Vincere all’interno di uno stadio che ti è completamente ostile non è certo cosa semplice, soprattutto quando tutto sembra andarti storto con un arbitraggio non proprio favorevole. È però quando bisogna lottare fino alla fine e stringere i denti che nascono le imprese eroiche, quelle più indimenticabili e più emozionanti e tra queste non può mancare l’iconica semifinale dell’Europeo del 2000 tra Italia e Olanda.
Gli Oranje erano assieme al Belgio la nazione ospitante del massimo torneo continentale e volevano rifarlo proprio a distanza di dodici anni da quell’unico trionfo in Germania Ovest nel 1988. Guidati in panchina da quel Frank Rijkaard che vinse quell’unico titolo, per i padroni di casa fu trionfale la prima parte della competizione. I gironi vennero vinti di slancio con ben tre vittorie in altrettante partite, prima di misura e su rigore contro la Repubblica Ceca, poi un dominio per 3-0 sulla Danimarca e infine il successo contro i campioni del mondo in carica della Francia con uno spettacolare 3-2 che garantiva il primato. Ai quarti di finale ci fu poi un altro favoloso trionfo contro la Jugoslavia che venne schiacciata da un 6-1 tennistico che vide sugli scudi Patrick Kluivert autore di una tripletta e nei Paesi Bassi si iniziava a credere seriamente nella vittoria. Dall’altra parte anche l’Italia guidata da Dino Zoff aveva fatto vedere grandi cose, magari in maniera meno roboante e trionfale dei padroni di casa, ma comunque era stata in grado di ottenere solamente vittorie. In un girone non proibitivo vennero spazzate via Turchia, Belgio e Svezia e a sorpresa ai quarti ci fu la sfida con la Romania, squadra presente nel “girone della morte” con Germania, Inghilterra e Portogallo, che arrivò seconda e che venne sbloccata dalle reti di Totti e Inzaghi già nel primo tempo in quel di Bruxelles.
L’Amsterdam ArenA è pronto ad accogliere i propri beniamini nel migliore dei modi e la macchia azzurra nello stadio non può certo pensare di sovrastare il frastuono e la passione della marea arancione. Zoff è molto guardingo e schiera una difesa a cinque, con Zambrotta e Maldini liberi di poter spingere perché coperti alle loro spalle da Cannavaro, Nesta e Iuliano, mentre in attacco Del Piero e Inzaghi sono chiamati a un duro e spesso isolato lavoro. L’ex tulipano rossonero invece schiera una squadra con un 4-4-2 molto più offensivo con il duo Kluivert-Bergkamp pronti a finalizzare i cross di Overmars e Zenden. Fin dalle prime battute fu un monologo olandese con gli Azzurri bloccati nella loro metà campo, incapaci di uscire palla al piede e con un Francesco Toldo che diventò sempre più impegnate durante il proseguio della partita. La prima clamorosa palla gol capitò sui piedi del numero dieci di casa, con Bergkamp che aveva ancora il dente avvelenato con il Belpaese, a causa dei suoi due tristi e cupi anni all’Inter, ma il suo destro a incrociare sbattè contro il palo salvando così i ragazzi di Dino. Verso la fine del primo tempo ecco però la prima svolta della partita, con Zenden che per l’ennesima volta riuscì a superare uno Zambrotta spaesato che lo atterrò fallosamente ricevendo così il secondo giallo e lasciando l’Italia in dieci uomini. Già con la parità numerica la superiorità olandese era netta e poco dopo l’espulsione arrivò il secondo momento che sembrò decretare la finalista di quell’Europeo. Nesta strattonò Kluivert in area di rigore impedendogli di girarsi e, nonostante l’ex milanista fosse rimasto in piedi, per l’arbitro tedesco Markus Merk fu calcio di rigore. Decisione decisamente dubbia e controversa, ma ormai tutto si stava riversando contro gli Azzurri e Frank De Boer si presentò dagli undici metri per sbloccare il risultato. Il sinistro del Capitano fu forte e preciso, ma Toldo intuì la direzione e con uno splendido tuffo riuscì a deviare la palla in calcio d’angolo mantenendo invariato il risultato. I rigori però non furono terminati per l’Olanda che nella ripresa ne beneficiò di un altro, questa volta decisamente più netto, a seguito di un pessimo intervento in ritardo di Iuliano sul compagno di squadra con la Juventus Edgar Davids ma questa volta venne cambiato il tiratore. Non più il rigorista della nazionale, ma bensì il cannoniere, quel Patrick Kluivert che voleva diventare sempre più uomo gol del torneo. Il suo piatto destro spiazzò il numero uno della Fiorentina, ma fu troppo angolato e sbatté sul palo per il secondo clamoroso errore dal dischetto da parte dei padroni di casa che dopo quella seconda conclusione non andata a buon fine iniziarono a capire che quel giorno non sarebbe andato tutto per il meglio. Delvecchio ebbe un paio di valide occasioni in contropiede, ma lo 0-0 non si sarebbe mai sbloccato e dopo centoventi minuti di assoluta sofferenza per l’Italia era tempo dello spauracchio degli Azzurri: i calci di rigore. Negli precedenti tre Mondiali la Nazionale era stata eliminata proprio con questa modalità e, anche se i tiri dagli undici metri erano l’unica speranza di qualificazione, la paura era immensa. A iniziare la serie fu proprio Gigi Di Biagio, l’uomo che sbagliò due anni prima in Francia condannando la squadra all’eliminazione, ma fu freddo e glaciale e di destro mise il pallone all’incrocio dei pali. L’Olanda rispose con Frank De Boer che aveva voglia di riscatto eppure quella non era proprio la sua giornata e uno specialista come lui calciò forte e centrale con Toldo che gli parò ancora una volta la conclusione. Quel giorno il portiere di Padova sembrava essere un gigante insuperabile e non era ancora finita. Pessotto piazzò di destro la palla all’angolino e subito dopo Jaap Stam calciò alle stelle dando un clamoroso doppio vantaggio dopo soli due giri e il meglio doveva ancora venire. Francesco Totti sfidò la paura e presentò al mondo il “Cucchiaio” che bastò per battere un Van der Sar che si buttò con largo anticipo per il 3-0 che sapeva di trionfo. Kluivert mantenne in vita le speranze Oranje segnando il primo rigore della giornata, al quinto tentativo totale, e il portiere della Juventus allungò ancora di più la serie neutralizzando la pessima conclusione di Maldini, ma in fondo era giusto così, perché quello era il giorno di Francesco Toldo. Bosvelt prese la palla e la posizionò sul dischetto incrocisndo la conclusione con il numero dodici che intuì e volò all’angolino parando da campione un’altra conclusione e questa volta era l’intervento decisivo, quella che valeva una finale a un Europeo che mancava da trentadue anni.
Toldo doveva essere riserva in quel torneo, doveva essere il secondo di un Buffon che si infortunò a convocazioni già effettuate, doveva essere un rincalzo, uno di quelli che non passano alla storia. Eppure alle volte il destino si diverte a cambiare le carte in tavola e in quell’estate divenne un immortale del calcio italiano disputando probabilmente la più grande partita di sempre per un portiere con la Nazionale. Riserve che vanno in Paradiso, espulsioni, rigori sbagliati, tifo passionale e tanto splendido calcio in uno dei tornei più importanti al mondo, perché è anche per questo e molto altro che nasce una “Partita leggendaria“.
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