Jeunesse Esch, Slovan Bratislava, Everton e Stella Rossa. L’ultimo ostacolo posto dalla Moira al Panathinaikos nella primavera del 1971 fu quello che a conti fatti sarebbe stato il rimpianto maggiore nella storia della formazione ateniese. Un buco nel palmarés che è una voragine nel cuore di chi visse quei momenti con trepidazione, nell’attesa di portare finalmente la Coppa dalle grandi orecchie in giro per l’Acropoli, il Partenone, la lussuosissima via Kassaveti. Niente di tutto questo avvenne, il due giugno 1971, in un Wembley strapieno per la presenza di 83mila persone sugli spalti. I greci erano ovunque, avevano assaltato il cuore di Londra ormai controllato da orde di mirmidoni venuti appositamente per celebrare una vittoria in finale che avrebbe avuto pure un significato nascosto.
Contro l’egemonia del totalvoetbal di stampo oranje, Ferenc Puskás aveva attuato una sagace tattica psicologica. L’ungherese puntò moltissimo sul fattore politico, sicché la Grecia era tenuta sotto le briglie della Giunta, la Dittatura dei Colonnelli che avrebbe visto di ottimo grado un successo ellenico in Coppa dei Campioni col quale rinsaldare la propria posizione. Un instrumentum regni che col senno del poi non fu cristallizzato, spazzato via da una rete per tempo: van Dijk dopo soli 5′, il subentrato Haan a pochi istanti dal triplice fischio. I greci a Londra non seppero trattenere le lacrime, quelli rimasti a casa fecero scoppiare rivolte quasi a voler prendersela contro i numi pallonari che dall’Olimpo non s’erano prodigati per assicurare agli Argonauti il loro vello d’oro. Ironia a parte, fu la finale che consacrò Amsterdam come patria della rivoluzione dei tulipani, calcio fraseggiato e teorizzato da Rinus Michels sotto forma di 4-3-3, Johan Cruijff in mezzo, la corsa di Neskeens e il palleggio spinto al suo estremo.
Nulla poterono Kostas Eleftherakis e compagni, col centrocampista che polemicamente avrebbe rivelato alcuni dettagli soltanto qualche anno dopo. Pare infatti che la Giunta avesse multato l’intero Panathinaikos lamentando una mancanza d’impegno, fatto assurdo secondo il centrocampista che avrebbe poi chiuso la sua carriera in un altro club d’Atene, l’AEK. In ogni caso fu una campagna trionfale per i Πράσινοι, e non solo di Τριφύλλι pullulava la capitale inglese in quei giorni che precedevano la finale. Tra miti e leggende sembra assodato che a fare il tifo per il Panathinaikos si presentò pure una nutritissima schiera di sostenitori dell’Olympiakos, che misero sorprendentemente da parte la loro acerrima rivalità (il derby è tanto sentito che in Grecia lo si chiama Μητέρα των μαχών, “la madre di tutte le battaglie”) spinti dalla fratellanza e dall’orgoglio nel vedere i concittadini giocarsi la Coppa.
“Abbiamo giocato una specie di calcio che all’epoca non era normale in Europa – avrebbe spiegato brevemente Cruyff alla stampa – abbiamo giocato nel nostro stile, qualcosa che non si vedeva in altri paesi, e che ha attirato l’attenzione dell’Europa”. Quell’Ajax sbalordì il mondo, con meno corsa e più cervello, ma soprattutto con una vena di carattere che i Lancieri non erano ancora riusciti a mostrare. “Faremo l’Ajax più professionale, se qualcuno non è con me nel volere più disciplina e formazione, dillo ora, allora puoi andartene”, ricordò Sjaak Swart, che il 2 giugno 1971 giocava ala destra e fece saltare il banco ammattendo il suo marcatore, Anthimos Kapsis. Il greco commise un errore costato il 2-0 segnato da Haan, quella sera pianse a dirotto e sentì un macigno dentro. Ma la sorte si sarebbe presa cura di lui, e così il destino avrebbe stretto un patto con la sua famiglia. Papà Anthimos avrebbe raccontato al pargolo Michalis di quando arrivò a un soffio dalla Coppa dei Campioni. Qualche decina d’anni dopo, tuttavia, il figlio avrebbe vissuto un’esperienza a sua volta da raccontare al padre, con smisurato orgoglio: la trionfale campagna di Euro 2004.
Ecco il tabellino:
Ajax (4-3-3): Stuy; Neeskens, Hulshoff, Vasović, Suurbier; Cruijff, Rijnders (dal 46′ Blankenburg), Mühren; Swart (dal 46′ Haan), van Dijk, Keizer. All: Michels.
Panathinaikos (4-3-3): Ikonomopoulos; Tomaras, Kapsis, Sourpis, Vlahos; Domazos, Kamaras, Eleftherakis; Grammos, Antoniadis, Filakouris. All: Puskás.
Reti: 5′ van Dijk, 87′ Haan. Arbitro: Jack Taylor (Inghilterra).
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