Alla fine della Seconda Guerra Mondiale il calcio era ancora di difficile lettura e in pochi potevano sapere cosa sarebbe successo di lì a pochi anni. Negli anni ’30 questo sport aveva raggiunto picchi incredibili, con l’organizzazione dei primi tre Mondiali della storia che avevano permesso di unire varie squadre e culture per stabilire chi fosse la migliore sul campo verde. Chi si sentiva però ancora troppo superiore rispetto alla concorrenza era l’Inghilterra che voleva affrontare solo i campioni in carica. L’Italia fu per ben due edizioni consecutive la migliore al mondo e nelle amichevoli subito post titolo non sfigurò mai contro i Tre Leoni.
Gli Azzurri erano stati tra le nazionali che più di tutte si era meglio comportata contro i Maestri del calcio, dato che già nel 1933 alla prima storica partita a Roma riuscirono a strappare un prestigioso 1-1, con il vantaggio durato tutto il primo tempo grazie a Giovanni Ferrari. Il risultato diede parecchia fiducia in vista del Mondiale casalingo che infatti venne vinto e pochi mesi dopo il titolo iridato, l’Inghilterra invitò la squadra di Pozzo a Londra per una gara di primissimo livello. Vinsero per 3-2 i padroni di casa, ma la Nazionale uscì a testa altissima tra gli applausi del pubblico di casa venendo ribatezzati come i “Leoni di Highbury“. La sconfitta però diede ancora più orgoglio e più convinzione nei propri mezzi all’Italia che si confermò ancora i migliori del mondo, prima con il trionfo nell’Olimpiade di Berlino nel 1936 e poi con il secondo titolo Mondiale in Francia nel 1938. Grazie al successo transalpino Pozzo e i suoi poterono sfidare ancora l’Inghilterra, ma questa volta furono i britannici a scendere nella penisola per disputare un’altra amichevole memorabile a San Siro. Una rete di pugno di Piola diede l’illusione di una possibile vittoria per 2-1, ma a dieci dalla fine fu Hall a battere Olivieri per il pareggio finale. Gli Azzurri si sentivano a ragion veduta a pari livello degli inventori del calcio, ma il conflitto bellico bloccò la crescita e l’espansione dello sport più bello del mondo. Le edizioni del Mondiale 1942 e 1946 vennero annullate e quando si capì che si poteva tornare alla normalità, nella primavera 1948 si organizzò a Torino un’amichevole tra Italia e Inghilterra.
Il 16 maggio 1948 si disputò una delle partite che più di tutte segnarono la storia della Nazionale che, risultati alla mano, ci mise più di dieci anni per riprendersi. Il commissario tecnico era ancora il leggendario Vittorio Pozzo, grandissimo per capacità di conoscenza del calcio e come motivatore, ma ancora troppo ancora al Metodo, modulo ormai vecchio e superato. La presenza quindi di una vasta quantità di giocatori del Grande Torino, ben sette su undici, non bastò per migliorare la squadra perché abituati a giocare con il Sistema si trovarono spiazzati. Soprattutto la mancanza di giocatori come Rigamonti e Castigliano non permise di avere quel giusto collegamento tra centrocampo e difesa e l’Inghilterra ne approfittò alla grande. Walter Winterbottom dal canto suo poteva contare su una serie di giocatori di primissimo livello, in particolare il sempreverde Stanley Matthews, imprendibile ala d’attacco considerato già non più giovanissimo ma che avrebbe incantato la platea internazionale ancora per moltissimi anni. La partita iniziò subito con gli inglesi all’attacco alla ricerca del gol del vantaggio e nemmeno il tempo di iniziare che ecco arrivare il punto del vantaggio britannico. Stan Mortensen se ne andò sulla fascia destra a Grezar e quasi dalla linea di fondo calciò forte alla ricerca di Lawton o Finney al centro dell’area di rigore. La palla però prese uno stranissimo effetto e incredibilmente rientrò verso la porta sorprendendo un Bacigalupo che si era già spostato verso il centro dell’area venendo così battuto con un gol incredibile. La sfida era appena iniziata e l’Inghilterra si trovava già in vantaggio. L’Italia però è davanti al proprio pubblico e non può certamente alzare già bandiera bianca con gli attacchi che non mancano, ma quel giorno i britannici sfruttano al migliore dei modi la tattica del fuorigioco. È proprio grazie a questo modo di giocare con la difesa alta che prima Romeo Menti e poi Riccardo Carapellese si videro annullare due reti dall’arbitro spagnolo Escartin, anche se quella del milanista fu davvero al limite. I Tre Leoni avevano però dalla propria parte un grandissimo campione in giornata di grazia e dopo una rete capolavoro, Mortensen si riscoprì anche splendido uomo assist e con un palla filtrante tagliò tutta la difesa Azzurra servendo perfettamente Tommy Lawton che in corsa freddò Bacigalupo per il 2-0 che di fatto chiudeva già le ostilità a fine primo tempo. Il problema sembrava risiedere proprio nel centrocampo con Valentino Mazzola lasciato praticamente solo, con il duo Grezar-Annovazzi che proprio non riusciva a legare e che non garantiva quel filtro necessario per fermare l’avanzata avversaria. Nella ripresa l’Italia provò a riprendersi e fu Guglielmo Gabetto a scuotere una squadra che si era spenta sempre di più, calciando un gran destro che venne respinto solamente dalla traversa, ma da lì in poi fu ancora un massacro. Matthews crossò al centro dell’area per Tom Finney che entrò che si liberò della marcatura di Ballarin e di sinistro al volo segnò il 3-0 e dopo pochi minuti ecco il poker. Fu ancora il migliore in campo Mortensen a servire l’attaccante del Preston North End che batté per la seconda volta il portiere del Torino per un 4-0 che rappresentò l’ultima volta di Vittorio Pozzo sulla panchina della Nazionale maggiore, il definitivo addio avvenne solo dopo l’Olimpiade di Londra.
Quell’Italia aveva del grande potenziale, ma purtroppo poco meno di un anno dopo, il 4 maggio 1949, l’aereo che trasportava i giocatori del Grande Torino cadde a Superga distruggendo per sempre una squadra memorabile e i sogni della Nazionale per il Mondiale 1950. La ripresa del grande calcio dopo la Guerra, il confronto tra due diversi stili di gioco, una rete impossibile e un dominio senza precedenti ed è grazie a questo e molto altro che nasce una “Partita leggendaria“.
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