Il messaggio del presidente Evangelos Marinakis è arrivato poco dopo la mezzanotte dell’8 febbraio. Come da tradizione. «Δεν θα ξεχάσουμε ποτέ», il contenuto, sintetizzato in una brevità da far accapponare la pelle ancor oggi, a 36 anni di distanza. “Non dimenticheremo mai”, la traduzione, che ogni anno è puntualmente accompagnata da cerimonie, raccolte di sangue, manifestazioni di lutto e di sentito ricordo. Una tragedia, un evento da non dimenticare per prevenirne altri ma soprattutto per render omaggio ai morti, alle loro famiglie, a ogni singolo tifoso che l’8 febbraio 1981 si trovava nella pancia del Geōrgios Karaiskakīs. “L’8 febbraio, è la giornata della memoria, per tutta la famiglia dell’Olympiakos. Il sacrificio del Gate 7 non sarà dimenticato mai, da nessuno di noi. Nella memoria dei tifosi persi, così prematuramente, darà lotta quotidiana per il nostro più grande Olympiakos e nel nostro paese più sicuro in modo da non sperimentare di nuovo una simile tragedia”, ha continuato Marinakis. Si sfocia spesso e volentieri nella retorica, purtroppo, sono d’accordo. Ma questa non è retorica, è triste verità ed è davvero bello che ogni anno l’Olympiakos ricordi a ogni tifoso, appassionato, o anche passante, questa ricorrenza. Lo dico perché onestamente non mi ricordavo dell’anniversario, come ogni anno, e non lo avrei fatto se la pagina Facebook della società del Pireo non lo avesse rammentato. Un grande “Αδερφια ζειτε”, colorato di rosso, invade la copertina della pagina, immediatamente sopra il nome, è impossibile non notarlo. Così come anche il primo commento, che ricorda al mondo i nomi degli sfortunati 21 che quel pomeriggio persero la vita. “Fratelli di vita”, accompagnato dall’hashtag #NeverForgotten1981. Sul sito ufficiale della società, un post colpisce ugualmente: “ΘΥΡΑ 7 – 8 ΦΕΒΡΟΥΑΡΙΟΥ 1981”. Porta numero 7, 8 febbraio 1981. Non vi sarà difficile comprendere dunque che la tifoseria organizzata dell’Olympiakos abbia preso appunto il nome di Gate 7, da allora.
Geōrgios Karaiskakīs, al quale è stato intitolato l’impianto ateniese, è stato un eroe della guerra d’indipendenza greca che cade durante i combattimenti nella zona limitrofa allo stadio. E’ un’altra gran bella storia di cui parlare, ma lo farò una prossima volta. Ciò che voglio dire, invece, è che ancora oggi sulle poltroncine dello stadio si vedono 21 posti colorati di nero. Si trovano dove oggi vi è il Gate 7, e tutti e 21 sono disposti in modo tale da creare un 7. Ma sono neri, dunque spiccano particolarmente sullo sfondo bianco e rosso. Servono a ricordare la più grande tragedia mai avvenuta nel calcio greco. E, cosa più importante, sono riservati per l’eternità. “Quel giorno … Quella gara. La gioia si trasformò in dolore, stupore, la disperazione … Quel giorno nessuno poteva immaginare quello che sarebbe successo. Ciò che sarebbe accaduto dopo. In quel giorno di sole, da un giorno di calcio al giorno “rosso-bianco” … 8 febbraio 1981, 36 anni dopo…”. Comincia così il post in cui viene rivissuta quella terribile giornata.
E’ l’8 febbraio 1981, dunque. Si gioca un derby, quello tra i padroni di casa e l’Aek. L’Olympiakos è primo in classifica, e si accinge inesorabilmente a vincere il suo secondo titolo consecutivo (il numero 22 in totale). L’Aek sta rincorrendo, e si trova a soli 2 punti di distacco: un derby sarebbe stata la miglior occasione per sorpassare gli acerrimi nemici e dar seguito alla vittoria del campionato avvenuta due anni prima, nel 1978-79, sotto la guida di Ferenc Puskas e Andreas Stamatiadis (al termine di un campionato minato da accuse di corruzione e molto combattuto, con le due squadre ateniesi giunte a pari punti, 56: il regolamento avrebbe previsto una finale, ma l’Olympiakos rifiutò protestando per l’arbitraggio della precedente partita contro l’OFI Creta, e dunque il titolo andò ai gialloneri). 35450 i biglietti venduti, Karaiskakis gremito per la partita delle partite. Il sole splende, tantissima gente non trova più posto ed è costretta a seguire il match via radio. Potrebbe esser questo il motivo per cui oggi sono ancora in vita. La zona Faliro, un quartiere del Pireo, trasuda passione. Già dalle 12 i tifosi hanno preso d’assalto i vari settori, sebbene il match cominci solo alle 15:15. “Sciarpe, bandiere, tamburi … La grande anticipazione. L’ansia anche. E’ stato un derby, dopo tutto …” ( Ήταν ένα ντέρμπι, άλλωστε…). Manca un’ora al fischio d’inizio: lo stadio è pieno, l’atmosfera caldissima, comincia il riscaldamento. Poi le formazioni rientrano negli spogliatoi come di consueto, e rientrano poco dopo acclamate festosamente. Tutto è pronto, l’arbitro fischia e una bolgia impazzita fa da cornice ad una partita importantissima. Olympiakos in campo con Sarganis, Kirastas, Vamvakoulas, Papadopoulos, Novoselac, Kousoulakis, Persias, Nikoloudis, Anastopoulos, Orfanos e Galakos. L’Aek risponde con Economopoulos, Ardizoglou, Manolas, Karavitis, Paraprastanitis, Thodis, Vlahos, Eleftherakis, Kottis, Bajevic e Mavros.
