Tornano le coppe, torna la Champions League; dopo due mesi dall’ultima partita della fase a gironi, finalmente torneremo a sentire la musica che più ci affascina e ci fa sognare. Risuonerà anche tra le mura dell’Olimpico, che non vedeva un ottavo di finale dalla stagione 2010-2011 quando la squadra dell’allora tecnico Ranieri (nella gara di ritorno in Ucraina l’lenator era invece Montella) venne eliminata dallo Shakhtar. L’avversario stavolta è molto più proibitivo: parliamo del Real Madrid di Zinedine Zidane, subentrato alla guida dei Blancos dopo l’esonero di Benitez. La Speranza per i giallorossi è Miralem Pjanic.
Se per la Roma è una sfida al limite dell’impossibile, una sorta di Davide contro Golia, Spalletti affida le sue speranze al genio calcistico di Pjanic, geometra del centrocampo giallorosso e letale sui calci di punizione dal limite dell’area. Il Bosniaco è entrato a partita in corso nell’ultima giornata di campionato, risultando decisivo per la vittoria romanista. Troppo importante il suo estro in un centrocampo formato da soli incontristi; la classe di “Giotto” (come viene soprannominato Pjanic a Roma) è indispensabile da quando Spalletti, subentrato all’esonerato Garcia, ha cambiato modulo arretrando De Rossi come centrale difensivo. Il tecnico di Certaldo con il suo 3-4-2-1, concede massima libertà al centrocampista di Tuzla, che in questo modo può dettare i tempi di gioco per una fluida manovra offensiva Il suo unico difetto? E’ discontinuo. A Roma gli viene imputato di giocare quando vuole, però la classe non si discute ed infatti il Real e il Barcellona hanno messo gli occhi su di lui, ma Spalletti non vuole cederlo anche perché Totti (che a Roma conta qualcosa) ha detto di Pjanic “E’ il mio erede”. Beh, con la benedizione del “capitano” è tutto più semplice ma in una partita così importante non sono ammesse serate di luna storta.
Il Real, le sue speranze (piuttosto alte), di passaggio il turno le può affidare a molti dei suo campioni: Ronaldo, Benzema, James Rodriguez, Isco sono tutti giocatori che fanno paura e possono decidere la partita in qualsiasi momento, ma la mole di gioco prodotta dalle Merengues passa dal centrocampo, e soprattutto dai piedi di Luka Modric.
Zidane, con il suo 4-3-3 tutta fantasia ha creato una squadra che, a prima vista può risultare spaccata a metà: 4 difensori più Kroos da una parte e 3 attaccanti più due incursori dall’altra. Il lavoro del centrocampista croato viene troppo spesso “oscurato” dai fenomeni che hanno il compito, svolto egregiamente, di segnare. Senza Modric il Real sarebbe davvero diviso in due perché il fenomeno di Zara (la sua città di nascita) lega perfettamente le due fasi di gioco dei Blancos con continuità, classe ed eleganza.
Un campione imperscindbile totalmente rigenerato dalla cura del nuovo tecnico con cui ha guadagnato fiducia e consapevolezza nei propri mezzi tornando il grande giocatore visto nella gestione Ancelotti capace anche di decidere le partite.
Parata di stelle domani sera all’Olimpico; non solo Dzeko e Ronaldo, Salah e Benzema ma la sfida di domani sarà soprattutto Pjanic vs Modric, due maestri che dirigono le loro orchestre.