C’è chi tra un Mondiale, una Champions o un Pallone d’Oro può vantare la medaglia più importante ai Giochi Olimpici. Ed è un club di campioni
Il calcio non è proprio lo sport più seguito e amato in un’Olimpiade. È da sempre così e Parigi 2024 (le gare sono già iniziate da un paio di giorni, ma oggi è in programma la cerimonia d’apertura) non è da meno per quanto riguarda il “football”. Però, sono tanti i talenti (anche in passato) che hanno potuto rappresentare il proprio paese ai Giochi Olimpici, vincendo l’oro, la medaglia più ambita. Quindi, vediamo quali sono i 10 giocatori iconici che hanno potuto mettere al collo il metallo più prezioso. Facendo poi una carriera straordinaria tra titolo e Palloni d’Oro.
Non poteva non essere il primo della lista. La Pulce in carriera ha vinto di tutto in ogni angolo del globo. Ha vinto con Barcellona, Psg e Inter Miami (i suoi tre club in carriera), ma ha vinto soprattutto con la sua Nazionale, l’Argentina. Ha conquistato un Mondiale (Qatar 2022 in finale contro la Francia) e due Coppe America (l’ultima qualche settimana fa grazie al gol ai supplementari di Lautaro Martinez contro la Colombia). Inoltre, ha su una mensola di casa ben otto Palloni d’Oro. Mai nessuno come lui. Ma prima di vincere tutto questo, e correva l’anno 2008, durante i Giochi Olimpici di Pechino, con l’Albiceleste ha trionfato ai Giochi Olimpici in finale contro la Nigeria: “Vincere le Olimpiadi è speciale, si può fare solo una volta nella vita”, la felicità di Messi.
Da Messi a Neymar, il passo è breve. Per il Brasile vincere i Giochi Olimpici è stato un tabù, anzi una maledizione, fino a quelli di casa di Rio de Janeiro 2016 (successo ai rigori contro la Germania). O Ney ha pensato a questo trionfo dopo che due anni prima, durante i Mondiali di Brasile 2014, proprio i tedeschi vincono in semifinale contro la Seleçao per 7-1. Neymar non è in campo in quel match, ma piange a dirotto. Ma nella sua testa punta solo a una cosa: l’oro nell’Olimpiade di casa. Anche perché quattro anni prima, a Londra 2012, la Seleçao perde la finale contro il Messico e si deve accontentare dell’argento. In quel 2016 il brasiliano con l’Honduras segna anche il gol più veloce della competizione, 14 secondi dopo. Per onor di cronaca, ma senza Neymar, il Brasile vince l’oro anche a Tokyo. Ma a Parigi la Nazionale verdeoro non c’è.
Ha un record che nessuno può vantare: ha vinto due Triplete di fila. Nel 2009 con il Barcellona e nel 2010 con l’Inter di José Mourinho. Ma quando ancora doveva diventare il campione che noi tutti conosciamo, con il suo Camerun a Sydney 2000, in Australia, ha conquistato l’oro con i suoi Leoni Indomabili. Passano in maniera poco convincente i gironi, battono il Brasile nei quarti (ai supplementari), eliminano il Cile in semifinale (ed erano sotto di 1-0 a sei minuti dalla fine) e conquistano l’oro ai rigori contro la favoritissima Spagna.
Quattro anni prima della vittoria del Camerun a Sydney 2000, il calcio olimpico conosce il trionfo della Nigeria ad Atlanta 1996. E in quella Nazionale gioca l’idolo di un’intera generazione: Jay-Jay Okocha. È considerato l’artista del dribbling e il pallone non si stacca mai dai suoi piedi. Così la Nigeria passa il girone, elimina il Messico nei quarti per 2-0 e fa la storia buttando fuori il Brasile in semifinale (rocambolesco 4-3 ai supplementari) e l’Argentina in finale, battuta 3-2. Oltre a Okocha in quella squadra ci sono Taribo West, Ikpeba e Oliseh.
È considerato uno delle ali più iconiche tra gli anni ’70 e ’80. Con la sua Polonia affrontò l’Italia nella semifinale di Spagna ’82. Ma 10 anni prima, ai Giochi Olimpici di Monaco di Baviera, Lato conquista l’oro con la sua Nazionale, che domina dall’inizio alla fine del torneo. Grazie a Lato, appunto, ma anche a giocatori come Deyna e Gadocha.
Si sta parlando di uno dei più grandi centrocampisti della storia del calcio. Passato alla storia per l’acronimo, quando giocava nel Milan, Gre-No-Li: insieme ai suoi gemelli Gren e Nordhal. Ed è proprio con loro due che vince l’oro con la Svezia ai Giochi Olimpici di Londra 1948. Vittoria per 3-1 in finale contro la Jugoslavia: segnano sempre Gren e Nordahl che incontrerà anche con la maglia rossonera, poco dopo. La loro leggenda termina poi al Mondiale svedese del 1958, quando vengono sconfitti 5-2 dal Brasile, guidato da un 17enne: Pelè.
Nel 1992 Pep Guardiola è diventato da poco campione d’Europa con il Barcellona, vincendo la Coppa dei Campioni ai supplementari contro la Sampdoria di Gianluca Vialli e Roberto Mancini. Guardiola con la sua Spagna vince l’oro, nell’Olimpiade di casa, nel 3-2 rifilato alla Polonia e viene nominato miglior giocatore del torneo: in quell’edizione olimpica si creano le basi del nuovo ciclo della Roja, sconfitta però da Roberto Baggio nei quarti dei Mondiali di Usa ’94.
L’unico portiere nella storia del calcio ad aver vinto il Pallone d’Oro. È considerato una leggenda tra i pali. Con la sua Unione Sovietica ha anche vinto la prima edizione, correva l’anno 1960, degli Europei. Ma quattro anni prima, nei Giochi Olimpici di Melbourne del 1956, Yashin conquista anche la medaglia d’oro. E il merito è soprattutto dell’uomo col berretto che difende la porta, capace di subire soltanto due gol in quattro partite. Ed è decisivo anche nella finalissima vinta 1-0 contro la Jugoslavia.
Tra i giocatori che hanno trionfato all’Olimpiade non poteva non esserci Puskas, simbolo dell’Ungheria più forte di sempre, quella di inizio anni ’50, si contano ben 32 partite ufficiali senza perdere. La serie conosce il suo apice nel ’52, nei Giochi di Helsinki. Puskas segna quattro gol in un torneo a dir poco dominato: l’Ungheria gioca cinque partite, le vince tutte e segna la bellezza di 20 gol, subendone solo due. In finale regola la solita Jugoslavia 2-0 e ovviamente Ferenc ci mette la firma. Due anni dopo, però, il sogno ai Mondiali di Svizzera 1954 si infrange in finale contro la Germania Ovest.
Grazie ai due ori vinti con l’Uruguay a Parigi 1924 e Amsterdam 1928, l’Europa impara a conoscerlo come la Maravilla Negra, perché come scrisse di lui Eduardo Galeano, “nessuno aveva mai visto un nero giocare a calcio”. Per la Federazione di Montevideo quei due trionfi valgono quanto un Mondiale, visto anche il numero elevatissimo di squadre che vi presero parte (17 a Parigi, addirittura 22 ad Amsterdam: molte di più delle 13 del primo Mondiale, nel 1930). Ed ecco perché sulla maglia della Celeste ci sono quattro stelle e non due.
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