
ANSA/SIMONE ARVEDA
“Odiavo il calcio, ora sono in pace. Felicità per il Newcastle” L’ex stella italiana Davide Santon riflette sulla sua carriera: dalla pressione giovanile agli infortuni, ha affrontato il dolore mentale. Oggi si gode le partite in tv e celebra il titolo del Newcastle dopo 56 anni.
Davide Santon, ex calciatore e giovane talento del calcio italiano, ha recentemente rilasciato un’intervista alla Gazzetta dello Sport, durante la quale ha condiviso il suo percorso professionale e personale. Un racconto che attraversa momenti di gloria e di difficoltà, rivelando un lato umano spesso celato dietro le luci dei riflettori. Santon ha esordito nel mondo del calcio a soli 17 anni, un’età in cui le aspettative possono diventare un pesante fardello. “Quando sei lì, non sai quanto sia difficile gestire le aspettative della gente“, ha dichiarato, riflettendo sulla pressione che ha subito nel corso della sua carriera.
Dopo un inizio fulminante che lo ha visto conquistare uno scudetto e una convocazione in Nazionale, la carriera di Santon ha subito una brusca frenata a causa di un grave infortunio al ginocchio. “Le conseguenze di quell’infortunio mi hanno accompagnato fino all’ultimo giorno“, ha spiegato, rivelando che la sua esperienza con il sistema medico non è stata delle migliori. “Ho seguito le pressioni per tornare il prima possibile, ma il mio fisico non sarebbe mai stato più come prima“.
La tentazione di tornare in campo troppo presto è una realtà che molti atleti affrontano, spesso spinti dalla voglia di non deludere le aspettative di allenatori e tifosi. Santon, con la saggezza che deriva dall’esperienza, ha ammesso: “Oggi direi di no e, al rientro, non forzerei più i tempi“. Questa consapevolezza è fondamentale nel mondo del calcio, dove la pressione può compromettere non solo le performance, ma anche la salute mentale degli sportivi.
L’importanza del supporto psicologico
Il tema del supporto psicologico è emerso come cruciale nel percorso di Santon. “È stato decisivo nei primi 6-7 mesi dopo aver smesso alla Roma: ero depresso, senza meta“, ha confessato. La transizione dall’essere un calciatore professionista a una vita lontana dai campi è spesso difficile, e Santon ha vissuto questa fase come un momento di profonda crisi. “Pensavo solo alla mia fine triste, diversa da quella che avrei voluto“, ha aggiunto, evidenziando l’importanza di affrontare la salute mentale, un argomento di crescente rilevanza nel mondo dello sport.
Oggi, Santon si sente in pace con se stesso e con il suo passato. “Per i primi mesi dopo il ritiro non ho visto mezza partita: lo odiavo“, ha dichiarato, ma ha poi trovato un modo per riconciliarsi con il calcio. La gioia per il recente successo del Newcastle, che ha vinto un titolo dopo anni, ha risvegliato in lui emozioni positive. “Ad esempio, che meraviglia vedere il mio Newcastle vincere un titolo dopo tanti anni“, ha detto, rivelando quanto il legame con il club inglese sia profondo. Le sue tre stagioni in Premier League sono state le più felici, nonostante gli infortuni che lo hanno afflitto.
Riflessioni finali
Santon ha anche parlato della chiamata di Roberto Mancini nel 2015, che ha rappresentato per lui un’opportunità di rivincita. “Volevo la possibilità di una rivincita, ma il fisico non me l’ha concesso“, ha affermato, sottolineando quanto sia difficile per un atleta accettare i limiti imposti dal proprio corpo. La sua storia è una testimonianza del fatto che il calcio non è solo un gioco, ma una passione che può portare a gioie immense ma anche a sofferenze profonde.
La sua esperienza, ricca di insegnamenti, si configura come un monito per le nuove generazioni di calciatori: la salute fisica e mentale deve sempre avere la precedenza. Santon ha trovato la sua pace, ma il cammino per raggiungerla è stato tortuoso. La sua voce rappresenta quella di molti atleti che, come lui, hanno dovuto affrontare sfide ben più grandi di una semplice partita di calcio.