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Il segreto di Quaison sta in un codice nelle scarpe

Era il 22 giugno 2015 quando, in una gara dell’Europeo U21 tra Svezia e Repubblica Ceca, le telecamere indugiarono su un particolare delle scarpe indossate da Robin Quaison. A catturar l’attenzione fu una scritta, ‘RNHRAM-164’. Le sei lettere erano le iniziali di sei ragazzi scomparsi nel territorio tra Akalla e Husby – col codice postale 164. «Quando indosso quelle scarpe, penso a quei miei amici delle mie parti che sono mancati». Non era la prima volta che Quaison li ricordava (nell’estate 2013, dopo aver segnato in un AIK-Brommapojkarna 4-0, mostrò una maglietta bianca con un cuore rosso e le lettere RNHR – Romario, Nicolas, Henok, Reman – «I play for you»). Il 24 marzo 2019, dopo un gol alla Romania, sollevò lo scarpino sinistro e lo baciò: «Quando entro in campo bacio i loro nomi, li onoro così».

La tripletta in 45’ con cui ha steso ieri il Werder Brema gli è valsa le copertine dei giornali. Nel 5-0 di un Mainz che s’aggrappa a lui per non retrocedere, Robin Quaison ha vinto il duello gialloblù col connazionale Ludwig Augustinsson e con questa tripletta ha raggiunto dopo 15 gare lo stesso bottino realizzativo (7 reti) assommato nell’intera stagione scorsa, in 28 gare. Mai, in carriera, Quaison aveva segnato così tanto. S’è detto orgoglioso («Jag är väldigt stolt över mig själv») e ha scalato una classifica cannonieri che lo vede ora a -1 da Sebastian Andersson dell’Union Berlino, nell’anno calcistico che porta a Euro 2020.

«Non è difficile segnare, se ricevo certi passaggi. Questa è la mia prima tripletta nel grande calcio, in una notte perfetta per me e per la squadra» ha detto Quaison, che lo scorso anno segnò 9 reti (7 in Bundesliga), due anni fa 4, mentre 8 reti e 5 assists dall’estate 2014 al gennaio 2017 a Palermo. Inizialmente Iachini lo impiegò come alternativa di Franco Vázquez nel 3-5-1-1 poggiante sull’estro di Paulo Dybala: dalla panchina condivisa con Belotti e Simon Makienok, l’11 gennaio 2015 Quaison sostituì Maresca al 51’ e segnò una doppietta in 2’ (tra 59’ e 61’) alla Fiorentina. Il 14 febbraio successivo ecco un posto da titolare nell’albero di Natale contro il Napoli di Benítez – sconfitto – poi Quaison cadde nella confusione. Otto tecnici della stagione 2015-16 (Iachini, Ballardini, Viviani, Bosi, Tedesco, Iachini bis, Novellino, Ballardini bis), 15 presenze su 30 da titolare, tra centrale di centrocampo, ala e prima punta. Nella seconda metà del 2016, poi, altri due esoneri (Ballardini, De Zerbi ed ecco Corini) e un saluto alla Serie A nel gennaio 2017 con tre reti nelle ultime 6 gare, tra cui una nel memorabile 3-4 sul Genoa il 18 dicembre 2016, al Ferraris.

Robin Kwamina Quaison crebbe nel sobborgo stoccolmese di Akalla, a 5 anni giocò nel Järva Kista FK e a 7 entrò nell’academy dell’AIK. Nel 2011 fu mandato in prestito al Väsby United, società satellite giallonera, nel 2012 debuttò in Allsvenskan e il 31 gennaio 2013 fu convocato dal ct Erik Hamrén in una tournée in Thailandia: «Mi piacciono quelli come lui, che mostrano di saper stare in campo». Altri elogi arrivarono il 30 settembre dello stesso anno. Fino al 73’ l’AIK pareggiava con l’Östers IF, Quaison segnò e mister Andreas Alm ne tessete le lodi: «Robin è nato nel ‘93, quindi non è troppo giovane, eppure ha i baffi poco folti. Forse è per questo che doveva segnare». Lasciò Solna nel 2014, ventenne, per un triennale col Palermo e 20 milioni di SEK (due di euro) nelle casse dell’AIK. Già lo chiamavano Den lille Xavi, ma a ufficializzare il soprannome fu – curiosamente – la Gazzetta dello Sport, lunedì 16 febbraio 2015. Con smentita: «In Svezia mi consideravano centrocampista centrale o esterno, Iachini mi vede anche attaccante, a me piace giocare trequartista. Non so nemmeno chi abbia inventato il soprannome di piccolo Xavi, a me piace Robinho per come si muove in campo».

Robinho, inteso come portoghesizzazione di Robin, nell’estate 2014 fu accostato alla nazionale ghanese e il suo procuratore – Hasan Cetinkaya – mediò le avances. Il ct dell’U21 svedese, Håkan Ericsson, parlò espressamente di «una minaccia» ma Quaison fu irremovibile: «La Svezia è dove sono nato e cresciuto». L’anno dopo, nell’estate 2015, Oscar Hiljemark lo raggiunse a Palermo permettendogli di avere un interlocutore con cui parlare in svedese. Il 31 gennaio 2017, Quaison firmò un contratto di quattro anni e mezzo col Mainz: in Germania adottò uno stile di vita più salutare, variò l’alimentazione e cominciò a recarsi in palestra prima degli allenamenti. Salì alla ribalta pure nel settembre 2018, poiché non s’accorse di esser sceso in campo durante Austria Svezia con la scritta “Quiason” anziché “Quaison”. Restava però per tutti, il ragazzo di Akalla che conservasse il ricordo degli amici sui suoi scarpini.

Matteo Albanese

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