Roma – Bologna, sfida delicata al di là della classifica precaria dei giallorossi chiude nel peggiore dei modi possibili i due mesi di Juric. Un allenatore, che, alla luce degli ultimi risultati (4 sconfitte nelle ultime cinque partite) non è più da considerare l’ultimo colpevole.
Perdere con il Bologna significava correre il rischio di essere risucchiati nella lotta per non retrocedere e ritrovarsi nell’occhio del ciclone con tifosi e ambiente, complice la sosta della nazionale. Evidentemente chi guidava la squadra, nella migliore delle ipotesi, ha sottovalutato situazione e avversario. Il Bologna ha dovuto semplicemente svolgere il compitino permettendosi anche un paio di sbavature, per portare a casa il risultato pieno. Anche perché la Roma è entrata in campo per dare ragione al proprio allenatore che aveva definito i suoi ormai ex calciatori a volte senza anima: non è una squadra e quel che ne resta è frastornata, incapace o, per i più maligni, indolente. Anche quando trova il pareggio, con la collaborazione del Bologna che tira i remi in barca troppo presto, non alza la testa. Anzi riesce a prendere altri due gol. Uno, annullato dal Var, l’altro invece, spinge anche una altra buona parte dell’Olimpico a lasciare anzitempo l’impianto. Roma, con i lavori in corso, come la Roma, è una gruviera. E allora meglio evitare il traffico.
Chi resta beve l’amaro calice sino all’ultimo sorso. E assiste all’epilogo della storia di Juric, mai davvero cominciata. La scintilla non è mai scoccata e il lume di una squadra disposto a seguirlo si era già spento a Firenze. Il rullo pressante del calendario, che ha costretto la Roma a giocare una volta ogni tre giorni, ha di fatto impedito qualsiasi intervento, sia di recupero o scarico. Non appena si è fermato, la soluzione è stata inevitabile. Scarico. Una pessima fine cercata quasi con il lanternino da una squadra che ha rigettato una scelta nata senza senso e proseguita sui binari della sopportazione a denti stretti nelle ultime settimane. Esonero di fatto già preannunciato dal silenzio assordante di un tecnico che non si è presentato per le consuete domande pre partita. Quando basta per subodorare aria pessima. Persa l’ennesima partita ancora prima di scendere in campo, resta da capire chi sarà il successore: Roberto Mancini è in pole ma, secondo le voci che si rincorrono, ha preteso garanzie. Un termine che, con tutta la buona volontà, è davvero complicato da associare a questa Roma che si guarda anche altrove. Sondando all’estero, sono piste calde anche quelle che portano a Terzic e Lampard. Nomi che non entusiasmano una piazza orfana di De Rossi: il suo ritorno, però, non sembra essere preso in considerazione.
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