Prima o poi capita a tutti di imbattersi nell’unica cosa contro cui è impossibile avere la meglio: il tempo. Questa entità astratta logora ogni cosa e l’ultimo a rendersene conto e a dover alzare bandiera bianca è stato uno che, in tutta la sua carriera, non si è mai arreso. Stiamo parlando di Bastian Schweinsteiger che mercoledì scorso ha detto addio alla sua nazionale, dopo essere stato messo fuori rosa dal suo allenatore, José Mourinho.
Il tempo, l’unico ad averlo battuto
A trentadue anni Schweinsteiger può essere orgoglioso di quello che ha fatto nella sua lunga carriera. Idolo indiscusso al Bayern Monaco, campione pieno di esperienza nel Manchester United e simbolo della sua nazionale con la quale due anni fa ha alzato al cielo la coppa del mondo. Giocatore inimitabile, unico nel suo genere: forza fisica dirompente, davanti la difesa praticamente insuperabile e capacità di inserirsi nell’area avversaria lo hanno reso il campione che è, che è stato e che sempre sarà. Ha affrontato molte sfide e le ha affrontate tutte a testa alta, dando tutto quello che aveva perché non amava perdere ma se succedeva stringeva la mano agli avversari e ripartiva più forte di prima. Ecco, forse stavolta ripartire è più difficile, se non impossibile; Mourinho lo ha messo fuori rosa, e ha detto addio alla nazionale. Il tecnico portoghese non lo ritiene adatto ai suoi schemi e in nazionale serve un ricambio generazionale. Ma tra le due vicende c’è una grossa differenza: se la scelta di Mourinho è stata presa dal giocatore tedesco con l’eleganza che lo ha sempre contraddistinto, l’abbandono della nazionale ha causato una serie di emozioni che hanno portato alle lacrime del ragazzo. Perché la Germania è il suo popolo, la sua terra e il non poter più difenderla sul campo hanno causato il pianto di chi sa che ora sarà tutto diverso. Colpa del tempo, che prima o poi si presenta arriva e in maniera tanto ovvia quanto brutale ti mette di fronte alla realtà e ti fa dire basta.
Si dice che è il calcio è solo un gioco. Mercoledì sera un uomo ha dimostrato che non è così. Il calcio è passione, emozione. Il tutto da vivere al meglio nel poco tempo concesso con la consapevolezza che quando bisogna dire basta non esiste nessuna preparazione per affrontare il momento più brutto di chi ha amato questo sport come la sua stessa vita. Ecco perché a uno come Schweinsteiger possiamo soltanto dire GRAZIE.