Il calcio degli anni ’30 è un mondo magico e inesplorato, fatto di storie e miti che forse alle volte vanno un po’ oltre la realtà, ma è un’epoca che ha permesso a questo sport di diventare globale e planetario. Grande merito va indiscutibilmente alla nascita del Mondiale da parte della Fifa e nelle prime due edizioni furono Uruguay e Italia a vincere come squadre organizzatrici del torneo, anche se nel 1938 era giunto il momento di diventare grandi anche fuori dai propri confini. Il torneo francese fu estremamente spettacolare e gli Azzurri erano pronti per il bis titolato arrivando alla finale contro una grande Ungheria.
Vittorio Pozzo era sempre alla guida della Nazionale che era salita sul tetto del mondo nel 1934 e quella che si presentò in territorio transalpino quattro anni dopo era probabilmente ancora più forte. Il centravanti non era più Angelo Schiavio ma bensì il grande Silvio Piola che con Giuseppe Meazza e Gino Colaussi creò un trio offensivo straordinario. L’esordio di Marsiglia contro la Norvegia si rivelò più complicato del previsto e dopo l’immediato vantaggio di Pietro Ferraris fu Brustad a trovare il pareggio mandando così la sfida ai supplementari. Fu proprio Piola a trovare il suo primo gol in Coppa del Mondo garantendo il passaggio ai quarti, ma qualcosa non funzionava. Il rigidissimo ritiro imposto dall’alpino Pozzo si rivelò un boomerang e solo il Capitano Meazza riuscì a far cambiare idea al c.t. lasciando spazio a qualche uscita amorosa dei giocatori. Con la mente più libera gli Azzurri divennero una macchina perfetta già contro gli ostili padroni di casa dalla Francia che vennero schiacciati da un netto 3-1 che portò il pubblico di Parigi a riconoscere la supremazia italiana. La semifinale contro il Brasile aveva tutta l’aria di essere il vero ultimo atto con i sudamericani estremamente sicuri della loro forza, tanto da non schierare la loro punta di diamante Leônidas in vista della finale. Mai sottovalutare l’Italia, soprattutto se capace di schierare fenomenali campioni come Colaussi e Meazza che nella ripresa segnarono i due gol che valsero l’ultima partita del torneo. Dall’altra parte vi era una delle quattro grandi nazioni dell’Europa continentale degli anni ’30, un’Ungheria che aveva in Sárosi il suo uomo di punta che iniziò già nel migliore dei modi gli ottavi di finale contro le Antille Olandesi. Un 6-0 netto e insindacabile per una squadra stellare che nel quarto di finale pensava di incontrare la Germania nazista che aveva già annesso la fortissima Austria, ma che invece dovette battagliare con la rivelazione Svizzera. Ancora Sárosi e Zsengellér diedero il successo per 2-0 che portò dritto alla trionfale semifinale contro la Svezia. Gli scandinavi passarono in vantaggio dopo solo un minuto con Nyberg, ma la gioia durò poco. Già a fine primo tempo i magiari avevano ribaltato le sorti dell’incontro portandosi sul 3-1 e a fine partita il tabellino si fermò sul 5-1 portando così l’Ungheria per la prima volta nella sua storia in finale di un Mondiale.
Il 19 giugno 1938 allo Stade Yves du Manoir di Colombes si disputò la terza finale della storia della Coppa del Mondo e l’Italia puntava a confermarsi campione per la seconda volta consecutiva. Vittorio Pozzo schierò la sua formazione migliore con l’imprendibile ala Biavati sulla destra, l’eterno Giovanni Ferrari come interno a servire le punte Piola e Colaussi e con Meazza nel ruolo di tutto fare dalla trequarti in su. Álfred Schaffer decise di giocare a specchio con il Capitano Gyorgy Sárosi a ispirare l’azione d’attacco con Gyula Zsengellér pericolo numero uno per la difesa Azzurra. La Nazionale aveva già nel catenaccio e contropiede la propria filosofia di gioco, molto diversa rispetto a quella che svilupperà dagli anni ’60 in poi, ma con un gioco estremamente più accorto per l’epoca rispetto ai rivali ungheresi che volevano mostrare al mondo la loro straordinaria tecnica e bravura.
