gioventù in Provenza non fu certamente delle più agiate, ma il giovane Zizou riuscì a farsi valere nel mondo del calcio venendo preso dal Cannes. Dopo vari anni nelle giovanili esordì a soli sedici anni nel 1989 in occasione di una partita contro il Nantes. Sarà ancora con i gialloverdi che nel febbraio di due anni dopo riuscì a segnare la sua prima rete tra i professionisti e il 1990-91 fu anche il suo primo campionato da titolare. Fu un’annata gloriosa per la piccola realtà biancorossa che riuscì a concludere addirittura al quarto posto riuscendo così a qualificarsi per la Coppa Uefa. Fu un momento storico per la storia del club e intanto Zidane era diventato un intoccabile della nazionale Under 21 francese. Nella stagione seguente debuttò quindi a livello continentale, ma il Cannes non riuscì a gestire la pressione dei due impegni e dopo essere stato eliminato dalla Dinamo Mosca finì l’anno al penultimo posto e così retrocedette. Zinédine era stato uno dei pochi a salvarsi riuscendo anche a segnare cinque reti e per lui era impensabile dover giocare in Ligue 2. Nell’estate 1992 si scatenò una vera e propria asta per acquistarlo e alla fine a spuntarla fu il Bordeaux allenato dal conterraneo marsigliese Rolland Courbis. I Girondini erano squadra di grande valore con giovani interessanti e dimostrarono di poter lottare per le prime posizioni del campionato. Fu proprio tra le rive del Garonne che gli venne affibiato il soprannome di Zizou e nella sua prima annata segnò come mai più ripeterà in carriera. Ben dieci furono le sue reti a fine campionato, un bottino più che ragguardevole per un giocatore che veniva ancora utilizzato come interno di centrocampo. “Le Club au scapulaire” riuscì a chiudere al quarto posto qualificandosi così alla Coppa Uefa successiva. Il 1993-94 fu il suo anno del defintivo salto di qualità anche se iniziò a dimostrare una certa difficoltà a tenere a freno i nervi. In una tesa gara al Vélodrome contro il Marsiglia ebbe vari momenti di tensione con Desailly che alla fine venne colpito da una testata. L’espulsione fu la logica conseguenza, ma ciò non impedì a Zidane di esplodere disputando una grande annata tanto da venire nominato a fine anno come miglior giovane del campionato. Un premio importante che lo faceva diventare il principale tassello su cui rifondare una nazionale transalpina per la seconda volta consecutiva fuori dal Mondiale. In estate disputò l’Europeo Under 21 e contribuì in maniera determinante al quarto posto finale dei Bleus e nell’agosto 1994 debuttò in nazionale. Avvenne proprio nel suo stadio, al Chabn-Delmas di Bordeaux, per un’amichevole contro la Repubblica Ceca e l’esordio fu da sogno. Entrò a gara in corso e con i Bleus sotto di due reti riuscì a rimettere in parità la sfida negli ultimi cinque minuti. Il primo gol fu un autentico capolavoro con Zizou che saltò con un doppio passo in corsa Kubík e da fuori area fece partire un meraviglioso sinistro imparabile per Kouba. Due minuti dopo svettò di testa da un corner dalla destra per il 2-2 e da lì iniziarono a fioccare i paragoni con l’inarrivabile Michel Platini. Come Le Roi aveva debuttato contro i cechi in un 2-2 e come il tre volte Pallone d’oro aveva subito dimostrato il suo enorme talento. Le poche risorse economiche dei Girondini fecero sì che la squadra si sfaldasse e Zinédine rimase un grande predicatore nel deserto. Nel 1994-95 la qualificazione in Coppa Uefa arrivò solo grazie alla vittoria dell’Intertoto, mentre nell’annata successiva la squadra di dedicò unicamente agli impegni internazionali, tanto da rischiare la retrocessione. Zidane si prese la copertina delle notti europee, in particolare nella trasferta spagnola contro il Betis quando segnò una pazzesca rete calciando di controbalzo da quaranta metri di sinistro. Una rete che fece capire anche ai più scettici che si aveva a che fare con un fuoriclasse e lo mostrò anche al calcio italiano. Nei quarti di finale il Bordeaux venne sorteggiato con il Milan e il Diavolo, dopo aver vinto la sfida di