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Perù, ti hanno dato una mano

Era il lontano 22 Giugno 1986 e ai quarti di finale di quel Mondiale l’Argentina sconfisse l’Inghilterra grazie ad un goal di mano di Maradona; quella rete passò alla storia come la “Mano de Dios“. A distanza di trent’anni la storia si ripete con protagonisti diversi; lo scenario è quello della Copa America, la partita è Brasile-Perù, decisiva per il passaggio ai quarti di finale. La gara è bloccata sullo zero a zero e con questo risultato passerebbe la “seleçao“. A un quarto d’ora dalla fine Ruidiaz, attaccante del Perù, decide di imitare Maradona e con lo stesso tipo di irregolarità segna la rete della vittoria che porta la sua squadra alla fase successiva della manifestazione.

Perù, l’ultima volta fu titolo

Quanto successo questa notte al “Gillette Stadium” di Foxborough ha dello storico; e non solo per il Brasile, che viene eliminato ai gironi e continua il suo momento negativo, ma soprattutto per la “blanquirroja” che con questa vittoria si qualifica ai quarti di finale della Copa e può sognare in grande. Infatti, nonostante la squadra di Gareca non sia la squadra più forte della manifestazione, esiste un precedente che può far sognare. Nel 1975 la nazionale allora allenata da Marcos Calderon, eliminò il Brasile in semifinale e poi andò a vincere la competizione contro la Colombia; la stessa Colombia che si ritroverà di fronte ai quarti di finale di questa edizione. Quarantuno anni dopo il Perù ci riprova; intanto il primo passo è stato fatto, la “selecao” è stata eliminata.

Il miracolo di Gareca

Nel successo dei “blanquirroja” non c’è solamente la mano del destino, ma l’impronta di chi ha saputo costruire un gruppo umile, compatto e consapevole delle proprie capacità. In un girone dove Brasile e Ecuador erano le favorite per il passaggio del turno, Gareca ha saputo dare alla sua squadra un’identità ben precisa. Nonostante un gruppo giovane (i giocatori di miglior talento come Pizarro e Farfan sono rimasti a casa), la squadra ha mostrato di essere unita e ha sopperito alla mancanza di qualità con il carattere e con la voglia di stupire. Il primo step (il passaggio del turno) è stato superato. Ora il Perù non vuole smettere di sognare.

L’importanza di chiamarsi Neymar

Se per l’Argentina Di Maria è l’uomo chiave e per il Cile il ruolo di leader è di Vidal, nel Brasile l’uomo con più talento è senza ombra di dubbio Neymar. In un momento come questo, in cui la “selecao” sta vivendo una crisi di talenti, l’attaccante del Barcellona risulta indispensabile. Il doppio impegno ravvicinato dei “pentacampeones” (Copa America e Olimpiadi) ha messo Neymar di fronte ad una scelta e alla fine la decisione è stata quella di trascinare i suoi compagni alla conquista dell’oro olimpico, rinunciando alla Copa. Risultato? Brasile eliminato in un girone tutt’altro che irresistibile. Vero che il goal che ha mandato a casa i ragazzi di Dunga era irregolare, però il gioco espresso dalla nazionale “verdeoro” è stato privo di idee e molto confusionario. D’altronde se l’unica partita dove riesci a importi è contro Haiti, qualche domanda sorge spontanea. L’importanza di Neymar si era già vista nei Mondiali del 2014. Chi mancava nella disastrosa semifinale contro la Germania? Proprio lui, Neymar; molto probabilmente non sarebbe cambiato nulla ma quando un giocatore è così determinante come il talento del Barcellona, averlo o non averlo fa tutta la differenza del mondo.

L’esperienza di Dunga alla guida del Brasile forse è agli sgoccioli; dopo il Mondiale serviva una risposta positiva che non è arrivata. Ora solo l’Olimpiade può salvare una nazionale che dire in crisi è dire poco. Umore completamente opposto in casa Perù che sogna un’altra impresa; dopo il Brasile ecco la Colombia proprio come nel 1975, quando la “blanquirroja” vinsero la Copa. 

Saverio Fattori

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