L’Atalanta non va oltre il pari con l’Hellas Verona, ma si gode comunque un giocatore ritrovato e che potrà essere utile alla Dea in questo finale di stagione proiettato su tre fronti. Gianluca Scamacca, ultimo a godere delle cure dell’effetto – Gasperini.
Le doti di Scamacca non sono mai state messe in discussone. I problemi erano da ricercare altrove, specificatamente nella continuità di rendimento. A singhiozzo, quello dell’attaccante romano, complici i contrattempi fisici e il tempo di assimilare il calcio di Gasperini, storicamente votato a valorizzare il lavoro tout court del centravanti. Essenzialmente quello che serviva a un calciatore come Scamacca. Attaccante paragonato a un diamante grezzo sin dall’inizio di una carriera in cui segnava più di quanto giocava in Primavera, prima di assaggiare il calcio che conta senza però riuscire a conquistare il cuore e la maglia di una big. La sensazione è che il certosino lavoro con il tecnico e l’Atalanta, però, inizi a pagare con gli interessi. Lo dicono i numeri: Scamacca c’è. 14 reti in 34 presenze (tra Serie A, Coppa Italia ed Europa League) la metà messe a segno dopo il rientro dall’infortunio. Per capirsi solo Palmer, Florian Wirtz e Harry Kane sono stati più prolifici.
Ma cosa è cambiato in Scamacca? Appare evidente che Gasperini gli chieda movimenti e intensità più congeniali alle sue caratteristiche. Al netto della fisicità, infatti, Scamacca preferisce giocare più con i piedi che con la testa e senza avere il fiato dell’avversario addosso. Soffre il corpo a corpo ma si esalta se deve attaccare lo spazio e gestire il pallone. Alla facilità di calcio, molto secco e potente, unisce anche una tecnica di base da nove e mezzo. Un repertorio molto vasto, il suo, ma sinora poco produttivo. Gasperini lo ha spinto a cercarsi altrove, un po’ più lontano dall’area di rigore, ma con la possibilità di catapultarsi nello spazio palla a terra e partendo dalla metà campo avversaria scambiando con i compagni o dettando il passaggio in profondità per scegliersi, lontano dallo schiacciarsi contro la linea difensiva avversaria, la mattonella migliore. Al resto, poi, ci pensa lui. La precisione e la potenza nel tiro non sono mai stati un problema, farsi trovare nella posizione migliore possibile per concludere invece era un limite. Limati i primi difetti, emerge lo Scamacca sommerso, quel giocatore da potenziale doppia cifra che può e deve prendersi la responsabilità di accompagnare la Dea alla ricerca di quei risultati sempre sfiorati e mai raccolti. Un destino comune, a ben pensarci, un motivo in più per rovesciarlo insieme.
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