San Siro per 2-0 si sentì con un piede al turno successivo. Nel ritorno però sembrò di vedere due squadre totalmente diverse e Zizou divenne immarcabile. Gli venne messo il giovane connazionale Vieira in marcatura e gli fece fare una tale figuraccia che a fine stagione i rossoneri si sbarazzarono in fretta e furia di uno dei centrocampisti che avrebbe fatto la storia di lì a breve. Tholot e una doppietta di Dugarry spazzarono via Weah e compagni e la squadra arrivò fino a un incredibile e inattesa finale. Nell’ultimo atto però il Bayern Monaco si rivelò nettamente più forte e vinse largamente entrambe le sfide spezzando il sogno dei Girondini. A fine anno, nonostante il deludente piazzamento della squadra in Ligue 1, per Zidane arrivò il premio come miglior giocatore della stagione e in estate gli venne consegnata la maglia numero dieci della Francia. Dopo anni bui e deludenti i Galletti avevano voglia di riprendere un ruolo centrale all’interno del Continente e l’Europeo fu più che soddisfacente nonostante il finale con un fortissimo amaro in bocca. Fu il torneo dei calci di rigore e dopo aver concluso il proprio girone davanti a Spagna, Bulgaria e Romania furono sempre i tiri dal dischetto a decidere le partite del Bleus. A seguito di due 0-0 andò bene nei quarti contro l’Olanda ma in semifinale contro la Repubblica Ceca l’errore decisivo fu di Pedros. Al campione del Bordeaux venne sempre affidato il primo tiro e in entrambi i casi calciò rasoterra all’angolino sinistro e, nonostante Van der Sar e Kouba intuirono sempre la direzione, arrivarono due reti. La Ligue 1 però iniziava a essere un campionato troppo piccolo per lui e al termine del torneo in Inghilterra arrivò la prestigiosa chiamata della Juventus.

Con l’approdo in bianconero aumentarono ancora di più i paragoni con Platini e come il suo illustre predecessore non riuscì a iniziare l’avventura nel miglior modo possibile. L’intuizione arrivò a Marcello Lippi che decise di avanzarlo, togliendolo dal ruolo di interno per posizionarlo come trequartista dietro alle due punte Del Piero e Vieri. In concomitanza di questo cambiamento arrivò la sua prima rete durante un sentitissimo derby d’Italia. Da un calcio d’angolo raccolse una respinta al limite dell’area e fece partire un perfetto sinistro all’angolino che trafisse Pagliuca e da allora la sua avventura torinese cambiò completamente. Pur avendolo avanzato continuò a segnare poco, tanto che a fine anno andò in rete solo cinque volte, ma entrò in un meccanismo perfetto che portò la squadra a vincere lo Scudetto. Fu in Champions però che Zidane entrò definitivamente nei cuori dei tifosi juventini. La Vecchia Signora in semifinale doveva affrontare l’Ajax in una riedizione della finale dell’anno precedente. Dopo aver vinto per 1-2 in terra olandese fu a Torino che venne espresso al meglio tuttto l’immenso potenziale del francese. I bianconeri si trovavano in vantaggio per 2-1 quando nell’ultimo quarto d’ora si scatenò Ziziou. Dalla sinistra saltò con un doppio passo Blind e mise la palla al centro per Amoruso che dovette semplicemente appoggiare in rete e pochi minuti dopo si mise in proprio. Si inserì perfettamente su un bel servizio di Deschamps, con una finta mise a sedere Van der Sar che si scontrò ancora con Blind e appoggiò in rete per il definitivo e trionfale 4-1. I ragazzi di Lippi sembravano diretti verso la seconda vittoria consecutiva, ma a Monaco di Baviera accadde l’impensabile e il Borussia Dortmund vinse per 3-1. Nella stagione successiva divenne l’anima dei bianconeri e disputò probabilmente la sua miglior stagione. Con sette centri stabilì il suo record in Serie A, ma fu la costanza di rendimento la sua arma in più. In campionato fu un testa a testa emozionante con l’Inter di Ronaldo, ma alla fine fu ancora la Vecchia Signora a coronare l’anno con il titolo di campione d’Italia. La Champions League risultò però ancora una volta dal sapore dolceamaro perché giocò una grande competizione ma per la seconda volta sparì nella finale di Amsterdam