L’ultima volta che due squadre brasiliane si affrontarono in finale di Copa LIbertadores fu nel 2006, quando l’Internacional si impose con un complessivo 4-3 sul San Paolo nella doppia sfida di andata e ritorno.
A partire dal 2019 la finale si disputa in gara secca: una modifica che non piace a tutti, un po’ per tradizionalismo e un po’ perché regalava a entrambe le contendenti la possibilità di giocarsi il trofeo più importante del Sudamerica davanti al proprio pubblico; per gran parte dei tifosi, poi, i costi della trasferta sarebbero insostenibili. Un problema che quest’anno, purtroppo, non si presenterà, dato che si giocherà in un Maracanã ovviamente senza spettatori.
Tornando alla storia, sia il Palmeiras che il Santos hanno già vinto la coppa, rispettivamente una e tre volte: il Verdão nel 1999, battendo il Deportivo Cali ai calci di rigore; il Peixe due volte con Pelé (nel 1962 contro il Peñarol e nel 1963 contro il Boca) e una volta con Neymar, che nel 2011, dopo lo 0-0 dell’andata, al Pacaembu di San Paolo realizzò uno dei due gol che sancirono la vittoria per 2-1, ancora sul Peñarol.
Comunque vada, si ridurrà lo scarto tra vittorie argentine (25) e brasiliane (19), sempre più dominatrici della competizione. Al terzo posto di questa classifica troviamo infatti l’Uruguay (8 vittorie, l’ultima però risalente al 1988), mentre alle altre nazioni restano le briciole: 3 a testa per Paraguay e Colombia, una per Cile ed Ecuador.
Una supremazia confermata anche dal fatto che, nelle ultime tre edizioni, le quattro semifinaliste sono state solo argentine o brasiliane, con Boca e River sempre presenti.
In questa edizione, alla vigilia delle semifinali, i due colossi di Buenos Aires sembravano destinati a prevalere, per poi ritrovarsi in un’epica rivincita della finale del 2018. E invece, nonostante pronostici sfavorevoli, le brasiliane hanno avuto la meglio, arrivando a giocarsi il trofeo più ambito in una stagione che, per entrambe, a un certo punto sembrava mettersi male.
Partiamo dagli allenatori: sia Cuca che Abel Ferreira non avevano iniziato la stagione sulle rispettive panchine.
Il Santos aveva inizialmente puntato sul 74enne portoghese Jesualdo Ferreira, dandogli però il benservito a pochi giorni dall’inizio del campionato, dopo l’eliminazione ai quarti di finale del campionato Paulista per mano della Ponte Preta, squadra di Série B.
Cuca, alla sua terza esperienza sulla panchina alvinegra, è una sorta di “santone” del calcio brasiliano, avendo allenato quasi tutte le “grandi” storiche (Internacional, Grêmio, San Paolo, Flamengo, Botafogo, Fluminense, Cruzeiro, Atlético Mineiro e Palmeiras) con un palmarés di tutto rispetto nel quale spicca la Libertadores del 2013, quando il suo Atlético Mineiro fu trascinato dagli ultimi lampi di Ronaldinho.
Se in campionato il Santos si trova a metà classifica, in coppa il 57enne ha mostrato una straordinaria capacità di preparare le partite decisive.
Le prestazioni più impressionanti sono arrivate nelle gare di ritorno – entrambe in casa – contro il Grêmio ai quarti (4-1) e contro il Boca in semifinale (3-0): dopo aver sbloccato le partite nei primi minuti, il Santos ha abbassato il proprio baricentro, lasciando il pallone agli avversari per affondarli con ripartenze fulminee, grazie alla rapidità di Marinho, Soteldo, Kaio Jorge e Lucas Braga.
