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Olympiakos batte PAOK, “we rule this land”

Quando la seconda rete stagionale del difensore centrale Björn Engels entrava in porta beffando Rodrigo Rey, il copione più straordinariamente beffardo era stato scritto. Niente sarebbe cambiato dal 51′ fino alla fine. L’ex Club Bruges, ampiamente voluto dall’ex tecnico Besnik Hasi al pari di molti ex compagni di club (Odjidja-Ofoe, Gillet, Proto), ha impresso il suo marchio in un match che potrebbe voler dire molto. “We rule this land” recita l’account Instagram di quelli del Pireo, con un tono che allo stesso tempo riesce ad essere provocatorio e tremendamente profetico. L’AEK aveva in mano la vetta della classifica, quando sono ormai trascorsi esattamente 25 anni dall’ultima Super League vinta dai gialloneri. Il PAOK, che in questo scontro diretto si è trovato a soccombere, stava pure ingranando un ruolino di marcia niente male. Solo il Panathinaikos, lungodegente, mancava all’appello delle grandi deluse dalla storia recente: insomma, prendetela così. C’erano tutti, ma proprio tutti, i presupposti per vedere un Olympiakos defenestrato dall’Olimpo.

Tale scenario, paradossale alla luce della ripresa che dal Karaiskakis stanno facendo notare al resto della Grecia, era stato agevolato da una serie di variabili impazzite: l’assenza di centrali difensivi (Romao adattato in quel ruolo era un tappullo, ma è ben presto divenuto esigenza per mancanza dei vari Vukovic e Botía), un gioco latitante, Besnik Hasi che da sergente di ferro si è trovato capitano di un bellum omnium contra homnes. Nessuno escluso: il duopolio Ansarifard-Emenike pareva normale, poi la dirigenza ha preso Djurdjevic, del quale si era probabilmente invaghita nel corso dei playoff contro il Partizan, e allora tutto s’è rotto: l’ex Palermo non ha fatto bene, El Fardou Ben è improvvisamente scomparso dai radar e in Champions League sono arrivate due scoppole non da poco (meno quella del Camp Nou, per coefficiente di difficoltà e morale delle due rose, ma la batosta casalinga del Karaiskakis contro lo Sporting è stata da censura). La crisi si è acuita ancor di più nel momento in cui nessuno pareva capirci più qualcosa: Tachtsidis entrava e usciva dal campo (e dall’elenco dei convocati) con una nonchalance pazzesca, Odjidja-Ofoe lo si è visto da falso nueve in un tridente che comprendeva pure Thanasis Androutsos come esterno alto a sinistra. Si arriva al dramma, alla follia psichica, all’accanimento terapeutico nei confronti di un malato che non è più guaribile. La scelta di Marinakis, in questo senso, è stata drastica: via il primario Hasi, dentro un infermiere che conosce bene il nosocomio ateniese del Pireo e che dunque spazio a Takis Lemonis. Già a marzo l’ex centrocampista era stato chiamato a raccogliere i cocci della gestione Paulo Bento, dopo una parentesi ad interim del tecnico Vasilis Vouzas, poi tornatosene all’Under20 biancorossa.

In ogni caso, la rete di Engels  la numero 500 che viene festeggiata al Karaiskakis nuovo, dopo i lavori di demolizione e ricostruzione susseguitisi nel 2004 (al termine dei quali l’Olympiakos si prese i diritti sull’impianto). Resta una marcatura certamente importante, per un giocatore chiamato a raccoglier l’eredità di Panagiotis Retsos e ora resosi protagonista di un blitz decisivo ai fini di classifica e morale. In tutto questo i biancorossi stanno al quarto posto in classifica di Souper Ligka Ellada, a -2 dalla vetta occupata momentaneamente dalla sorpresa Atromitos e a -1 da un PAOK che ha perso notevolmente terreno. L’unici possibile antidoto ad un calcio greco monopolizzato dal Pireo sarebbe soverchiare l’attuale ordine e instaurare sul trono una nuova regnante. Che non sia l’Olympiakos, ovviamente…

Matteo Albanese

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