contro il Real Madrid. La terza finale europea consecutiva persa iniziava a farlo passare come un grande campione ma incapace di esaltarsi nei momenti decisvi. In suo aiuto però arrivò il Mondiale casalingo del 1998. La Francia tornava a disputare la massima competizione per nazioni dodici anni dopo l’ultima volta, ma le aspettative erano enormi. Zidane era il numero dieci e icona di quella nazionale, ma l’avventura iniziò nel peggior modo possibile. Nella seconda gara del girone contro l’Arabia Saudita perse inutilmente la testa e pestò la gamba di Fuad Amin e l’arbitro messicano Brizio Carter decise giustamente per l’espulsione. La condotta violenta gli costò due turni di squalifica e la sua assenza, che contro la Danimarca risultò ininfluente, rischiò di costare carissimo in occasione dell’ottavo di finale col Paraguay. Senza il suo uomo migliore i Galletti risultarono contratti venendo sempre fermati dai sudamericani attenti in difesa. Mai come quel pomeriggio a Lens sarebbe servita una magia del marsigliese, ma a metà secondo tempo supplementare fu Laurent Blanc a trovare il Golden Goal della vittoria. Le critiche non mancarono di certo e Zinédine sapeva che l’unico modo per spazzarle via era giocare ai suoi livelli. Rientrò in occasione della sfida contro l’Italia e Pessotto riuscì a sfruttare gli anni passati insieme alla Juventus riuscendo a limitarlo. Giocò comunque alla grande, ma lo 0-0 si trascinò fino ai calci di rigore. Zizou trasformò il suo, Albertini e Di Biagio sbagliarono e i Bleus vinsero l’eterna sfida contro gli Azzurri. In semifinale contro la Croazia fu Thuram a trovare il suo momento di gloria e a Parigi per la finale tutti aspettavano la riedizione di Zidane contro Ronaldo, non più in Juventus-Inter ma in Francia-Brasile. Il Fenomeno però subì un gravissimo attacco di panico la sera prima e giocò al minimo delle sue possibilità mentre a farla da padrone fu il numero dieci di casa. Da due calci d’angolo svettò più in alto di tutti trafiggendo un incolpevole Taffarel, e in occasione della seconda rete fece addirittura passare la palla sotto le gambe di Roberto Carlos. Lo Stade de France si era dimenticato delle critiche nei giorni precedenti e con il 2-0 nel primo tempo ipotecò il successo. Petit chiuse i conti nel recupero e Zinédine era passato da eterno secondo e uomo delle finali mancate a eroe nazionale. Segnò solo quel giorno in quel Mondiale, ma tanto bastò per elevare il suo status e renderlo così il miglior giocatore d’Europa. A dicembre France Football lo premiò con un meritatissimo Pallone d’oro vinto senza discussioni. I suoi duecentoquarantaquattro voti crearono un solco impressionante nei confronti del secondo Šuker, fermo a sessantotto, e del terzo Ronaldo, a sessantasei.

Tornato a Torino con la palma di re del mondo visse una stagione travagliata per lui e per la Juventus. Lippi diede le dimissioni nel bel mezzo della stagione con la squadra che chiuse a un mesto settimo posto. Zizou attraversò una stagione altalenante, spesso limitata da alcuni acciacchi fisici e provò a rifarsi l’anno seguente. Con Ancelotti in panchina però non scattò mai quella complicità giusta da farlo continuare sui livelli dei primi due anni in Piemonte e nel 2000 la Vecchia Signora perse uno Scudetto che sembrava già vinto. Sul finire del campionato la squadra iniziò ad annaspare facendosi recuperare svariati punti dalla Lazio e nell’ultima giornata contro il Perugia ecco il fattaccio. L’acquazzone che si abbattè sul Curi limitò la classe dei bianconeri e una rete di Calori consegnò lo Scudetto ai romani. Per dimenticare la delusione del Tricolore sfuggito all’ultimo si gettò anima e corpo sull’Europeo da disputare in Olanda e Belgio. Nel girone la Francia si prese una bella rivincita eliminando la Repubblica Ceca che le era stata fatale quattro anni prima e anche in questo caso Zizou partì con il freno a mano tirato per poi diventare inarrestabile nei momenti decisivi. Nei quarti di finale ci fu la grande sfida contro la Spagna e ad aprire la