Dopo soli 30 minuti, l’Olympiakos passa in vantaggio: Galakos stoppa di petto in area e conclude col sinistro di potenza, beffato Economopoulos. Finisce il primo tempo col Θρύλος in vantaggio. La seconda frazione si apre molto male per l’Aek: c’è un cambio, Nicholao per Thodis, poi al 51′ l’Aquila rimane in 10 a causa dell’espulsione comminata a Manolas per doppio giallo. Al 53′ Galakos fa 2-0. E’ il preludio all’imbarcata. Kousokoulakis (68′), Orfanos (75′), Vamvakoulas (80′) e ancora Galakos (84′, tripletta per lui) arrotondano ulteriormente il punteggio, ma già molto prima l’atmosfera si era chiaramente accesa col Karaiskakis che urlava festante “Olympiakos! Olympiakos!”. 6-0. Ma il destino a quel momento aveva altri piani. Όμως η μοίρα εκείνη την στιγμή είχε άλλα σχέδια.
Il pubblico naturalmente era entusiasta, tant’è vero che dal Gate 7 tutta la folla voleva uscire per dirigersi verso il Gate 1, ad acclamare i propri beniamini. Ecco che comincia il disastro. Sono le 16:58, e la partita era a due minuti dalla fine. Uno dei fan che correva verso l’uscita inciampa su un seggiolino, cadendo dai gradini. La porta però, quel maledetto Gate 7, non si apre. Secondo alcuni, si scoprirà dopo, era chiusa. Secondo altri, solo parzialmente aperta. Quel che è certo che l’ondata di tifosi si ammassa davanti al Gate, che non vuol saperne di lasciar libero il passaggio. Si verifica una drammatica reazione a catena, decine e decine di persone si ammassano, a loro volta calpestano e sono calpestati. Non c’è equilibrio, solo confusione e panico: in molti svengono, vengono travolte da amici, compagni, altri tifosi esattamente come loro. Qualcuno non ce la fa, mortalmente schiacciato, magari soffocato, o forse colpito da malori. Saranno 19 le vittime sul posto, più un ferito grave poi deceduto presso lo Tzanio, l’ospedale del Pireo, e un altro che sei mesi dopo non era più riuscito a svegliarsi dal coma. Almeno 55 i feriti. Tra i 21 morti, 20 tifosi dell’Olympiakos e uno dell’Aek. “Ma per noi sono 21 fratelli” ribadiscono dal Gate 7.
Un bel video su Youtube li ricorda tutti, uno per uno. Due memoriali, fuori dallo stadio, fanno lo stesso: è impossibile passarvi davanti senza gettare uno sguardo su un pezzo di storia così nera per il calcio greco. Il post sul sito termina cosi: “Concludendo il nostro piccolo riferimento alla cronaca drammatica degli eventi del 8 febbraio 1981, si alzerà in piedi per decifrare le cause della tragedia del Gate 7 uno dei feriti, allora 18enne, che era il primo ad esser scivolato sui gradini del Gate 7. “La porta era socchiusa. Ma quando ho raggiunto gli ultimi passi, sono scivolato e sono caduto. Prima a malapena capire cosa è successo, hanno cominciato a cadere da sopra di noi uno, due, tre, 1000 …”. E infine in basso alla pagina, i 21 nomi. “Αδέρφια, ζείτε, εσείς μας οδηγείτε.” E’ il coro che spesso si sente intonato nel luogo in cui è avvenuta la tragedia: “Fratelli, vivete, e siete le nostre guide”. Negli anni, anche club stranieri quali Liverpool e Stella Rossa si sono recati in visita presso il Karaiskakis per ricordare l’evento. E poco importa se il nome Gate 7 sia associato spesso alla frangia ultras dell’Olympiakos (ma in realtà si tratta solo di chi non era abbonato ma in quella drammatica serata aveva acquistato il singolo biglietto; la curva per gli abbonati è il Gate 1, ndr). Ancora oggi, quando si parla di Θύρα 7, vengono i brividi. Così come quando, durante le annuali celebrazioni, si sente il “presente” urlato a squarciagola da migliaia di persone, ogni volta che viene pronunciato un nome delle vittime.
L’ultimo paragrafo voglio aprirlo a proposito dell’intervento dello stato. Inizialmente il governo ha assicurato la presenza di funzionari governativi negli ospedali in cui vi erano ricoverati i feriti e ai funerali delle vittime, poi però col tempo è emerso come si trattasse solo di presenza di circostanza. La responsabilità non è mai stata attribuita a nessuno, la pagina più nera dello sport greco è ancora priva di nomi e cognomi. Non c’è stata giustizia, chiesta ancor oggi dalle famiglie delle vittime. Negli anni successivi, lo stato si è fatto comunque sentire, pur se in modo minore. La stagione 1980-81 è stata conclusa col massimo delle precauzioni: tutte le entrate degli stadi dovevano esser aperte almeno 15 o 20 minuti prima della fine dei matches, al fine di minimizzare l’affollamento dei tifosi. E ancora oggi funziona così. Dalla stagione 1981-82, si è poi deciso di diminuire la capacità degli stadi, parallelamente all’obbligo di stampare meno biglietti rispetto alla capienza degli impianti.
Per ultimo, ecco che voglio dedicare le ultime righe di questo pezzo per ricordare i nomi e l’età di chi purtroppo, la sera dell’8 febbraio 1981 ha perso la vita. I nomi sono scritti in greco, per evitare ogni possibile deformazione dovuta alla trascrizione in caratteri italiani.
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Matteo Albanese