Il 48enne portoghese Abel Ferreira è invece sbarcato in Brasile a inizio novembre, sostituendo il leggendario Vanderlei Luxemburgo che aveva guidato la squadra nella fase a gironi, superata con 16 punti anche per la presenza di avversarie poco attrezzate: Guaraní a parte, non è stato difficile prevalere sul Club Bolívar e sul Tigre, che addirittura gioca nella seconda divisione argentina.
Al Palmeiras viene “rinfacciato” di aver beneficiato di un sorteggio favorevole anche agli ottavi (Delfín) e ai quarti (Club Libertad), ma va sottolineato come abbiano prevalso con scarti significativi: 8-1 complessivo agli ecuadoregni, 4-1 ai paraguaiani.
Poi l’assurda doppia sfida contro il River: all’andata il trionfale 0-3, favorito dall’espulsione di Carrascal ma dimostrando una sorprendente solidità tattica e mentale; al ritorno 90 minuti in balìa degli avversari, in cui il crollo è stato evitato solo grazie a diversi episodi al limite, “girati” tutti a proprio favore.
In campionato, a 6 turni alla fine, il Verdão si trova al quinto posto, ma è stato in corsa per il titolo fino alla scorsa settimana, in cui ha perso contro Flamengo e Ceará.
Con tante partite ravvicinate, Abel è stato costretto a effettuare parecchie rotazioni, anche e soprattutto per evitare infortuni in vista della finale di stasera e di quella di Copa do Brasil, che si disputerà a febbraio in due sfide di andata e ritorno contro il Grêmio.
Guardando le probabili formazioni, salta all’occhio la presenza di numerosi giovani, da una parte e dall’altra; le ragioni sottostanti, però, sono molto differenti.
Il Santos vive un momento storico di profonda crisi economica e istituzionale. Recentemente è stato eletto il nuovo presidente Andrés Rueda, succeduto a Orlando Rollo che a sua volta era stato vice di José Carlos Peres, allontanato per impeachment a settembre dopo essere stato accusato, tra le altre cose, di aver continuato a far parte di un’agenzia di procuratori anche dopo aver assunto l’incarico.
La situazione finanziaria, già difficile, è stata aggravata dalla pandemia. A inizio stagione diversi calciatori sono stati autorizzati a lasciare senza indennizzo il club per ritardi nel pagamento degli stipendi – tra loro il 19enne Yuri Alberto, che sta segnando a ripetizione nell’Internacional capolista – ed è stato bloccato il mercato in entrata per il mancato saldo di alcuni debiti.
Questo contesto, che aveva portato qualcuno a pronosticare la retrocessione, ha costretto Cuca a puntare sullo storicamente florido settore giovanile. L’attacco è stato affidato al classe 2002 Kaio Jorge, grande protagonista dell’ultimo Mondiale u17, che pur non segnando molto (3 gol in campionato e 5 in Libertadores) ha già mostrato, oltre a doti tecniche di ottimo livello, una grande intelligenza nei movimenti senza palla e nell’utilizzo del corpo nei duelli fisici, rendendosi utile anche lontano dalla porta avversaria.
Altro giovanissimo dalle grandi prospettive è il centrocampista Sandry: alto 1.73, abbina un temperamento da mastino a una sensibilità tecnica eccezionale; schierato da volante o da mezzala, è un riferimento sicuro nell’uscita bassa – raramente sbaglia un passaggio e sa dribblare nello stretto – e può agire anche da rifinitore (nel Brasileirão ha completato 1.5 passaggi-chiave per 90’).
Il protagonista più inatteso è però l’esterno d’attacco Lucas Braga. Non più giovanissimo (ha 24 anni), è stato acquistato dal Santos nel 2019 ma, dopo aver disputato il Paulistão in prestito all’Inter de Limeira, solo ad agosto è stato richiamato e aggregato alla prima squadra.
Dopo un inizio difficile, a ottobre si è sbloccato proprio in Libertadores, con un gol e un assist contro il Defensa y Justicia.
