Cristiano, e chi sennò. Non era facile questa sera al Bernabeu reggere la pressione, dover ottemperare l’obbligo della rimonta per non lasciare i tifosi una stagione intera a guardare esultare gli altri; non doveva essere facile nemmeno pensare che la rimonta di oggi in qualche modo sarebbe arrivata perché il Real di quest’anno è tutto e il contrario di tutto, è un’astronave folle che sa farti viaggiare in qualsiasi dimensione ma ti può abbandonare da un momento all’altro.
Serviva Cristiano, serviva più di tutti, serviva così. Una doppietta in meno di un minuto, un continuo segnale di vita, un’estenuante presenza per far capire che il Real di Zidane è vivo, forte, competitivo. Fino alla fine. E poco importa se il gol non sono giocate spaziale ma lesti gesti tecnici di chi sa punire una difesa distratta e sfruttare il minimo errore.
Tre gol, tre sentenze che mettono al tappeto un Wolfsburg determinato ma importente, sognatore ma sconfitto. È l’ennesima serata che celebra l’uomo che veste di bianco, l’uomo che ha onorato la tradizione del numero 7 e lo ha messo sullo stesso piano del 10.
In queste partite si ha bisogno di un riferimento e mai come oggi era il giorno di CR7: troppe critiche, troppi dubbi su quanto sia decisivo nelle partite che contano, soprattutto in questo anno tribolato. Ma come non basta l’ennesima stagione sopra le 30 reti e il gol partita nel Clasico del Camp Nou? No, se sei Cristiano non basta mai e ogni limite superato ne crea uno nuovo.
Non c’è più spazio per perplessità sul suo conto, non stasera che ha preso sulle spalle una squadra, e che squadra, portandola sui binari che conducono alle semifinali, binari fatti di realtà, non di illusione.
Il Real Madrid ha bisogno di essere protagonista, di tirare fino in fondo in questa Champions League perché non è nel suo DNA passare un anno a bocca asciutta. Una squadra ancora incompleta, incoerente e discontinua che però quando trova la sua luce in quella maglia bianca numero 7 sembra non avere alcun confine.
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