La suggestione degli ultimi giorni, rimbalzata alla velocità della luce da Manchester a tutta l’Europa, è finalmente diventata realtà: dopo 13 gloriosi anni trascorsi con la maglia dei Red Devils, Wayne Rooney torna finalmente all’Everton, squadra che lo ha portato alla ribalta quando era poco più che un ragazzino.
Senza scadere nella retorica degli amori che tornano nonostante tutto, quella di Rooney è stata la scelta più saggia da prendere in queste circostanze, tenendo conto soprattutto della stagione appena conclusa, di certo non una delle migliori per uno dei giocatori simbolo di tutto il calcio inglese: il rapporto non idilliaco con Mourinho ha influito fortemente sulle prestazioni dell’attaccante, lasciato in disparte prima nel club di cui fino a poco tempo fa era fiero capitano e trascinatore e poi dalla sua stessa nazionale.
A 32 anni da compiere il prossimo ottobre Rooney non poteva lasciar finire così una carriera costellata da tanti trionfi e trofei, compresa la prestigiosa Champions League alzata al cielo di Mosca contro i rivali del Chelsea. Il ritorno nella città in cui è nato ed ha mosso i suoi primi passi è semplicemente la chiusura naturale di un cerchio, l’unico modo rimasto a Wayne per riscattarsi dopo un anno terribile sotto tutti i punti di vista e riconquistare l’affetto del suo popolo.
Da riconquistare però è anche un posto in nazionale, impresa che al momento appare difficile vista la grande ondata di giovani talenti che sta letteralmente invadendo l’Inghilterra: è proprio con la casacca dell’Everton che l’allora diciannovenne Rooney ricevette la prima chiamata nei Tre Leoni nel lontano 2003, all’inizio della sua prima vera stagione con i Tooffees. Quattordici anni più tardi i sogni dell’inglese non sono cambiati, complice anche l’imminente arrivo del Mondiale a cui proprio non vuole mancare: mettersi nuovamente in mostra nella parte blu di Liverpool gli garantirebbe almeno la convocazione per la spedizione inglese diretta in Russia, in cui potrebbe finalmente tornare ad assumere quel ruolo da leader tanto messo in discussione durane tutto l’ultimo anno e, con un po’ di duro lavoro, potrebbe addirittura regalargli l’orgoglio di guidare ancora da capitano la sua nazionale.
Al momento però c’è di certo che Rooney è finalmente tornato a casa, fra il calore della gente che lo ha visto crescere e maturare calcisticamente, già pronta a riabbracciarlo e a perdonargli la fuga in una delle città non esattamente più gradite dal popolo scouse.
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