Il cammino europeo si è fatto maledettamente in salita per una Roma troppo brutta per essere vera negli ultimi 180’ di gioco. Dopo il risultato, che ha salvato la prestazione contro il Venezia, arriva la prima sconfitta della nuova gestione in Europa League, contro l’Elfsborg, quinta classificata in Svezia, non esattamente il Real Madrid.
Juric, l’unico a vedere la Roma giocare una buona partita, ha optato per il turnover. Legittimo, affrontando un avversario sulla carta non eccezionale, attingere a piene mani alla rosa e cambiare cinque calciatori di movimento. Una scelta che non ha pagato sul campo. Non sembra una questione di uomini né di sottovalutazione dell’avversario o dell’impegno europeo. Il problema è da ricercare in campo. La Roma ha uno sterile possesso che non libera mai l’uomo per calciare in porta, a meno che qualcuno non si inventi la giocata. È statica, vuota, senza energia, prevedibile, improduttiva. La circolazione del pallone è sempre orizzontale, sul compagno più vicino, senza cercare né il movimento senza palla o l’attacco alla profondità. Quella con l’Elfsborg è una prestazione fondamentalmente identica a quella con il Venezia, con una sostanziale differenza: il risultato. Decidono, come contro i lagunari, gli episodi: questa volta, non hanno girato a favore.
Anche le scelte tattiche del tecnico non hanno convinto. La prima Roma di Juric, scesa in campo con il 3-5-2 ha convinto con l’Udinese: corsa, intensità e i famosi “accoppiamenti” per l’uno contro uno in ogni zona del campo. Il passaggio al 3-4-2-1 visto con il Venezia e l’Elfsborg è una forzatura da riporre nel cassetto degli esperimenti falliti, complice anche la necessità di dover fare a meno di Dybala già a mezzo a servizio dopo la prima settimana con impegni ravvicinati. Il modulo appare come una scelta che appare dettata dalla necessità e si risolve in un tentativo mal riuscito di cercare senza trovare un ruolo diverso a Soulé che nasce esterno largo da 4-3-3 e non ha nelle sue corde né il passo né le caratteristiche per rendere al massimo in quella posizione.
La Roma in una parola, è apparsa in confusione. Figlia dei troppi cambiamenti in pochi mesi. L’addio traumatico di De Rossi e l’arrivo di Juric implica la rinuncia ad alcuni elementi che sono stati scoperti e valorizzati dall’ex tecnico e ad altri arrivati da una campagna acquisti rivelatasi dispendiosa quanto improvvisata. Due le situazioni che fotografano lo stato dell’arte. La prima è Shomurodov, rimasto in giallorosso più per caso che per scelta, partito titolare per mancanza di altro. La seconda: sembra necessario il reintegro, se non altro per necessità, di Zalewski che non sarà un fuoriclasse ma è un elemento che ha una sua logica in un 3-5-2. E se si è arrivati a rimpiangere un calciatore come l’italo polacco e a ritrovarsi con l’uzbeko come prima alternativa in attacco, evidentemente c’è stato qualcosa di sbagliato in termini di valutazione e programmazione.
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