Longilineo (è alto 1.84), colpisce soprattutto per la sua strepitosa velocità, che lo rende devastante quando può puntare i difensori in campo aperto.
Il Palmeiras, invece, è tra le società finanziariamente più solide in Brasile – oltre che la seconda per fatturato, dopo il Flamengo -, che, dopo anni in cui aveva puntato pochissimo sui giovani, ha improvvisamente deciso di affidare le chiavi del centrocampo a tre ragazzini.
In realtà le premesse a inizio stagione erano diverse, ma tra il grave infortunio di Felipe Melo – appena rientrato, in finale dovrebbe andare in panchina -, la cessione di Bruno Henrique in Arabia Saudita e lo svincolo del deludente Ramires, si sono presi la scena Patrick de Paula, Gabriel Menino e Danilo, rispettivamente classe 1999, 2000 e 2001.
Il primo a mettersi in mostra è stato Patrick, mediano di qualità e quantità con un gran sinistro dalla distanza che ha giocato da titolare il Paulista e i primi mesi di campionato, ma è stato poi frenato da qualche problema muscolare che gli ha impedito di ritrovare la continuità.
Il suo posto è stato quindi occupato da Danilo, che lo ricorda per caratteristiche fisiche e tecniche ed è anche lui mancino, ma rimane più bloccato davanti alla difesa, mentre Patrick può giocare anche qualche metro più avanti.
Il più promettente però è Gabriel Menino, che nasce come centrocampista ma in pochi mesi ha dimostrato una tale polivalenza da essere più volte schierato come terzino – ruolo nel quale Tite lo ha già fatto esordire nella Seleção – o come esterno alto.
Menino in genere non ruba l’occhio, se non per qualche bel tiro da fuori, ma è pulito tecnicamente e diligente tatticamente; contro il River, però, un suo controllo volante “alla Neymar”, con la squadra in vantaggio per 0-2, ha fatto perdere la testa a Carrascal, che poco dopo lo ha scalciato ed è stato espulso. Una dimostrazione di dominio tecnico e psicologico che, nella partita più importante della sua giovane carriera, gli è valsa grandi elogi, tanto che è già stato accostato ad alcune big europee.
La cessione di Dudu, leader tecnico e trascinatore nelle cinque stagioni precedenti, ha invece responsabilizzato il 18enne Gabriel Veron, ala dal potenziale sconfinato che ricorda il primo Lucas Moura per dribbling e rapidità d’esecuzione.
Purtroppo, però, la sua stagione è stata pesantemente condizionata dagli infortuni, per cui tra Brasileirão e Libertadores è partito titolare solo 13 volte (su 26 presenze totali), ma tanto è bastato per confermare le ottime impressioni che aveva destato nel già citato Mondiale u17, di cui era stato premiato miglior giocatore: ha segnato 7 gol e servito 2 assist, con buoni numeri anche per dribbling e passaggi-chiave (entrambi intorno ai 2 per 90’). In finale dovrebbe partire dalla panchina, ma può essere un’arma preziosa a partita in corso.
Il percorso delle due squadre si è fondato anzitutto sulla solidità difensiva. Il Palmeiras, fino alla difficile semifinale di ritorno, aveva subito soltanto 4 gol in 11 partite (mai nella prima ora di gioco); il Santos ne ha subiti 9 in 12 partite, di cui 5 però nella fase a gironi, mentre in semifinale ha ottenuto due clean-sheets e ai quarti ha subito un gol su rigore (al minuto 102 dell’andata) e uno irrilevante, a 10’ dal termine sul 3-0.
Il pacchetto difensivo del Peixe, salvo defezioni dell’ultimo minuto, è praticamente certo; l’unico dubbio potrebbe riguardare il portiere, dato che John Victor – che aveva iniziato la stagione da quarto! – di recente ha avuto dei problemi fisici, ma è stato schierato nelle ultime due di campionato. Anche João Paulo comunque si è dimostrato affidabile nel corso della stagione.
