Il grande artista del doppio passo e del dribbling, l’ultima ala dei tempi moderni che faceva dell’assist e del cross il suo stile e la sua ragione di vita. Il primo Pallone d’oro del nuovo millennio e l’unico grande campione che è riuscito a mettere d’accordo tutti nonostante un’annata senza trofei. Luís Figo è stato un piacere per gli occhi per tutti gli amanti del calcio e anche negli ultimi anni di carriera si è riscoperto un sopraffino trequartista perché quando il fisico non riesce più a essere quello di una volta, la classe resta sempre cristallina.
Il primo grande numero sette del Portogallo nacque ad Almada nel 1972 e venne notato fin dalla più giovane età dallo Sportng Lisbona che lo portò tra le sue fila quando aveva solo tredici anni. Le qualità del ragazzo erano evidenti per tutti tanto che il tecnico Manuel José decise di farlo debuttare in prima squadra già a diciassette anni, nel finale della stagione 1989-90. Luís era facilmente riconoscibile anche dalla chioma riccioluta e mora molto folta, ma le tre presenze di quel campionato furono solo un assaggio prima del vero inizio due anni dopo.
La stagione 1991 iniziò molto presto con con Figo che assieme a grandi giocatori come Rui Costa e João Pinto portò la nazionale Under 20 a vincere il Mondiale di categoria e in finale fu un momento magico. Il torneo si giocò proprio in terra lusitana e davanti a oltre centomila tifosi i ragazzi di Queiroz vinsero ai calci di rigore, il terzo realizzato proprio dal Paso Doble, contro il Brasile. Sembrava l’inizio di una grande storia per questa nazionale, ma l’inesperienza fece sì che prima l’Olanda per Euro ’92 e poi Italia e Svizzera per Usa ’94 negarono la partecipazione alla “Seleçao das Quinas” a grandi tornei internazionali. Intanto Luís era diventato il giocatore più apprezzato di tutto il campionato portoghese e la sua classe era talmente superiore al resto degli avversari che ci si dimenticò della sua scarsa vena realizzativa. Qualcosa cambiò dopo che concluse il campionato 1992-93 senza reti e nelle successive due annate trovò quindici centri, ma nel 1995 era tempo di lasciare la sua patria.
In Italia partì la FigoMania dopo che nella Coppa Uefa dell’anno precedente disputò una grandissima gara contro il Real Madrid e a seguito dell’Europeo Under 21 1994 dove venne nominato miglior giocatore del torneo, anche se nella finale di Montpellier vinsero ai supplementari proprio gli Azzurrini, e a contenderselo furono Juventus e Parma. A ottobre 1994 firmò un precontratto con i bianconeri, ma lo sciolse con una lettera e a febbraio si accordò con i gialloblu. La Lega calcio però rietenne irregolari entrambi i contratti e annullò il tutto e a esultare per questa situaizone fu il Barcellona. Furono i catalani ad assicurarsi le prestazioni del portoghese e fu il primo grande acquisto dei blaugrana prima di iniziare un grande periodo di successi. Luís divenne immediatamente un idolo della tifoseria e nel 1996-97 si vide grande calcio dalle parti del Camp Nou. Assieme a Ronaldo, Stoichkov e Luis Enrique formò un attacco strepitoso e se la Liga sfuggì per soli due punti le Coppe diedero grandi soddisfazioni. A livello internazionale arrivò il successo in Coppa delle Coppe contro il Paris Saint Germain ma il Paso Doble fu fantastico in Copa del Rey. Nella finale del Santiago Bernabéu i catalani affrontarono il Betis Siviglia in una fantastica finale e nonostante i biancoverdi passarono due volte in vantaggio fu il numero sette a decidere la sfida. Prima pareggiò a fine primo tempo con un magnifico destro da fuori e nei tempi supplementari iniziò da campione l’azione prima di concluderla da vero bomber con un tocco ravvicinato segnando il definitivo 3-2.
