Il Sudamerica ha una mistica tutta sua e il calcio da quelle parti ha la piacevole ed emozionante abitudine di tenere tutto in gioco. C’è chi per gerarchia, storia e valore parte sempre davanti e alla fine spesso ci arriva anche, poi c’è chi è condannato ad inseguire, a correre dietro ad un sogno e a non mollarlo mai. Paraguay e Perù sono l’emblema di questo caso: pochi mezzi tecnici e a volte anche genealogici a disposizione per tenere in questo preciso momento storico il passo delle prime, ma un cuore talmente grande da tenere vivo anche il più impensabile dei sogni.
Da quando la generazione d’oro della Colombia ha messo la Cafetera nell’élite del calcio sudamericano queste due nazionali hanno visto sbarrarsi le porte dei Mondiali con il Paraguay che chiuse addirittura con un umiliante ultimo posto la fase di qualificazione dopo diverse partecipazioni consecutive. Il Perù invece non va ad una fase finale dei Mondiali dall’edizione di Spagna ’82, quella che chiuse il miglior periodo del calcio inca.
Ai nastri entrambe partivano battute per un posto nelle prime cinque visto il blasone e lo spessore generale di Brasile, Argentina, Uruguay, Colombia e Cile ma l’animo profondamente legato al proprio territorio di due nazioni che affondano le proprie radici culturali su splendide realtà indigene non accetta la rassegnazione prima della definitiva sconfitta.
Ed ecco che a tre giornate dalla fine entrambe sono ancora in corsa, lì a 2 punti dal sogno iridato.
Il Perù ha cambiato marcia un anno fa ed eccezion fatta per la sconfitta del Brasile dei record (a proposito, con il successo con l’Ecuador sono 9 le vittorie consecutive, mai nessuno ci era riuscito prima) ha sempre portato a casa punti preziosi. Il Paraguay invece ha un rendimento più altalenante ma nelle gare da dentro o fuori sa tirare fuori un carattere che in pochi hanno nel proprio bagaglio morale.
E questo lo sa bene il Cile che questa notte pensava di anticipare la prenotazione del volo per Mosca e di mettere la parola fine sulle speranze della nazionale guaranì. Mai considerazione fu più sbagliata: l’Albirroja ha tirato fuori la migliore anima di se stessa, il sacrificio del gruppo ha portato ad un 3-0 a Santiago che tiene vive le speranze e affossa moralmente un Cile brutto, inconcludente e disunito. Difficile immaginare un successo esterno, impossibile pensarlo con queste proporzioni. Però il Paraguay è questo: mai disposti a morire fino all’ultimo minuto di battaglia.
Dello stesso avviso è anche il Perù. Certo l’impegno casalingo con la Bolivia era sulla carta molto meno proibitivo rispetto alla trasferta cilena ma questa vittoria tiene clamorosamente aperte le possibilità di qualificazione della nazionale andina che trascinata da un Cueva ormai superlativo andrà a giocarsi la propria candidatura nello scontro diretto con l’Ecuador sperando di avvicinare ancora di più la zona qualificazione.
Calendari complicati per entrambe, pochi margini di successo ma la consapevolezza di dare sempre il massimo e di non rinunciare a nessun sogno. Il Sudamerica è così: è una terra di calcio e sentimenti e spesso questi tengono in vita imprese impossibili. Forse non ci riuscirà nessuna delle due a partire per la Russia ma in ogni caso sarà impossibile uscire a testa bassa.
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