Quelle due torri ormai non ci sono più, neanche la facciata in stile vittoriano, la pista d’atletica e i famosi 39 scalini che dal campo conducevano al parco reale. Come tutti gli stadi del passato anche il vecchio Wembley al momento della sua demolizione ha lasciato in eredità momenti mistici e ricordi indelebili, testimoniati dalle famose twin towers, le torri bianche che delimitavano l’ingresso e si ergevano come
sentinelle di tutti gli eventi sportivi.
Lo stadio fu costruito per l’Esposizione di Londra del 1924 e il re Giorgio V lo inaugurò con il nome di Empire Stadium in occasione della finale di FA Cup del 1923, vinta dal Bolton sul West Ham. La partita passò alla storia come White Horse Final, per la presenza di un cavallo bianco tra le forze di polizia a cavallo, presenti per garantire l’ordine e la sicurezza della moltitudine nei pressi dello stadio.
L’impianto divenne la sede storica dove giocare tutte le finali di coppa del calcio inglese, inoltre fu teatro della finale del Mondiale del 1966, vinta dall’Inghilterra ai danni della Germania. La storia dell’Old Wembley ha il suo epilogo nell’anno 2000, quando venne giocata l’ultima finale di FA Cup. La partita in programma il 20 maggio 2000 era Chelsea-Aston Villa e a profanare per l’ultima volta il vecchio tempio del calcio inglese fu un gruppo di italiani: Roberto Di Matteo decise la sfida in favore dei Blues, guidati in panchina da Gianluca Vialli, grazie a una rete in mischia sugli sviluppi di un calcio di punizione battuto da Gianfranco Zola.
Ora, nel nuovo Wembley, l’arco ha sostituito le torri, la pista d’atletica non c’è e gli scalini che portano alla gloria sono molti, molti di più. Ma per fortuna i ricordi di un luogo così, come quelli della finale decisa da Di Matteo, quelli sì, ci sono ancora.
Alberto Contardo
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