marcature a Bruges fu una pennellata all’incrocio su punizione del numero dieci che rese vano il volo di Cañizares. Il calcio da fermo sarebbe stato ancora il suo marchio di fabbrica in occasione della semifinale contro il Portogallo, quando a un minuto dalla fine dei tempi supplementari si prese l’incarico di calciare un rigore pesantissimo. Decise di incrociare alzando la palla, rischiando più del solito, ma nonostante la stanchezza riuscì a spiazzare Vítor Baía facendo restare la palla sotto la traversa. Fu il Golden Goal che valse la finale contro l’Italia e il metodo per marcare Zidane finì perfino nelle aule del Parlamento del Belpaese. Quando ormai l’arbitro aveva il fischietto in bocca e il gol di Delvecchio sembrava dare il titolo agli Azzurri fu Wiltord a segnare il pareggio che spezzò le gambe ai ragazzi di Zoff. Nei supplementari fu Trezeguet a trovare il gol della vittoria e Zidane riuscì ad arrivare dove nemmeno il grande Platini era arrivato, ovvero vincere entrambe le più importanti competizioni per nazioni con i Bleus. Venne nominato miglior giocatore del torneo e sembrava destinato alla vittoria del secondo Pallone d’oro, ma nel finale dell’anno solare si macchiò di una sua ennesima ricaduta disciplinare. In occasione di una gara di Champions League contro l’Amburgo diede una testata a Kientz, il quale dichiarerà aver vissuto l’esperienza più bella della sua vita, e subì una maxi squalifica di cinque giornate. France Football non se la sentì di premiare un giocatore che si era appena macchiato di una simile sciocchezza e così diede il premio a Figo.
La Juventus intanto voleva tornare a vincere, ma l’acquisto di Batistuta fece diventare la Roma la squadra da battere. Nello scontro diretto di Torino Zidane concluse una perfetta azione con un tiro che spiazzò Antonioli e sembrò dare la vittoria ai suoi, ma Nakata e Montella trovarono le reti del pareggio e lo Scudetto cambiò solo sponda del Tevere. Nonostante fosse ancora considerato uno dei primissimi giocatori al mondo iniziava ad avere ventinove anni e la dirigenza juventina si fece ingolosire dalla mostruosa offerta di centocinquanta miliardi di lire del Real Madrid e lasciò partire il campione francese. Per tenere a bada la piazza ci fu l’infelice uscita di Agnelli che lo definì:”Più bello che utile”, ma mentiva sapendo di mentire.

Zizou fu la seconda pedina dei Galácticos che Florentino Pérez stava formando. All’interno della squadra però si formarono dei problemi di spogliatoio non indifferenti. Da una parte c’erano i “Zidanes“, ovvero i grandi campioni stranieri con ricchissimi contratti, mentre dall’altra c’erano i “Pavones“, quei ragazzini cresciuti dal vivaio e che continuavano ad avere stipendi ampiamente inferiori. Questo portò Zinédine a vivere momenti altalenanti a Madrid, non riuscendo più a trovare una grande continuità di rendimento. In Liga segnò uno dei gol più belli della carriera in una sfida interna contro il Deportivo la Coruña dove danzò sulla palla al limite dell’area e appena dentro con il sinistro trafisse Molina. In campionato i Blancos si fermarono al terzo posto, ma era la Champions League l’ambito traguardo. Alla carriera del francese inoltre mancava solo quel trionfo e nei momenti decisivi fu straordinario. Nella semifinale contro il Barcellona segnò un pregevole gol con un pallonetto al Camp Nou che garantì la finale di Glasgow contro il Bayer Leverkusen. I tedeschi furono avversario difficile e dopo l’iniziale vantaggio di Raúl fu Lúcio a pareggiare la contesa. Il primo tempo stava per scadere quando Solari lanciò sulla fascia Roberto Carlos che in qualche modo riuscì a crossare verso il limite dell’area. Lì appostato c’era il numero cinque madridista che si coordinó alla perfezione e di collo sinistro realizzò il 2-1 che valse la Champions League. Uno dei gol più belli di sempre nella storia delle finali di questo torneo. Zinédine era riuscito a vincere da primo attore anche l’unico titolo che ancora gli mancava e passati i trent’anni iniziò un lento declino.
