Una vera e propria forza della natura, un giocatore capace di abbinare a un’ottima tecnica una voglia e una determinazione rara. Il tiro da fuori area era il suo cavallo di battaglia con il quale è riuscito a risolvere tante partite che sembravano non potersi sbloccare. È stato uno dei Palloni d’oro più discussi e sicuramente ha ottenuto un premio mai vinto da suoi colleghi probabilmente più dotati, ma nel 2003 pochi in Europa hanno dimostrato di essere decisivi e devastanti come Pavel Nedvěd.
Nacque a Cheb nella parte più occidentale dell’allora Cecoslovacchia al confine con la Germania Ovest e si trovava quasi a essere il punto di svolta tra la fine del mondo comunista sovietico e l’inizio di quello capitalista occidentale. Fin da ragazzino manifestò la sua enorme passione per il calcio e girò varie squadre a livello giovanile prima di passare nella Capitale per vestire la maglia del Dukla Praga. Con i giallorossi giocò il suo primo campionato tra i professionisti imponendosi subito come titolare e come uomo fondamentale per la salvezza. Ironia della sorta la squadra dell’esercito riuscì a restare in prima divisione grazie al misero punto in più ottenuto proprio sull’Union Cheb. I tre gol realizzati nella sua prima annata lo avevano portato alla ribalta e dopo un solo anno tra i grandi passò al ben più ambizioso Sparta. Il 1992-93 fu l’ultimo torneo cecoslovacco della storia e furono proprio Pavel e compagni ad aggiudicarselo, ma il suo ruolo fu di prima riserva. Con la nascita della Repubblica Ceca indipendente anche i Granata avevano bisogno di novità e così, nel primo campionato ceco della storia, non sedette più in panchina Dušan Uhrin ma lo slovacco Karol Dobiaš. Il cambio di allenatore fece bene a Nedvěd che divenne titolare e nella sua seconda annata riuscì a realizzare le sue primi reti e per due anni consecutivi vinse il campionato. Queste annate lo portarono nel giro della nazionale e debuttò a Dublino contro l’Irlanda nel giugno del 1994, ma fu solo un anno dopo che scese in campo per la seconda presenza diventando una colonna della squadra. Il 1995-96 fu a livello personale quello decisivo per la sua ascesa dove andò a segno per ben quattordici volte, un record in un singolo campionato e trovò anche i suoi primi gol europei risultando decisivo contro il Galatasaray. A fine anno il titolo però venne sottratto dai rivali cittadini dello Slavia ma Pavel si rifece nella finale di Coppa di Repubblica Ceca dove lo Sparta dominò la sorpresa Petra Drnovice e il ragazzo di Cheb segnò una doppietta. Del suo passaggio in un campionato più prestigioso si stava già iniziando a parlare insistentemente ma prima c’era l’Europeo. La debuttante nazionale si ritrovò in un girone infernale con Russia, Italia e Germania praticamente certa di essere subita eliminata. Nedvěd venne schierato come titolare e dopo l’iniziale sconfitta contro i tedeschi fu lui a realizzare dopo soli quattro minuti il vantaggio ceco contro gli Azzurri con un bel tocco d’esterno a tu per tu con Peruzzi. La vittoria per 2-1 fu decisiva per il passaggio del turno ma nella gara contro la Russia venne ammonito e fu costretto a saltare il quarto di finale contro il Protogallo. Fu la prima di una serie di ammonizioni e squalifiche che ne segnò la carriera. Per sua fortuna la squadra eliminò i lusitani e in semifinale contro la Francia venne nominato migliore in campo e fu lui a realizzare il secondo calcio di rigore contribuendo alla qualificazione a una storica e inaspettata finale ancora una volta contro il Mannschaft. Nel 1976 la Cecoslovacchia unita era riuscita a battere la Germania Ovest ma vent’anni dopo i tedeschi uniti riuscirono a battere i cechi divisi. A decidere la gara di Wembley fu il Golden Goal di Oliver Bierhoff e Pavel fu costretto ad accontentarsi di un altro secondo posto.
