Stoccolma, calcisticamente, è compartimentata. Se la zona a sud è monopolio dell’Hammarby, e infatti il nome Söder assomiglia molto all’italiano “sud” e identifica incontrovertibilmente il club biancoverde, quella centro-settentrionale è patrimonio ufficiosamente esclusivo dell’AIK. I gialloneri sono il Solnaklub, quelli che di domenica affollano la bellissima Friends Arena e celebrano il centralissimo Biblioteksgatan, nel distretto di Norrmalm, dove nel 1885 veniva ospitata la Biblioteca Reale e, al numero 8, nel 1891 veniva alla luce la primissima squadra facente parte di Stoccolma. Sebbene ci troviamo a Solna, per loro è quello il centro della capitale, fattore che ancora oggi rivendicano fieramente in contrapposizione ai tifosi del Djurgården. E così il Tvillingderbyt, “derby dei gemelli”, consiste in litri di zizzania versata su Stoccolma il giorno in cui v’è la stracittadina, vantando ciascuno la predominanza nella capitale.
Oltre che sul campo, la loro è una battaglia culturale. Quelli del Djurgården ritengono che il centro di Stoccolma consista nell’Östermalm, dunque la zona orientale del cuore della capitale, mentre all’AIK rifuggono seccamente tale presa di posizione sostenendo invece di provenire loro dal centro città, spostato geograficamente più a nord. Curioso, poi, che il gruppo dei tifosi gialloneri sia definito Gnagare, quindi sostenitori dello Gnaget, che in svedese è il topo. I motivi delle sembianze da roditore prestate all’AIK sono i più disparati: principalmente si ritiene che sia dovuto alle maglie di color nero, secondo una teoria che farebbe risalire agli anni Venti l’origine del nomignolo. Allora il Solnaklub non era ancora troppo famoso e solo gli atleti – oltre a una ristretta schiera dirigenziale – potevano risultare iscritti. Chiaramente il ridotto numero di membro diede origine a un budget significativamente limitato, tanto che pare non vi fossero abbastanza soldi per acquistare troppo spesso delle nuove casacche. Dall’usura degli indumenti, che dopo ogni lavaggio perdevano progressivamente la loro tinta, ecco il soprannome di Gnaget. Ma c’è anche ci sostiene che, nella stagione 1928/29, l’AIK avesse costruito la sua salvezza “rosicchiando” pareggi in fila, guadagnandosi la permanenza in Allsvenskan proprio grazie ai morsi tipici dei roditori, passo dopo passo, punticino dopo punticino. La prima volta in cui il termine “gnaget” è stato impiegato per indicare i gialloneri avvenne nel 1914, quando il quotidiano sportivo Nordiska Idrottslif, il primo di Stoccolma, in una cronaca si lasciò scappare il soprannome. Si tende a ritenere attendibile la fonte, visto che cronologicamente avviene prima delle altre ipotesi. La diffusione del nomignolo fu poi avvantaggiata dal fatto che, a partire dal 1929, l’AIK cominciò a comprare calciatori da altre squadre anziché formarne solo dalle giovanili: dopo averne acquistati alcuni dal Karlbergs BK, il tifoso del suddetto club Axel Hamberg creò l’”AIK-hatets vänner“, “gli amici del cappello dell’AIK“, un club che forniva ai soci un cappello con sopra impresso un topo.
Sebbene tra il vecchio Råsunda e l’attuale Friends Arena ci sia più o meno un chilometro e mezzo di distanza, l’epicentro dell’AIK corrisponde grossomodo alla zona nord-est di Stoccolma, secondo il tracciato della metro cittadina. Il campo d’allenamento del club, l’IP Skytteholms, si trova più a sud di 2 km rispetto alla Friends Arena, percorso che in caso di stracittadina viene spesso battuto dagli Smokinglirarna, l’esercito nero, nome con cui si identificano gli Allmänna Supporterklubben dal 2002, precedentemente noti come Black Army, a loro volta noti tra anni Ottanta e Novanta per le loro imprese da ultras e le prime pagine spesso colonizzate sui giornali di tutta la Svezia. Oggi sono famosi per la loro intonazione dialettale di “Å vi é AIK”, “Noi siamo l’AIK” e nell’aprile 2017, per protesta contro il governo svedese che aveva appena vietato il passamontagna, indossarono il niqab. La legge infatti non impediva di indossare indumenti religiosi, cavillo di cui approfittarono presentandosi dunque a volto coperto allo stadio: “Se non sono gradite persone con il volto coperto, perché la regola non deve valere per tutti?”.
“Una sera, io e mio fratello Paul camminavamo abbastanza in fretta sull’Hantverkargatan. Dietro di noi erano arrivati altri due giovani, cercarono di sorpassarci, noi aumentammo la velocità e loro fecero lo stesso. Dovemmo impegnarci per non farli passare e mi resi conto che avremmo potuto correre dalla stessa parte. Perché non formare un club? Radunammo un gruppo di amici cui piaceva lo sport, a casa di mia madre, al numero 8 di Biblioteksgatan, a Norrmalm. Dovevamo formare questo club, io lo proposi e tutti concordarono. Siglai il tutto con una matita, ma c’erano tante varianti sul nome: visto che concordammo sul praticare vari sport, ci chiamammo Allmänna Idrottsklubben Fotboll, AIK“. – Isidor Behrens, fondatore del club
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