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Roma, la Roma e Pellegrini, un rapporto sempre più complicato

Pellegrini torna in campo per la sfida fra Roma e Venezia e, al netto del risultato, il numero 7 giallorosso è ancora costretto a barcamenarsi in acque agitate. L’ambiente è a dir poco ostile: fischi e ancora fischi per il capitano della Roma sia all’ingresso in campo per il riscaldamento che al momento della sostituzione. Segnali evidenti della fatica nel ricucire un rapporto con la tifoseria giallorossa, logoro al di là di ogni ragionevole giustificazione tecnica o comportamentale.

Pellegrini, il capitano osteggiato dal calcio 2.0

La sensazione è che Pellegrini paghi, al di là delle sue non eccelse prestazioni, anche l’accanimento del mondo virtuale. I social sono ormai il “polso” della tifoseria nell’era del calcio 2.0. Basta un rapido screen per prendere atto di un rapporto degenerato. Pellegrini è considerato un peso. Un sopportato. I post di disappunto sono virali e il tifoso da tastiera ha contagiato anche quello da stadio: i fischi riservati non sono di contestazione o disappunto ma hanno il suono dell’odio, sportivamente parlando, sia chiaro. Pellegrini è fischiato come l’avversario inviso e antipatico alla tifoseria che ha regalato un dispiacere o come un ex che ha lasciato malissimo la Roma. Il ragazzo non è neanche troppo fortunato. Pochi secondi dopo la sua sostituzione, arriva il gol che regala la vittoria ai giallorossi. Abbastanza per scatenare ulteriori critiche.

Aspettative sproporzionate al valore e all’ingaggio

Il capitano è uno dei calciatori più pagati dell’intera rosa, ma è anche quello con il rendimento più incostante. Le doti sono indiscusse, perché se qualsiasi allenatore lo sceglie e lo manda in campo, evidentemente vede in lui un calciatore di qualità e quantità. Elementi che lo rendono un ottimo elemento ma non si può definire un fuoriclasse né tantomeno un trascinatore o un punto di riferimento per i tifosi. Non è, né sarà mai, un capitano nel solco della tradizione romana e romanisti. Ruolo che appartiene a elementi del calibro di Francesco Totti o Daniele De Rossi, Bruno Conti, Giuseppe Giannini o Agostino Di Bartolomei. Altra categoria, appunto. L’equivoco di base è tutto qui: le aspettative e le richieste sono sproporzionate rispetto alle qualità, beninteso notevoli, del ragazzo e all’ingaggio che percepisce.

Un cortocircuito diventato un incendio

Lorenzo Pellegrini AS Roma
Immagine | Ansa

Un vero e proprio cortocircuito che si è trasformato in un incendio divampato in quasi tutta Roma giallorossa e che ha lasciato in eredità un disastro. A tal punto da ipotizzare anche un addio. Scelta dolorosissima, ma per certi versi anche comprensibile, al limite del necessario anche per il bene di un calciatore e di un professionista comunque di altissimo livello che ha diritto a svolgere la sua professione con serenità, senza essere vittima del pregiudizio. Lorenzo Pellegrini quindi, romano è romanista, è chiamato con ogni probabilità a una scelta. È già riuscito, più volte fra l’altro, mostrando grande personalità e forza di volontà, a trasformare i fischi in applausi. Resta da capire se ci riuscirà ancora e se soprattutto abbia ancora le risorse per gestire e reggere senza risentirne una situazione oggettivamente complicata.

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