Nella stagione successiva il Fenomeno passò all’Inter ma in Catalogna arrivò Rivaldo e con Figo trovò un’intesa fantastica. Per due stagioni consecutive il titolo venne alzato dai balugrana e Luís fu meraviglioso nel clásico del Camp Nou del 1997-98. Il Barça vinse per 3-0 e Figo giocò una partita strepitosa segnando un magnifico gol di sinistro da posizione molto defilata e quello fu il sigillo perfetto per una stagione da incorniciare ma che purtroppo lo vide ancora lontano dal Mondiale.
Dopo due vittorie in Liga e aver ottenuto la fascia da capitano al braccio visse l’inizio del millennio in maniera pazzesca. In stagione segnò quattordici reti, suo record personale eguagliato solo cinque anni dopo, e fu in Champions League che diede il meglio di sé. Nei quarti di finale contro il Chelsea segnò a Londra la rete della speranza nel 3-1 dei Blues, ma il capolavoro lo compì al ritorno. Dopo il vantaggio di Rivaldo fu il lusitano a completare la rimonta con un fantastico sinistro a giro all’angolino. Nella ripresa fu Flo a riportare gli inglesi in semifinale ma un assist di Figo permise a Dani Garcia di pareggiare completamente la contesa. Nei supplementari fu il portoghese a guadagnarsi il rigore che Rivaldo trasformò per il 4-1 e Patrick Kluivert concluse la gara sul 5-1. Un momento magico per Luís che però non portò a nessun titolo perché in semifinale fu il Real Madrid a eliminare i Blaugrana.
Il 2000 però era anche l’anno di quello che probabilmente risulta essere il più bell’Europeo della storia. Inserito in un girone infernale con Inghilterra, Germania e Romania il Portogallo veniva considerato come una mina vagante capace di poter vincere ma anche perdere con chiunque. La prima gara ad Eindhoven venne disputata contro la nazionale dei Tre Leoni e la contesa iniziò come peggio non poteva. Scholes e McManaman sembravano già aver chiuso il discorso dopo soli diciotto minuti, ma a rialzare una squadra demoralizzata ci pensò l’uomo migliore della squadra. Figo prese palla dalla trequarti e scagliò un terrificante destro all’incrocio dei pali che lasciò di sasso Seman e fu l’inizio di una fantastica rimonta completata dalle reti di João Pinto e Nuno Gomes. Una rete nel recupero di Costinha contro la Romania, su assist del numero sette, e una tripletta di Sergio Conceiçao contro la Germania fecero dominare il girone ai ragazzi di Coelho. Nei quarti di finale ecco un’altra pazzesca prestazione del ragazzo di Almada. Contro la rivelazione Turchia il tabellino finale segna 2-0 per i lusitani con doppietta di Nuno Gomes, ma il centravanti della Fiorentina dovette ringraziare il fenomeno sulla destra. Prima mise un perfetto cross per l’1-0 e per il raddoppio saltò in maniera talmente netta Hakan Ünsal che quest’ultimo cadde a terra e il passaggio al centro dell’area un dolce omaggio da scartare per il numero ventuno. La semifinale avrebbe visto uno contro l’altro i due giocatori più forti del mondo, Luís Figo contro Zinedine Zidane, Portogallo contro Francia. A Bruxelles fu ancora Nuno Gomes a segnare la rete del vantaggio, ma a inizo ripresa Henry pareggiò la sfida e a tre minuti dallo scadere dei supplementari un rigore di Zizou mandò i Galletti in finale proiettandoli al loro secondo titolo continentale. Una delusione enorme per il Paso Doble, il crollo di un fenomeno e queste delusioni lo portarono a una clamorosa decisione.
A luglio lasciò il Barcellona dove era diventato simbolo e capitano per andare ai rivali storici del Real Madrid. Un affronto imperdonabile dalle parti del Camp Nou e da idolo divenne il giocatore più detestato. Per un suo ritorno in Catalogna per un clásico gli venne addirittura lanciata una testa di maiale, vicenda che rischiò di far chiudere per svariate partite il campo ai catalani. L’anno fu quindi di grandi alti personali, ma molti bassi a livello di squadra, ma il Pallone d’oro è un premio singolo e France Football fece uno strappo alla regola. I centonovantasette voti finali furono sufficienti per staccare proprio Zidane, che si fermò a centottantuno, e Shevchenko, molto più lontano a ottatacinque.
