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Lars Stindl, il giocatore più sottovalutato del Borussia Mönchengladbach

Thuram, Pléa, Elvedi, Ginter, Sommer. Quando si parla del Borussia Mönchengladbach, questi sono i giocatori che vengono considerati più importanti per gli schemi di Marco Rose. In pochissimi, invece, penserebbero al capitano dei Fohlen, Lars Stindl.

Il suo talento infatti non è dei più sfavillanti, e per sue qualità fisiche ed atletiche non può sicuramente essere paragonato a Thuram. Eppure il trequartista tedesco è praticamente imprescindibile per l’ex allenatore del Salisburgo, che in questa prima parte di stagione non ci ha mai rinunciato, con Stindl che ha ricambiato la sua fiducia realizzando 5 gol (4 in Bundesliga, 1 in Champions) e dimostrando di essere un giocatore tanto importante quanto sottovalutato.

Nato a Speyer ma cresciuto calcisticamente nel Karlsruhe, una delle grandi decadute del calcio tedesco, Stindl si è affermato sin da giovane come uno dei giocatori più interessanti del calcio tedesco, arrivando ad esordire con la prima squadra del Karlsruhe il 15 marzo del 2008, nella partita contro il Francoforte, terminata 1-0 per le Aquile. Nella complicatissima stagione successiva l’allenatore Edmund Backer decise di affidargli una maglia da titolare, per cercare di salvare un Karlsruhe in piena crisi: Stindl colse l’occasione al volo e pur mettendo in campo tutta la sua qualità e tutto il suo talento non riuscì a salvare la propria squadra, che sprofondò in Zweite Liga.

Al talentuoso e giovane Stindl si interessarono alcuni dei principali club tedeschi, ma lui decise di scendere di categoria con la squadra che lo aveva fatto esordire fra i professionisti, rinnegando questa scelta dopo nemmeno una stagione, quando arrivò l’irrinunciabile chiamata di un Hannover che sogna l’Europa League. Qui avvenne la prima evoluzione della carriera di Stindl: Slomka, infatti, decise di arretrarlo in mediana per valorizzare la sua eccellente visione di gioco e renderlo il perno inamovibile di un centrocampo che riuscì a centrare un insperato quarto posto, che valse ai Roten la qualificazione in Europa League. Negli anni successivi il tedesco si affermò come uno dei centrocampisti più costanti di tutta la Bundesliga, ma il suo talento, prima evidente, cominciò lentamente a “nascondersi”, fino a che nel 2014 non arrivò sulla panchina dell’Hannover Tayfun Korkut, che lo spostò sulla trequarti. Pur limitato dagli infortuni, Stindl non deluse le aspettative e riuscì a realizzare ben 10 gol, andando in doppia cifra per la prima volta in carriera.

A 27 anni, forse, era arrivato il momento di spiccare il volo. Il Borussia Mönchengladbach, che lo aveva monitorato anche nelle stagioni precedenti, si fece avanti e riuscì a convincere l’Hannover con soli 3 milioni di euro. Con la maglia dei Fohlen, l’ex Karlsruhe continuò a segnare: nella prima stagione realizzò 14 gol e 15 assist in tutte le competizioni, nella seconda ne segnò ben 17, dopo aver ricevuto in estate anche la fascia di capitano. La stagione del club fu però deludente, con la squadra di Hecking (subentrato a Schubert) che non riuscì ad andare oltre ad un deludente nono posto. Stindl invece visse la stagione migliore della sua carriera non solo a livello numerico, ma soprattutto perché venne convocato da Löw per giocare la Confederations Cup, vinta dalla Germania proprio grazie ad un gol del trequartista classe 1988. Dopo un altro nono posto in campionato, la terza stagione della gestione Hecking è decisamente positiva per la squadra tedesca, che riesce a qualificarsi per l’Europa anche senza l’aiuto di Stindl, tormentato da problemi fisici. Ironia della sorte il capitano dei Fohlen si fratturò la tibia nella sfida contro la sua ex squadra, l’Hannover, e fu costretto a stare fuori per 6 lunghi mesi.

Con l’arrivo di Marco Rose però Stindl non ha perso il suo ruolo fondamentale all’interno della squadra, e anzi ha assunto un ruolo ancora più importante, che prescinde dalle sue ottime doti realizzative. Il classe 1988 è diventato infatti un giocatore molto più equilibrato (pur essendo stato spostato ancora più avanti), poco appariscente e a tratti quasi anonimo, che non eccelle nello scatto e nemmeno nel dribbling. Un’apparente involuzione, che però gli ha permesso di diventare una seconda punta capace di svariare con grande intelligenza su tutto il fronte d’attacco senza dare punti di riferimento alle difese avversarie. Un giocatore unico, ma incredibilmente sottovalutato, come se la semplice eleganza della sue giocate fosse un qualcosa di “vecchio”. Rose, però, non ci rinuncerebbe mai.

Federico Zamboni

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