Il torneo però lo aveva elevato a stella del calcio continentale e fu proprio la nazione alla quale aveva segnato a dargli la grande opportunità di mettersi in mostra. Fu l’ambiziosa Lazio di Cragnotti ad acquistarlo e non sentì più di tanto il passaggio in un campionato molto più difficile e tattico come la Serie A anche grazie alla presenza del connazionale Zeman. A farlo esplodere definitivamente fu però il campionato 1997-98 dove concluse il torneo segnando undici reti, non riuscirà mai più ad arrivare in doppia cifra. A fine anno arrivò anche il primo titolo italiano con la vittoria della Coppa Italia e grazie questo successo potè disputare la Supercoppa contro la Juventus. Nella sfida a gara unica a Torino il ceco giocò una partita sensazionale e segnò lo 0-1 con un grande esterno destro al volo dopo un delizioso colpo di tacco di Mancini e i biancocelesti vinsero per 1-2. Nella terza annata però un grave infortunio lo allontanò per vari mesi dal campo ma fece in tempo a tornare per la più magica notte di sempre della storia laziale. Dopo un campionato dominato e buttato nelle ultime giornate la squadra doveva rifarsi in campo europeo e a Birmingham si giocò la finale dell’ulima Coppa delle Coppe di sempre contro il Maiorca. Pronti via e Vieri segnò una magnifica rete di testa, ma Dani trovò il pareggio per gli spagnoli e la sfida sembrava destinata a supplementari. A pochi minuti dal termine il bomber della Nazionale lottò come un leone al limite dell’area e da un palla vagante si presentò Nedvěd che calciò al volo di destro all’angolino battendo Roa per il definitivo 2-1. Una partita indimenticabile per il tutto il popolo aquilotto e soprattutto per la “Furia Ceca” che era diventato un idolo.
Ad agosto arrivò anche il bis europeo con la vittoria a Montecarlo della Supercoppa contro il Manchester United, ma il meglio era dietro l’angolo. La Lazio dopo aver regalato lo Scudetto l’anno precedente al Milan visse una straordinaria stagione terminata con una pazzesca rimonta ai danni della Juventus che la portò a vincere il suo campionato italiano. In città fu il delirio e Pavel fu uno degli uomini decisi di quel successo risultando decisivo con un di gol rapina nella vittoria sulla Roma nel derby di ritorno. A completare una stagione esaltante arrivò anche un’altra vittoria in Coppa Italia ai danni dell’Inter e il ceco segnò la rete del pareggio nella gara d’andata prima che Simeone realizzasse il gol vittoria. Nell’estate 2000 visse però la delusione di un Europeo al di sotto delle aspettative per lui e per tutta la Repubblica Ceca che venne eliminata al girone, ma si rifece vincendo la Supercoppa Italiana ad agosto ancora contro i nerazzurri. Nella Capitale giocò ancora una stagione anche perché i problemi economici della squadra iniziavano a essere sempre più evidenti. Luciano Moggi individuò in lui l’uomo giusto per sostituire niente meno che Zinedine Zidane passato al Real Madrid e dal 2001 iniziò una fantastica storia d’amore con la Juventus.
