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Sindrome di Stoccolma

“Per come la vedo io è che entrambi ci siamo spintonati a vicenda, ma ora (l’arbitro) ha scelto di concedere il rigore. E’ chiaro che non credo fosse rigore, ma che potrebbe esserci. E ‘chiaro che non è molto divertente per me, ma non posso farci molto adesso”. E’ lucido ma allo stesso tempo abbattuto, Filip Dagerstål, nel momento in cui gli si chiede di commentare l’errore che potrebbe aver spedito la Svezia fuori da Euro U21. La classifica del girone vede l’Inghilterra prima a 4 punti, la Slovacchia seconda a 3, poi i Blågult a 2 e la Polonia a 1. L’ultimo turno vede la sfida agli slovacchi, ma non basta: oltre a vincere, conta gufare affinché i polacchi blocchino i Tre Leoni. Due anni fa era tramite i calci di rigore che la Svezia ha portato a casa l’oro nel Campionato Europeo Under 21. Quest’anno pare che il conto con la sorte stia per esser saldato: dopo il rigore sbagliato da Linus Wahlqvist contro l’Inghilterra, la maledizione continua col tiro dal dischetto concesso ieri…

Galeotto fu il rigore – “Abbiamo chiesto che cosa (l’arbitro) ha fatto e perché ha giudicato così, ma non può cambiare la sua decisione quindi è tutto inutile davvero”, continua il classe ’97 dell’IFK Norrköping. Brucia tantissimo quel rigore al 90′ concesso in modo pure beffardo, in un momento del match in cui serviva solo amministrare un vantaggio ottenuto mediante rimonta ai danni di un’avversaria certamente inferiore a livello di qualità. E le polemiche arbitrali saltano fuori come funghi, sobillati dallo Sportbladet che volentieri dà voce ai giocatori di Ericson. “Non capisco come ci possano essere sanzioni lì, ottengo una gomitata alla schiena e sento che non si può prendere la palla” chiosa Tibbling, poi uscito dolorante anzitempo. In lacrime, oggi farà i raggi e i presagi sono tutto fuorché positivi. “Spero sia solo una forte contusione, non riesco a pensare tanto. Si tratta di uno dei più difficili momenti della mia vita, c’è il rischio che questa sia stata la mia ultima partita internazionale. Dopo questo torneo è finita per me, non potrò mai giocare di nuovo con questa squadra. E’ stata forse l’ultima volta che mi trovavo qui e ascoltavo l’inno nazionale e ho giocato per questi tifosi”.

Orgoglio – Pure il capitano Kristoffer Olsson non è soddisfatto: “Non era forse grande, aveva un livello di strano. Ci sono molte situazioni arbitrali del genere, ma io non lo so”. Certo è che la Svezia si è buttata via proprio nel momento clou della partita, e questo i giocatori lo sanno. Si son definiti responsabili dell’accaduto, e le parole del centrocampista dell’AIK suonano come una richiesta di scuse. Olsson c’era, due anni fa a Praga, come Tibbling, e allo Sportbladet ha affermato: “Ma anche se i giocatori svedesi sono  in discussione, scommetto che non la colpa del punto e su di lui (l’arbitro). E’ quasi un risultato giusto per la seconda metà, noi non giochiamo molto bene. Abbiamo due o tre possibilità di decidere, ma non sono abbastanza buone. L’arbitro fa gli errori e noi facciamo degli errori. Noi siamo stati vigliacchi nel secondo tempo e non abbiamo fatto molto bene. Si può piagnucolare con l’arbitro e così via, ma dobbiamo guardare noi stessi allo specchio”. Se orgoglio è questo, chapeau agli scandinavi.

Rimpianti – Invece che il pass per le semifinali, è stato staccato un bel pezzo della fetta di possibilità di qualificazioni. “Dobbiamo sperare che la Polonia può scuotere l’Inghilterra” ha rivelato nemmeno troppo segretamente Muamer Tankovic. Basterebbe anche arrivare secondi, ma solo la migliore seconda passa. “Se solo avessimo vinto…” lo interrompe Olsson, mentre il tecnico Ericson ha detto la sua: “La Polonia ha mostrato nel secondo tempo che loro sono una buona squadra di calcio, e si può ben fare una buona partita contro l’Inghilterra”. E’ certamente stata una pena fin troppo severa per la Svezia, ma il calcio è anche questo e dopo le vittorie arriveranno necessariamente anche le sconfitte. Dopo Praga, ecco che probabilmente la kermesse polacca vedrà una mesta uscita di scena. Solo un insperato ribaltone finale potrebbe salvare Engvall e compagni da un triste ritorno a Stoccolma.

Editoriali /1- Segnalo come al solito due pezzi che il collega Erik Niva ha scritto per lo Sportbladet. Il primo riguarda l’apporto di Carlos Strandberg a questa nazionale: il titolo stesso fa capire come “Den svenska fotbollen behöver Strandberg. Il calcio svedese ha bisogno di lui: ieri ha combinato francamente poco, ma ha avuto il merito di realizzare di testa il tap-in del provvisorio pareggio. Per il presente, per il futuro, il numero 10 riveste un’importanza grande specie se comparata all’esigenza di costruirgli una squadra addosso. Come in tutti gli Under21, ci sono due esigenze: la prima è quella di utilizzare un collettivo con cui vincere il torneo, la seconda prevede invece lo sviluppo di individualità che siano utili per il futuro. Linus Wahlqvist, Filip Dagerstål e Pontus Dahlberg sembrano pronti, il quarto sarebbe lui, il mozambicano. Ma scommetto che non sapete che tempo fa era ad un passo dal firmare per il Borussia Dortmund, mentre adesso è relegato tra campo e panchina al Westerlo in prestito dal Bruges. E soprattutto, poi i gialloneri si sono cautelati col connazionale Isak.

Editoriali /2 – Il secondo pezzo di Niva è questo e si concentra specificatamente sulla partita in sé. La prestazione dell’arbitro era irregolare, certo, ma tra le altre cose che rendono frustrati c’è anche questa: una nazionale con un talento così fulgido ed ammirevole ha risparmiato degli avversari che avrebbero potuto esser sepolti da un mare di reti. L’errore di Dagerstal in occasione del rigore c’è ed è evidente, ma non bisogna dimenticare che la partita andava messa in ghiaccio molto prima. Olsson, Tibbling e Fransson hanno agito bene a centrocampo, Cibicki era pieno di risorse e Strandberg stesso appariva più carico. Era 1-1, poi Une Larsson ha incornato l’1-2 sul finire di tempo. Per qualche strana ragione, però, la Svezia ha pareggiato: non mi spiego, e nemmeno Niva riesce a farlo, il perchè i gialloblù siano arretrati così tanto a difendere la propria area quando potevano invece condurre contropiedi fulminei con la velocità di Tankovic e la freschezza di una punta come Gustav Engvall. Di certo urgono aggiustamenti difensivi, il reparto che in Repubblica Ceca rese così orgogliosi e che oggi, in Polonia, fa acqua da ogni parte.

Matteo Albanese

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