La linea a 4 sarà formata, da destra a sinistra, da Pará, Lucas Veríssimo, Luan Peres e Felipe Jonatan. Per il capitano Veríssimo sarà l’ultima partita prima di trasferirsi al Benfica: un certo punto della stagione il 25enne aveva detto di non voler più scendere in campo perché, avendo deciso da tempo di andarsene, non sarebbe più riuscito a concentrarsi sulle partite; invece, soprattutto ai quarti e in semifinale, è stato un pilastro insuperabile, giocando da leader e mostrando un repertorio da centrale moderno e completo.
Dalla parte opposta troveremo il 33enne Weverton, miglior portiere della competizione che si è guadagnato il ruolo di terzo nella Seleção: non è solito a parate spettacolari, ma fornisce grande sicurezza con i posizionamenti e nelle uscite.
Davanti a lui dovrebbe rientrare il capitano Gustavo Gómez, uscito per infortunio nella semifinale di ritorno e fondamentale nel comandare la linea difensiva; al suo fianco Luan Santos, a sinistra l’uruguaiano Matías Viña – terzino classe ‘98 di grande prospettiva, bravo in entrambe le fasi – e a destra un dubbio che si lega alle scelte per il centrocampo.
La duttilità di Gabriel Menino mette in dubbio la presenza di Marcos Rocha, in grande difficoltà nel ritorno contro il River; il ricorso alla difesa a 3 – con Menino a tutta fascia – sembra improbabile, per cui è probabile che il giovane venga schierato come terzino, liberando un posto a centrocampo dove dovrebbero giocare Danilo e il più esperto incursore Zé Rafael – inizialmente preferiti a Patrick – con Raphael Veiga sulla trequarti.
Veiga è tra quelli che più hanno beneficiato dell’arrivo di Abel in panchina: ha trovato continuità alle spalle di Luiz Adriano e sfruttando le sue ottime doti balistiche è giunto a 17 gol tra campionato, Libertadores e Copa do Brasil.
Anche nel Santos il grande dubbio di formazione riguarda il centrocampo, dove la scelta tra Sandry e Lucas Braga determinerà il ricorso al 4-3-3 o al 4-2-3-1. Sandry andrebbe a fare la mezzala, con Soteldo sull’ala sinistra, mentre in caso giocasse Braga il venezuelano verrebbe spostato sulla trequarti.
Per il resto pochi dubbi: il solido Alison e il più elegante mancino Diego Pituca – che ha già firmato con i Kashima Antlers – a centrocampo, Marinho sulla destra e Kaio Jorge punta.
Marinho è il grande protagonista della stagione: a 30 anni ha trovato una continuità di rendimento che gli era sempre mancata in carriera, è in testa alla classifica marcatori del Brasileirão con 16 gol e, oltre a essere molto veloce e potente in progressione, è dotato di un impressionante sinistro dalla distanza, anche sui calci piazzati.
Nel Palmeiras, accanto a Luiz Adriano, si giocheranno una maglia Willian “Bigode” e Rony: il primo, seconda punta molto mobile con buone doti associative, aveva iniziato alla grande la stagione ma è un po’ in calo; il secondo, criticatissimo sotto la gestione Luxemburgo, vive un buon momento ma potrebbe essere un’arma importante a partita in corso. Rony è infatti un attaccante esterno molto esplosivo e istintivo, che si esalta in campo aperto ma va in difficoltà quando gli spazi si restringono.
Fare dei pronostici è davvero difficile: dal punto di vista tattico, è probabile che entrambe le squadre adotteranno un atteggiamento prudente, cercando di non concedere troppa profondità alle frecce avversarie, per cui, a meno che non arrivi un gol nei primi minuti, vedremo molti duelli a centrocampo e tentativi di combinazioni rapide per arrivare al tiro con pochi passaggi e giocate nello stretto, senza dimenticare l’importanza delle palle inattive.
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