Gli inizi in bianconero però furono tutt’altro che semplici con Lippi che lo piazzò sulla fascia sinistra con il compito di rientrare per calciare ma il rendimento non era dei più convincenti. La stampa si iniziò a interrogare sul perché sostituire un fenomeno come il francese con un giocatore ormai giunto a trent’anni che aveva fatto del dinamismo la sua arma vincente. Il tecnico toscano trovò la soluzione spostando il ceco nel ruolo di trequartista dietro a Del Piero e Trezeguet e la storia cambiò. La Vecchia Signora vinse lo Scudetto grazie a una grande rimonta sull’Inter e Pavel risultò decisivo in una delle ultime giornate quando a Piacenza pescò il jolly con uno strepitoso sinistro all’incrocio a tempo quasi scaduto regalando così una vittoria che alla fine risultò decisiva. La nuova posizione piacque molto a Nedvěd tanto che nella stagione successiva, prese ormai le misure con le nuove mansioni, risultò devastante soprattutto nel girone di ritorno. In Serie A segnò uno strepitoso gol da fuori area nella gara Scudetto contro l’Inter, ma fu in Champions League che fece vedere le cose migliori. Nei quarti di finale segnò al Camp Nou contro il Barcellona con un destro rientrando dalla sinistra e in semifinale ci fu il suo capolavoro. La Juventus giocò contro il Real Madrid probabilmente la sua miglior gara di sempre a livello internazionale e dopo i gol della coppa gol Trezeguet-Del Piero arrivò la consacrazione del ceco. Da un lancio di Zambrotta si infilò tra Salgado e Hierro e al volo dal limite dell’area freddò un incolpevole Casillas. Il 3-0 stava regalando la finale di Champions ai bianconeri e tutto stava andando nel migliore dei modi, ma l’enfasi agonistica prevalse sulla razionalità e uno sciocco fallo a centrocampo su McManaman gli costò il cartellino giallo ed essendo in diffida saltò la finale. Non bastarono le lacrime per impietosire lo svizzero Urs Meier e l’ammonizione fu uno schiaffo in faccia a tutta la Vecchia Signora che senza il suo uomo più in forma perse contro il Milan la finale. Nonostante questa caduta inattesa France Football decise comunque di assegnargli il riconoscimento di miglior giocatore d’Europa con centonovanta voti contro i centoventotto di Henry e i centoventitre di Maldini.
Non si rivide più il Nedvěd di quell’annata e il 2003 proseguì anche con la rete più bella mai segnata in carriera con una pazzesca semirovesciata a Torino contro il Brescia. Dopo aver vinto il premio, e averlo festeggiato con un fantastico gol contro il Perugia, iniziò la sua fase calante. Il suo obbiettivo era togliersi una soddisfazione con la nazionale e sembrò riuscirci nel 2004 quando la Repubblica Ceca mostrò il miglior calcio del continente trascinata dal proprio Capitano. Quando ormai la finale era a un passo, ed erano state sconfitte corazzate come Olanda e Germania, ecco che arrivò la sconfitta inaspettata contro la Grecia ai tempi supplementari che lo portò alla decisione di abbandonare la nazionale. Cambiò idea un anno dopo quando la squadra era impegnata nei playoff di qualificazione al Mondiale e, anche grazie all’aiuto di Pavel, si qualificò per la prima volta come nazione indipendente. Intanto con la Juventus stava vivendo anni particolari, dove la squadra vinceva, anche se i titoli verranno poi revocati, ma il ceco non riusciva più a essere quell’uomo determinante. Sembrava essere sempre più nervoso e la prova più lampante avvenne nel quarto di finale di Champions League contro l’Arsenal dove rimediò una inutile espulsione. La sua testa era proiettata per il suo primo Mondiale e dopo aver vinto la gara inaugurale contro gli Stati Uniti arrivò l’inattesa sconfitta contro il Ghana e il tutto si sarebbe deciso ancora una volta contro l’Italia, come dieci anni prima in Inghilterra. Nedvěd provò in tutti i modi a segnare ma tra lui e il gol ci furono sempre le manone del compagno e amico Buffon e grazie alle reti di Materazzi e Inzaghi furono gli Azzurri a passare il turno. Tornato dalla competizione dovette fare i conti anche lui con il ciclone Calciopoli, ma arrivato a trentaquattro anni decise di rimanere in bianconero anche in Serie B. Contribuì all’immediata promozione e ai primi due anni di ricostruzione in Serie A sotto la guida di Ranieri e nel 2009 decise di chiudere con il calcio. Fu un momento molto toccante anche perché il destino si divertì ancora una volta a essere beffardo e la sua gara d’addio fu la partita che più di tutte aveva rappresentato i suoi tredici anni di Serie A: Juventus-Lazio.
Forza fisica, grinta, scatto bruciante e potenza nel tiro come in pochi hanno avuto. Vero leader e uomo squadra, capace di rialzarsi anche nei momenti più difficili, un campione amato ovunque abbia giocato per classe e furia agonistica, la “Furia Ceca” Pavel Nedvěd.
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