Che sarà una partita estremamente gradevole e divertente lo si capì già dopo soli sei minuti con Biavati che fintò il suo classico doppio passo per appoggiare la palla a Meazza che di prima intenzione crossò al centro per Colaussi. Il laterale della Triestina calciò di piatto sinistro al volo lasciando di sasso Szabó per l’1-0. I magiari però non si diedero certo per vinti e raggiunsero immediatamente il pareggio grazie all’attaccante del Mtk Budapest Pál Titkos che raccolse in area di rigore un corto rinvio di testa di Foni e con una cannonata di sinistro freddò Olivieri. Erano passati solamente otto minuti, e due tra una rete e l’altra, con il risultato che era già sull’1-1 anche se il primo tempo da questo momento iniziò ad avere un unico padrone. L’Italia prese il comando dell’offensiva e il bolognese Biavati si mangiò una straordinaria occasione per il raddoppio allargando troppo la conclusione da pochi passi e poco dopo fu il palo a negare a Piola una rete che non tardò ad arrivare. Fu un capolavoro il gol che riportò in vantaggio gli Azzurri che orchestrarono una serie di passaggi nello stretto che mandarono in totale confusione i difensori avversari. Colaussi, Meazza, Ferrari e Piola si scambiarono ripetutamente il pallone fino a quando il cannoniere della Lazio non decise di caricare il destro mettendo la palla sotto l’incrocio dei pali per quella che rimane ancora oggi una delle più grandi reti di squadra della storia del Mondiale. Questa volta l’Ungheria non riuscì a reagire e con un pressing alto, la Nazionale controllava il gioco nella metà campo magiara e ancora una volta fu il palo a salvare i ragazzi di Schaffer sulla conclusione di Ferrari. Il tris però era nell’aria e ancora una volta a ispirare l’azione fu quel fenomeno chiamato Giuseppe Meazza che confezionò il terzo assist della sua partita. Il lungo lancio dell’interista permise a Gino Colaussi di volare sulla fascia sinistra, resistere alla marcatura di Biró e con un dolce tocco di punta da pochi metri segnare il 3-1 che mandava le squadre all’intervallo con l’Italia saldamente in vantaggio. Il dominio degli Azzurri continuò anche nella ripresa, tanto che la squadra italiana sembrò peccare un po’ troppo di superbia e spavalderia sotto porta e quindi, dopo il terzo palo colpito da Biavati, ecco che l’Ungheria tornò a farsi sotto. Il gran destro in corsa di Sárosi riaprì le speranze, ma con gli avversari indietro di una sola lunghezza, la Nazionale tornò solida e concentrata al massimo con Rava e Foni che non fecero passare più nulla. Serviva però la rete della tranquillità che arrivò in contropiede con Giovanni Ferrari che se andò velocissimo sulla fascia destra e crossò forte e teso al centro per Silvio Piola che impattò al volo con il collo del piede mettendo la palla all’angolino. Era la rete del 4-2 e a otto minuti dalla fine la squadra venuta da est alzò definitivamente bandiera bianca. A fine partita poté finalmente iniziare la festa con la Coppa Rimet che venne consegnata nelle mani dell’immortale Giuseppe Meazza.
L’Italia era la prima squadra a vincere la Coppa del Mondo per la seconda, la prima a farlo per due tornei consecutivi e la prima a vincere non come nazionale organizzatrice del torneo. Insomma quello del 1938 fu un trionfo straordinario che consacrò gli Azzurri come la più grande potenza di quel decennio. L’apice di una Nazionale leggendaria, il trionfo di un commissario tecnico unico, il dominio netto e convincente dal primo all’ultimo minuto e una straordinaria finale del Mondiale ed è anche grazie a questo e molto altro che nasce una “Partita leggendaria“.