Nell’estate del 2002 si fece male poco prima dell’avventura Mondiale in Corea del Sud e Giappone e saltò le prime due partite contro Senegal e Uruguay. I campioni del mondo in carica però si complicarono dannatamente la vita e nella terza gara contro la Danimarca venne messo in campo, ma la forma non era certo delle migliori e la sconfitta fu fatale. Tornato dalla triste avventura asiatica si gettò a capofitto sulla Liga e con nove reti dimostrò di essere ancora un nome di primo livello e il Real vinse il campionato. Dalla stagione successiva però iniziarono i problemi dalle parti del Bernabéu con lo spogliatoio che divenne sempre più incandescente e invivibile, tanto che i Galácticos non riuscirono più a vincere nulla nei successivi tre anni del francese. Con la nazionale si esaltò a Euro 2004 quando nel recupero ribaltò da solo la sfida inaugurale con l’Inghilterra con una perfetta punizione e un rigore, ma la sorprendente Grecia eliminò i Galletti ai quarti. Nel 2006 iniziò a sentire più volte i tifosi del Real fischiarlo per le prestazioni deludenti e così decise che il Mondiale in Germania sarebbe stato il suo torneo d’addio. Allenata da Domenech la Francia sembrava spaesata in campo e contro Svizzera e Corea del Sud arrivarono due deludenti pareggi. Zizou si fece ammonire in entrambe le occasioni e quando venne sostituito da Domenech contro gli asiatici per molti quella sarebbe stata la sua ultima immagine da calciatore. I suoi compagni riuscirono però a battere il Togo e a passare il turno, ma contro la Spagna agli ottavi le Furie Rosse erano nettamente favorite. Nessuno si stupì quindi quando Villa segnò l’1-0 iberico, ma a fine primo tempo fu Ribéry a trovare il pareggio. Si arrivò a fine ripresa ancora sull’1-1, fino a quando Zidane non pennellò una punizione sulla testa di Vieira e nell’ultima azione sprigionò il suo genio. Si allungò la palla con uno stop di ginocchio, aspettò l’arrivo di Puyol che venne saltato in maniera secca e incrociò spiazzando Casillas per il 3-1 definitivo. Il calcio aveva ancora bisogno delle sue magie e il concetto venne ribadito nei quarti col Brasile. Sembrava di assistere al torero che faceva ammattire il toro con il numero dieci che inventò calcio, senza che i Verdeoro potessero contrastarlo. Da una sua punizione la sfera arrivò verso Henry che di piatto segnò il gol della vittoria. In semifinale con il Portogallo si prese la responsabilità del rigore della qualificazione, come già aveva fatto sei prima contro i lusitani e come allora l’ultimo atto fu contro l’Italia. Fu una finale emozionantissima che si sbloccò dopo pochi minuti con Malouda che astutamente si guadagnò un calcio di rigore e dal dischetto andò Zizou. Il suo cucchiaio sbattè contro la traversa, entrò in porta e uscì, ma l’arbitro aveva visto tutto e la Francia passò in vantaggio. A ristabilire la parità fu Marco Materazzi che trovò il pareggio mandando così la sfida ai supplementari. Zinédine ebbe la grandissima occasione della vittoria quando si inserì in una distratta difesa Azzurra e di testa deviò a botta sicura un cross di Sagnol, ma Buffon compì una prodezza eccezionale e sventò la minaccia. La sfida si stava avviando ai rigori quando a un certo punto Materazzi cadde a terra e nessuno capiva cosa fosse successo. Le telecamere lo inchiodarono e la sua testata al petto dell’interista fu il sua ultimo e dolorosissimo scatto di isteria della carriera. Venne espulso e se ne andò senza dire niente, passando vicino alla Coppa del Mondo che avrebbe definitivamente perso pochi minuti dopo. Il 9 luglio 2006 finì una delle carriere più straordinarie che il calcio ricordi.
La classe e l’eleganza fatta a calciatore, l’amore per l’assist e per la giocata, il dribbling beffardo ma mai dato solo per lo spettacolo. È stato uno dei più grandi della storia, segnando nel bene e nel male questo meraviglioso sport che ha avuto l’onore di essere arricchito da Zinédine Zidane.

Francesco Domenighini

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