L’addio di Sergio Ramos al Real Madrid è la fine a un pezzo di storia, la più importante di tutto il calcio spagnolo. L’era della Grande Spagna è cominciata con un suo gol, e già allora vestiva la maglia del Real Madrid. Di fatto è stata l’unica costante di questo periodo lunghissimo, per larghi tratti anche leggendario, in cui la Spagna del calcio si è messa sul trono a dominare.
Nei ricordi di questa Generación Dorada lui è l’unico che è rimasto in carreggiata: mentre tutti i suoi compagni più illustri si sono ritirati o comunque si sono avvicinati al tramonto della propria carriera, Sergio Ramos è stato capace di resistere, di rinnovarsi. Di fatto è l’unico che dopo la indimenticabile parentesi 2008-2012 con due Europei e un Mondiale, è cresciuto di livello invece che stabilizzarsi o avvicinarsi al tramonto della propria carriera. È maturato, si è evoluto, è diventato leader: in ogni immagine della nazionale che ha cambiato il modo di vedere il calcio c’è lui, e ogni volta che ha rappresentato quella squadra lo ha fatto da giocatore del Real Madrid.
Ecco perché il suo addio è uno di quei momenti che ti fanno capire che certi tempi se ne stanno andando in via definitiva. Sergio Ramos è stato il primo acquisto spagnolo della prima presidenza di Florentino Pérez: è arrivato mano nella mano con suo padre a 19 anni come terzino destro, e se ne va 16 anni dopo come uno dei più grandi centrali di sempre. Etichette forti, ma che non possono trovare che giustificazioni nella sua esperienza madridista: Ramos è stato leader, fenomenale difensore, ma anche spietato killer nell’area avversaria.
Per molti è sempre stato uno scorretto, uno antipatico, ma vale molto di più. Vale la considerazione di un uomo chiave nelle vittorie del secondo Grande Real della storia, un poster indimenticabile per le sue reti più famose all’Atlético Madrid, la Décima e la finale di San Siro, ma anche per tantissimi altri gol fondamentali come la doppietta all’Allianz Arena in semifinale e i tantissimi altri momenti in cui è stato decisivo anche in attacco.
Sergio Ramos ha visto andar via tutti i più grandi da Madrid: prima l’addio strozzato di Raúl, poi l’esilio di Casillas, infine la fuga di Cristiano Ronaldo. Ha fatto di tutto per non finire come loro, ma non ha potuto evitare le sorti di una società che anche le sue bandiere le tratta come gli altri giocatori. Ha accettato l’offerta di rinnovo di un solo anno quando era troppo tardi per la società, e ha dovuto piangere davanti ai microfoni per comunicare la sua tristezza nel porre fine all’avventura più bella della sua carriera.
Una storia d’amore che aveva accettato tradendo la sua Siviglia, dove è stato sempre fischiato in ogni suo ritorno, ma che gli ha cambiato la vita. Così come lui ha cambiato la storia del Real Madrid, di cui è diventato forse il difensore più forte di sempre e sicuramente uno dei capitani più importanti. Titoli e statistiche non bastano per descriverlo, sarebbe riduttivo dopo un’esperienza così. Un’esperienza che termina, così come un’era calcistica che sta fuggendo via sotto i nostri occhi.