Nel calcio italiano non c’è posto per i giovani. Dopo aver analizzato lo stato di salute del calcio Italiano, la FIGC va anche alla ricerca di soluzioni per riaprire un ciclo. Il calcio italiano, al netto della splendida eccezione legata alla vittoria degli Europei del 2021 che, alla luce dei recenti risultati, risulta ancora più evidente come frutto di un exploit straordinario e per certi versi irripetibile, attraversa il periodo più buio della sua storia. E per trovare la luce si è rivolta allo studio analitico del sistema: i risultati sono nel Report Calcio. Il verdetto è chiaro: occorre ripartire dal talento.
I numeri evidenziano come indispensabile, studiare percorsi atti a incentivare investimenti nei settori giovanili per valorizzare il percorso di crescita dei giovani talenti. Gli ottimi risultati ottenuti dalle Nazionali U 19 e 17 testimoniano il livello qualitativo dei giovani talenti italiani, ma il potenziale continua a non trovare spazio. La dispersione è confermata dai dati: nel 2022-2023 in Serie A il minutaggio degli Under 21 italiani, incide per appena il 2,8% del totale, rispetto al 31,6% degli Over 21 italiani e al 63% degli Over 21 stranieri. Nel ruolo di attaccante, i gol segnati da Under 21 italiani incidono per appena l’1%, quelli realizzati dagli Over 21 stranieri (71,3%). La Serie A inoltre rappresenta il terzultimo campionato in Europa per impiego di giocatori formati nei settori giovanili dei propri club di appartenenza. Hanno appena il 5,6% dei minuti giocati, meglio solo di Turchia e Grecia. Per capirsi, la Spagna campione d’Europa in carica si attesta al 19,3% e la Francia al 14,8%.
I numeri dicono che la Serie A non è un campionato per giovani: i calciatori italiani Under 21 impiegati in Serie A e nelle altre 4 Top League, con dati aggiornati al maggio 2024, sommano insieme quasi 63.000 minuti. Distacco significativo, rispetto ai 193.000’ dei talenti di nazionalità francese e agli 88.000 degli spagnoli. In Champions League il dato dei giocatori italiani è pari ad appena 422 minuti, rispetto ai circa 5.000 degli spagnoli, inglesi e tedeschi e ai quasi 7.000 dei francesi. Dati che devono, necessariamente, essere presi come spunti di discussione e analisi, con riferimento alle Nazionali di calcio e ai club. La Federazione, infatti, non può imporre chi far scendere in campo e neanche suggerire strategie. Lo studio tuttavia può e dovrebbe rappresentare un elemento di confronto in vista delle prossime elezioni della FIGC (fissate il prossimo 4 novembre) appuntamento trasformatosi in un crocevia fondamentale per lo sviluppo e l’evoluzione del calcio italiano improvvisamente arenatosi in un tunnel, dati alla mano, solo apparentemente senza via d’uscita.
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