Il suo approdo nella Capitale spagnola non era però un qualcosa di casuale perché Florentino Pérez aveva in mente di formare una squadra invincibile di Galácticos e il portoghese fu il primo di questa lista. Arrivarono in successione poi Zidane, Ronaldo e Beckham che assieme al madridista doc Raúl formarono uno degli attacchi più straordinari della storia del calcio. Le figurine però non sempre rendono come dovrebbero, o almeno se messe tutte assieme. Il primo anno con i Blancos fu senza dubbio il migliore per il portoghese dove trascinò a suon di assist la squadra al successo in Liga e a fine anno vinse il Fifa Wolrd Player, mentre nell’anno successivo riuscì ad alzare al cielo la sua prima Champions League. Nel 2002 ci fu il suo primo Mondiale ma quello in Corea del Sud e Giappone fu un momento da dimenticare con il Portogallo che uscì ai gironi contro i padroni di casa sudcoreani e gli Stati Uniti.
Con l’arrivo di tanti altri fenomeni Figo però capì che il Real non era il Barcellona e qui era solo uno dei tanti fenomeni. Non che in Catalogna mancassero o che a Madrid non espresse il suo fantastico talento, ma forse non venne mai apprezza realmente a dovere, anche perché alla Casa Blanca vogliono vedere caterve di gol e per il portoghese non fu mai una priorità. Nel 2002-03 riuscì a stabilire il suo record di gol in un solo campionato con dieci centri, unico anno in doppia cifra e vinse la sua ultima Liga prima che il Real entrasse in un tunnel di anarchia nello spogliatoio. Intanto il 2004 fu l’anno del Europeo in casa e la voglia di ripetere quello che accadde con il Mondiale Under 20 nel 1991 era tanta e Figo divenne capitano dalla seconda partita contro la Russia. Sulla fascia destra doveva alternarsi con un giovane diciannovenne di belle speranze e che il mondo lo vedeva già come suo erede, Cristiano Ronaldo. Fu proprio con Scolari che imparò a giocare da trequartista, abbassando parecchio i propri ritmi ma pennellando calcio. La squadra arrivò in finale facendo vedere anche un buon calcio ma nell’ultimo atto di Lisbona fu la Grecia ad alzare il trofeo.
Nel 2005 lasciò il Real e la Spagna e con dieci anni di ritardo approdò in Italia e fu l’Inter a volerlo con sé. Roberto Mancini lo utilizzò con costanza nel ruolo di trequartista dietro alle punte e per tre anni visse una seconda giovinezza. Dopo i primi mesi di adattamento divenne l’uomo in più dei nerazzurri con i quali vinse quattro campionati in altrettante stagioni e nel gennaio del 2007 rifiutò all’ultimo momento un ricchissimo contratto dall’Al Ittihad dopo che notò della rivolta del popolo interista quando le voci di un suo possibile addio si facevano sempre più concrete.
Fece in tempo anche a vivere un’altra grande estate con il Portogallo e al Mondiale del 2006 non dimostrò i suoi trentaquattro anni, risultando devastante, come in occasione del gol di Pauleta contro l’Angola, ma in semifinale mancò l’occasione della vita. Ancora una volta sulla strada dei lusitani verso la finale ci fu la Francia di Zidane e ancora un rigore del numero dieci risultò decisivo ma nel finale di partita ecco la grande occasione del pareggio. Su una punizione di Cristiano Ronaldo ci fu una corta respinta di Barthez e Luís fu il più rapido ad andare sulla palla ma il suo colpo di testa fu debole e andò alto sopra la traversa. La gara di consolazione contro la Germania per il terzo posto fu il suo canto d’addio alla nazionale concluso ancora con un perfetto cross al bacio per un gol di Nuno Gomes. Chiuse definitivamente nel maggio 2009 in un Inter-Atalanta quando tutto San Siro gli tributò un’ovazione che solo ai miti può essere concessa.
Un giocatore che ci ha fatto capire quanto possa essere emozionante un cross o un assist, un’ala amante del dribbling come probabilmente non si è più vista nel calcio, il doppio passo come marchio di fabbrica, il marchio di fabbrica di Luís Figo.
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