Juan Antonio Pizzi Torroja è l’uomo che si è messo di traverso alla storia. Lui che una parte di questa storia ha contribuita a farla. Procediamo con ordine: stiamo parlando del Macanudo, ovvero tradotto, meraviglioso, magnifico, straordinario in senso morale e materiale. Pizzi è il ct della Roja che si è confermata campione della Copa America.
Finita la carriera da giocatore, spesa tra Barcellona, Valencia, altri club spagnoli, River Plate e Rosario Central, decide di diventare all’allenatore. Frequenta un corso a Barcellona, con Pep Guardiola e Luis Enrique. L’inizio del percorso di formazione lo svolge a La Masia, struttura del vivaio blaugrana, dove incontra quello che sarà l’uomo del suo destino, Lionel Messi. El diez aveva 14-15 anni e giocava come un eletto, in pratica vinceva le partite da solo. El Macanudo non poteva sapere che quel suo compatriota, sarebbe divenuto il più grande giocatore del calcio moderno e che quel Diez, con la maglia dell’Argentina lo avrebbe affrontato in finale della Copa America del Centenario. Il 30 Gennaio 2016 la Federazione calcistica lo sceglie come sostituto di Sampaoli. Difficile, quasi impossibile, ripetere gli eccellenti risultati del predecessore, ma lui ci crede.
Copa America 100
Il grande appuntamento è in estate con la Copa100, il suo Cile scenderà in campo negli Stati Uniti, da campione in carica. Gli avversari temibili sono molti, ma ogni formazione ha qualche cosa che non va. Il Brasile non ha convocato tutti i migliori in vista delle Olimpiadi. La Colombia sta affrontando un periodo di rinnovamento. Gli USA, sono sì cresciuti e giocano in casa, ma ancora non sono al massimo livello. L’Uruguay è privo per l’inizio di Luis Suarez. L’Argentina invece sembra una macchina perfetta, l’obbligo di vincere per portare un titolo che manca dal 1993, è però molto ingrombrante. Il torneo inizia con una sconfitta per 2-1 con l’Albiceleste, la Roja ha segnato solo al 93 con Fuenzalida, tra le due squadre parrebbe esserci un abisso tecnico. Il Cile si qualifica alla fase ad eliminazione diretta con due vittorie contro la Bolivia per 2 a 1 e contro Panama per 4 a 2. Ai quarti di finale c’è il Messico, sulla carta inferiori e il perentorio 7 a 0 lo dimostra. La semifinale è però un’altra storia, ci sono i Cafeteros, ma due gol nei primi 11 minuti di gioco, chiudono la pratica. Ad aspettarli al MetLife Stadium nel New Jersey, c’è l’albiceleste che ha demolito tutti gli avversari. La partita tra le due superpotenze del calcio sudamericano, è una vera finale, tesa, intensa e con poco spettacolo. I 22 schierati in campo giocano a specchio, il modulo di riferimento è il 4-3-3. Ebbene sì, non c’è più quel 3-4-1-2 delle meraviglie di Sampaoli. Il match termina come l’anno precedente ai rigori, dove Arturo Vidal sbaglia il primo penalty. Le cose si mettono per il verso sbagliato, ma Messi e Biglia falliscono le loro chance dal dischetto, mentre i Cileni non sbagliano e si aggiudicano la loro seconda Copa America della storia, in back-to-back. Gli 11 guerrieri sono gli stessi della finale del 4 Luglio 2015, di Santiago, eccezion fatta per il Mago Valdivia, sostituito da Fuenzalida.
La caída de los dioses vs la confirmación de los campeones
In tutto il mondo si è parlato di più della sconfitta dell’Argentina, dell’addio di Messi e poco si è parlato de los campeones. E’ stata la vittoria dell’aggressività e del pressing forzato. Isla e Fuenzalida seguivano i loro rispettivi avversari, fino a scambiarsi le posizioni, mentre sulla fascia sinistra Vidal, Diaz e Beausejour forzano delle palle perse all’Argentina. C’è da dire che l’aver giocato lungamente in 10 vs 10 ha aiutato il Cile, che tuttavia aveva subito il primo cartellino rosso, quindi ha sofferto più a lungo. Una volta ristabilita la parità numerica, il Cile ha anche preso in mano il gioco per dei tratti di gara, senza però rendersi molto pericoloso, solo 4 tiri in 120 minuti. Una delle chiavi vincenti per Pizzi è stato l’ingresso in campo di Puch, che ha fatto tutta la fascia, dando la possibilità a Beausejour di aggredire Lionel anche nelle zone centrali di campo. Si può dire quindi che l’edizione del Centenario, non è stata soltanto quella della caduta degli dei, ma anche quella del trionfo della Roja, squadra che ha saputo migliorarsi quanto contava di più. I padroni del calcio sudamericano, sono i cileni.
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