La rinascita dell’Arsenal passa tutta dalle mani e dalla testa di Mikel Arteta. Alla fine della scorsa stagione i Gunners si erano ritrovati ottavi in campionato e fuori da tutte le coppe europee, una situazione complicata che sarebbe costata l’esonero a chiunque. Ma la dirigenza londinese ha aspettato e ha concesso ancora fiducia all’allievo di Pep Guardiola che finalmente ha dimostrato di saper applicare tutte le cose imparate come vice.
La sua squadra ha finalmente trovato una direzione: dopo la pesante sconfitta per 5-0 arrivata alla terza giornata contro il Manchester City, l’Arsenal ha rialzato prepotentemente la testa e ha trovato una lunghissima serie di successi tra Premier League e domestic cup he li ha portati al quinto posto in classifica, a +3 dal Manchester United e +4 dai grandi rivali del Tottenham che negli ultimi anni sono arrivati sempre più in alto dei Gunners. Arteta non ha utilizzato nessuna formula magica, ma ha messo in atto una rivoluzione frutto della pazienza e dello studio, senza badare troppo ai grandi investimenti di mercato fatti negli ultimi anni. Il suo Arsenal è imbattuto dal 28 agosto, una data diventata lo spartiacque decisivo di questa stagione.
Nelle prime tre partite in campionato erano arrivati 0 punti, ma poi la marcia dei Gunners è ripresa alla grande: 6 vittorie e appena 2 pareggi, 13 gol segnati e 4 subiti, niente di meglio per una squadra in netta ripresa che può sognare la Champions League. Il merito di Arteta sta nell’aver consegnato le chiavi del campo a tutti i suoi giovanissimi talenti, dopo aver perso le certezze di senatori come Aubameyang, Lacazette e Xhaka. E le nuove leve hanno ripagato pienamente la sua fiducia a cominciare da Emile Smith-Rowe, probabilmente il più brillante in casa Gunner: cresciuto a pane e Arsenal, adesso porta la numero 10 sulle spalle con sfrontatezza e personalità, caratteristiche che a soli 21 anni lo hanno già trasformato in un vero leader. In campo a molti ricorda Rosicky, uno dei giocatori che ha incantato Londra quando in panchina sedeva ancora Arsene Wenger.
Proprio come il ceco, anche Smith-Rowe sulla fascia sinistra è un vero tornado, imprevedibile ma anche affidabile quando gli viene chiesto di ristabilire l’equilibrio. In questo campionato è già stato protagonista con 4 gol e 2 assist in 11 presenze, numeri importantissimi per un giocatore che ha l’Arsenal nel suo destino. Ma non è da solo, perché Arteta ha puntato forte sulla linea verde, circondandosi di tanti giovani come il portiere Aaron Ramsdale, classe ’98 che in questa stagione è riuscito a togliere il posto a Bernd Leno conquistando 5 clean sheet, oppure Albert Lokonga, classe ’99 di scuola Anderlecht che è diventato ormai il punto fisso della mediana grazie alla sua fisicità e alla capacità di disegnare il gioco. Da non sottovalutare neanche il terzino Nuno Tavares, portoghese classe 2000 che si è preso lentamente la scena al posto di Kieran Tierney e dei centrali di difesa Gabriel e Ben White, due ventiquattrenni che formano una delle coppie difensive migliori di tutta la Premier League.
Serve invece un capitolo a parte per Bukayo Saka, forse il giocatore per il quale la cura Arteta ha fatto più effetto. Nell’ultima stagione era stato tra i grandi protagonisti, nonostante il rendimento a tratti deludente dell’Arsenal, tanto da guadagnarsi la chiamata di Gareth Southgate in nazionale. Poi, nella finale contro l’Italia, l’errore decisivo dal dischetto che lo ha portato al centro della polemica, creando una situazione difficile da gestire per un ragazzo appena ventenne. Con l’Arsenal è ritornato al centro del progetto, diventando a tutti gli effetti il compagno di scorribande di Smith-Rowe, con il quale ha condiviso tutta la trafila alle giovanili. La fascia destra è diventata di sua competenza e l’errore dell’estate sembra essere soltanto un brutto ricordo del passato che non ha influito sulla sua crescita.